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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • LIBRO II
    • Cap.7 Passa Alfonso colle Missioni in altri luoghi, va nella Terra dei Ciorani, e vi fonda un'altra Casa.
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Cap.7

Passa Alfonso colle Missioni in altri luoghi, va nella Terra dei Ciorani, e vi fonda un'altra Casa.


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Sistemate le cose nella Villa, passò di nuovo Alfonso nella Casa di Scala. Gran motivo ebbe di consolarsi, vedendo il gran bene, che vi si operava sotto la guida del P. Sportelli; e molto più per altri nuovi Candidati, che con ansia attendevano alla sua venuta.

Correndo l'Autunno, si estese colle Missioni in varj luoghi della Costa. Pregato da quello Arcivescovo, fu in Praiano, a Vettica, a Pasitano, ed a Citara, tutti i piccioli Casali, ma tutti bisognosi di sommo ajuto. Entrato il Gennaro del 1735 ritornò di nuovo Alfonso nella piana di Cajazzo. Visita, e dà sesto nella Casa della Villa; ed avendo fatta la Missione a Treglia, ed al Casale de' Profeti nel ristretto di Formicola, ritornando in dietro, passò in altri Villaggi e Casali.

 

Avendo di mira la Villa, e la Diocesi di Cajazzo, non trascurava Scala e i luoghi della costa. Nella quaresima del 1735 per ubbidire a Monsig. Santoro, condiscese, benchè non secondo i suoi disegni, per lo Quaresimale nel Duomo di Scala: diede li santi Esercizj nella Parrocchiale di S. Caterina, ed alle Monache di S. Cataldo; nè mancò consolarle coi sermoni nei Venerdì di Marzo, rammentando la Passione di Gesù Cristo, e i dolori di Maria Santissima.

Ma sbrigatosi da Scala fè di nuovo ritorno nella Villa. Non fu di certo senza mistero, se il P. Sarnelli ebbe premura di portare Alfonso nella Terra de' Ciorani. Aveva egli in cuore, che eretta si fosse in quella Baronia di casa sua, anche perchè a portata di tante popolazioni, una Casa della nuova Congregazione. Non mancò Iddio di benedire i suoi disegni.

Essendosi conosciuto dal popolo di Ciorani, e molto più da quel Parroco D. Agnello Gaudiello, il gran bene, che Alfonso operar poteva in quella terra, e ne' Casali vicini, se fissato si fosse coi suoi compagni, non più vi volle per vedernelo invogliato. Soprattutto si attaccò ad Alfonso, e s'invogliò dell'Opera sua il Sacerdote D. Andrea Sarnelli, Fratello germano di esso D. Gennaro. Avendone fatta parola al Barone suo Padre, anche questi entrò nella risoluzione di avere i Missionarj nella sua Baronia, e D. Andrea si risolse ancora di voler far l'Opera a conto suo. Così, con consolazione comune, si vide effettuato quanto il P. Sarnelli desiderava. Per allora D. Andrea assegnò a 17 Aprile in sussidio de' soggetti ducati cento ogni anno sopra una sua vigna, e trecento, sortita la sua morte. Vedendo in seguito il gran bene, che si operava a beneficio di tante Anime, come a suo luogo dirò, dotò la Casa, per istabilir l'opera con maggior fermezza, in ducati


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cinquecento; e per questi donò ad Alfonso a 26 Decembre 1754 tutta la vigna da esso aumentata , e ricevuta dal Padre come sua porzione.

 

Fatto inteso D. Fabbrizio di Capua, Arcivescovo di Salerno, di quanto erasi stabilito ne' Ciorani, esultò, vedendo apprestarsi da Dio un tanto ajuto nella sua vasta Archidiocesi. Ritornò Alfonso ne' Ciorani, ottenuto il beneplacito dell'Arcivescovo, coi PP. Mazzini, e Rossi, e fu nel Maggio di quest'anno 1735.

Troppo pomposa fu la comparsa, che si fece. Quattro poveri asinelli, ma con barda da soma, e nella maniera la più vile, fu tutto il loro equipaggio. Vedesi ne' Ciorani una lunga e spaziosa strada in prospetto della Terra. All'entrata di questa venne ricevuto Alfonso da un popolo immenso, anche concordo dai vicini Casali: ci fu il Parroco col Clero: centinaja di uomini, facendoli gala, lo salutarono con un pomposo sparo; ed altro non sentivasi ripetere da tutti, ma con sentimenti di gioja: Ecco il Santo.

Così accompagnato dal popolo e dal Clero, si portò Alfonso tra il festoso suono delle campane nella Parrocchiale del luogo. Vedendo una tanta moltitudine del luogo, prese l'occasione dal motivo del suo arrivo, cioè la salvezza delle Anime, vi predicò da un'ora e più con somma compunzione di ognuno. Il Barone D. Angelo lo volle per allora coi compagnj in casa sua; ma non fu a portata di riposarsi dopo la predica. Quant'infermi vi erano, tutti vollero la consolazione di esser visitati, ed Alfonso con quella carità tutta propria del suo amore, non mancò l'istessa sera visitarli, e consolarli.

Il dì susseguente al suo arrivo venne complimentato Alfonso da varj Parrochi e Sacerdoti, e da molti Gentiluomini di quelle contrade. La sera aprì la Missione, e vi concorse tal folla di popolo da' casali di S. Severino, e da quei di Bracigliano, che la Chiesa, benchè spaziosa, no 'l capiva. Al vedersi Alfonso così povero e male in arnese, così umile e dimesso, e così pieno dello Spirito di Dio, ognuno, ostinato che fosse, entrava in se, e compungevasi da se medesimo. Le conversioni furono senza numero; e da tutti per ogni dove si benediceva Iddio per l'arrivo de' Missionarj, e per lo gran bene, che si compromettevano dalle loro fatighe.

Tutta l'abitazione, che a prima giunta si ebbe dal Barone in questa terra, non furono, oltre un sottano per comodo di cucina, che due camere, spaziose bensì, e non così anguste, come quelle, che si ebbero a Scala, e nella Villa. A capo di tempo, perchè in troppa angustia vedevansi Alfonso, ed i compagni, il Barone lor cedette altre due, ma per passare dalle prime a queste seconde, si doveva passare a Cielo aperto con grave incomodo, specialmente in tempo d'inverno: anzi mancando in una di quelle il muro esterno, e non essendo riparata che di tavole, giocava il vento per tutte le altre. Vi è cosa di più.


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Le due prime istanze erano situate sopra la bettola del paese, e sotto le due altre ci stavano le carceri: vale a dire con un continuato complimento, perchè basse, di grida e parolaccie.

A mano sinistra in una di quelle istanze, vi eresse Alfonso, col permesso di Monsig. Arcivescovo, un Oratorio domestico, e tre ne riserbò per uso da dormire. Miseri furono i letti, benchè pagliacci: più rozzo, e meschino era ogni altro arredo; anzi non vi era il soperchio, e mancava il necessario. Godeva Alfonso tra queste miserie, e godevano anche gli altri, vedendosi a parte della povertà, e de' patimenti di Gesù Cristo. Il picciolo Oratorio sembrava a tutti un picciolo Paradiso: quivi Alfonso sfogava più di notte che di giorno i suoi affetti con Dio: quivi celebrava: la Messa durava le ore intere, e di vantaggio, e più lunghi erano i ringraziamenti, che rendeva Gesù Cristo, dopo aver così celebrato.

 

Così in questa Terra, come nella Villa, si stabilirono da Alfonso le solite opere di pietà. Tutto si eseguiva nella Parrocchia; ma era così grande il concorso de' Casali vicini, anche ne' giorni feriali, che sembrava a tutti una continuata Missione.

Tutto era zelo per Alfonso. Poco si mangiava, e meno si dormiva; nè vi era persona, che non partivane soddisfatta. Le confessioni specialmente si ascoltavano mattina e giorno fino a sera, ed ogni giorno sopravvanzava del popolo pel dì susseguente.

Riuscendo di troppo incomodo al Parroco, perchè vecchio, tanta folla di gente, e molto più la perdita del sonno, che soffriva nella prim'ora della mattina pel mormorio che vi era dentro e fuori di Chiesa, Alfonso si situò co' suoi nella Chiesa di S. Sofia, che vedevasi attaccata al Palazzo Baronale. Essendo questa mal tenuta, la riattò nelle sue parti, e rendettela atta al disimpegno del suo ministero. Non essendo sufficiente al suo zelo la sola Terra di Ciorani, destinava i suoi ne' giorni festivi per altri Villaggi, che, come più lontani, non potevano portarsi nella nostra Chiesa.

 

Non passò gran tempo, che riformata si vide, con le fatiche di Alfonso e de' suoi, la Baronia de' Sarnelli. Ciorani non ravvisavasi più quello che era. Sembravano a tutti quei naturali un' avventurata porzione de' primi fedeli, che tanto edificavano la Chiesa. Non si sentivano più risse e rancori: bandite si videro le parolacce ne' giovanetti, e le canzoni profane nelle zitelle; e risuonar si sentivano nelle case, e per quelle colline le sacre canzoni di Alfonso. L'ordinario saluto, incontrandosi con un Cioranese, era: Sia lodato Gesù, e Maria: quest'istesso mettevasi in bocca delle Madri ai loro figliuoli; e come i nostri incontrovansi con quelli, salutati si vedevano con questi sacratissimi Nomi. Non s'intese più in quella Terra un'imprecazione: depopolate si videro le taverne: non vi furono più giuochi illeciti, con offesa di Dio:


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la Parrocchia era frequentata in ogni tempo; e stabilita si vide in tutti, con comune edificazione, la frequenza de' Sacramenti, la Visita al Venerabile, ed una tenera divozione per Maria Santissima.

Furono così abbondanti questi semi sparsi da Alfonso, che anche di presente germogliar si veggono con sommo frutto in quella Baronia.

 

Non poteva il Demonio starsene indifferente, prevedendo i suoi danni. Se ne risentirono per primi coloro, che più dovevano garantire questa Casa, cioè i Parrochi convicini. Vedendo questi il concorso ne' Ciorani, e sfollarsi tutto giorno le proprie Parrocchie, ardendo d'invidia, si armarono tutti a danno di Alfonso. I Preti anch'essi borbottavano, avendo i Missionarj, come tanti spioni della Curia, e Censori delle proprie azioni. Non mancarono entrare in ballo anche i Padri Riformati. Ingelositi questi per la limosina, tentarono ogni mezzo per impedirne la formazione. Fu tale il fiotto presso Monsignor Arcivescovo contro Alfonso e i suoi, che già questi vedevasi barcolare, se fermar doveva i Missionarj ne' Ciorani, o licenziarli.

Altri disgusti non ci mancarono. Disingannati i Preti e i Frati, Mons. di Salerno diede fuori a' dodeci di Decembre di quest'anno 1735 la sua Bolla, per l'erezione della Casa in forma di Collegio, con comune compiacimento di tutta l'Archidiocesi.

 

Troppo tardi riconobbero, così il Tosquez, che il Mandarini i perniciosi effetti della divisione. Non davansi pace, e tuttavia vedevansi afflitti, non vedendo prosperate le loro idee, ancorchè avessero con se così propenso il Papa. Trattenendosi in Roma il Mandarini rescrisse ad Alfonso l'anno susseguente 1736 in data de' 10 Agosto, rinnovando sempre più le premure per l'unione. Enuncia di nuovo l'intrinsichezza del Tosquez col Papa, e la propenzione del Papa nel voler garantire l'Opera. "Io stimo, dice, che non si debba tralasciare una tale occasione, volendosi servire il Signore del canale di D. Silvestro, nell'accordarci quella grazia. Non facciamo, che manchi per noi, perchè un giorno ne dovremo dar conto a Dio. Ci rifletta bene, e risolva per lo meglio".

Similmente gli dà parte di essere stato col Dottor Tosquez a Perugia: che quel Vescovo esibiva Casa e Chiesa per una fondazione, e che anche in Roma vi era simile apertura. "Se la Regola, ei dice, non è peranche perfezionata, si può chiedere al Papa l'approvazione del solo Istituto. S. Gaetano ebbe approvato l'Istituto da Clemente VII e la Regola da Clemente VIII. Così fece Innocenzo XI coi conviventi nella Germania, e Benedetto XIII coll'Abate Ripa".

 

Pungendo di soperchio il cuore al P. Mandarini la promossa disunione, e non vedendosi corrisposto, incalza un altra lettera a dodeci di Novembre con motivi non meno pressanti. "Avendo il Papa, ei dice, in concetto l'Opera di VS. Illustrissima, e la persona


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del Dottor Tosquez, non è di bene perdere sì favorevole congiuntura; ed essendoci quattro Case, cioé Scala, e Cajazzo, e le due (cioè le sue) di Tramonti, e Tiano, si potrebbe dal Papa ottenere l'approvazione, e con questo risarcirsi l'onore dell'Istituto, e delle persone, chiudere la bocca a tutti, e confondere l'Inferno".

Entra similmente nella piaga della divisione, e volendo raddorcirla, dice. "Benchè in quanto al Mondo fossimo divisi, avanti a Dio non è così; perchè io, e tutti non abbiamo mancato averlo presente nelle nostre orazioni insieme con tutt'i suoi. Or fidato nel Signore, ed a Mamma, vi esprimo il mio, e 'l comune desiderio di riunirci, anche per non essere imputanto innanzi a Dio, ed essere scusato di aver mancato in questo. Nel medesimo sentimento è anche D. Silvestro; e volendosi degnare di unirci, si deve mettere la banda il passato, e badare al presente, non curandoci di qualunque offesa". Scusa ancora il Tosquez: "sono due anni e più, ei dice, che lo pratico, e sempre ho avuto occasione di confondermi in vista del tenore di sua vita: se non avessi conosciuto, che vi sia lo Spirito di Dio, l'avrei lasciato, perchè non cerco altro che salvarmi, e promuovere la gloria di Gesù Cristo.

Dà luogo ancora in questa lettera alla sua umiltà. "Operiamo per parte nostra, ei scrive, quello che possiamo, se non vogliamo esser tenuti a darne strettissimo conto a Dio, giacchè Iddio ci ha chiamati a questa sua Opera: se poi per li peccati miei io sono d'impedimento, e Dio non vorrà, che si effettui l'unione, si butti questo Giona a mare, e così sarà cessata la tempesta".

 

Quanto camminava in fretta il Mandarini, altrettanto Alfonso vedevasi lento. Bilanciando il più che temeva, col meno che sperava, si disbrigò finalmente con una aperta esclusiva. E' vero, diceva Alfonso, che promettono molto, ma non so se l'attendono. Le prime impressioni non si cancellano: quello che oggi si ritratta, dimani si ripiglia; e quello che si promette, raffreddato l'impulso, non si attende. Maggiormente ne fu alieno, memore dell'avviso dell'Eminentissimo Pignatelli, di più non aver che fare, specialmente col Tosquez, che, quantunque uomo di Dio, era nondimeno stravagante, e singolare nelle sue idee.

Sino al mese di Ottobre si trattenne Alfonso ne' Ciorani. Di nuovo poi, essendo passato nella Villa, aprì la Missione, e predicò la Penitenza in Recala, uno de' Casali, ove risedevano i Rossi, che richiesta l'avevano.




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