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P. Celestino Berruti
Lo spirito di S. A.M. de' Liguori

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  • Cap. 7 SUA EROICA UBBIDIENZA
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Cap. 7

SUA EROICA UBBIDIENZA

 

L'ubbidienza vien riputata fra le virtù morali la più difficile, la più utile, la più meritoria: imperciocché inclina l'uomo non solo a frenare la propria libertà, e ad usare di questo dono prestantissimo del cielo a norma del divino beneplacito; ma gli fa eziandio rinunziare alla propria volontà per seguire le pedate del suo divino Maestro: Qui vult venire post me, abneget semetipsum. Chi non vede difatti quanto difficil cosa sia l'umiliare la volontà propria al volere di chi tiene le veci di Dio, per amore di Gesù redentore, e per imitare l'esempio di lui.?

D'altronde non può negarsi, che l'uomo ubbidiente giunge più prestamente, e più vantaggiosamente all'acquisto delle altre virtù morali, e riportando vittoria dei suoi perversi appetiti cammina con velocità e franchezza la via della perfezione, dicendo s. Gregorio, che l'ubbidienza tutte le altre virtù ingenera nell'anima, e fortemente le custodisce: Caeteras virtutes menti inserit, insertasque custodit. Perciò nella perfetta ubbidienza riposero i maestri di spirito la somma della perfezione evangelica; e da lei presero lo scandaglio per distinguere la vera dall'apparente santità, specialmente nelle anime consacrate


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a Dio con ispecial voto di ubbidienza. oh felix, esclama s. Girolamo, et abundans gratia in obedientia, summa virtuturn, clausa, narn simplici gressu hominem ducit ad Christum, quia vir obediens loquetur victorias.

Alfonso Maria de Liguori fece anche egli questo voto di perfetta ubbidienza, allorché piantate le basi di sua Congregazione, ottenuta dal romano Pontefice la sanzione delle Regole proposte al nuovo Istituto, dié principio nella casa di Ciorani a questo grande edificio di perfezione e di santità. Nondimeno essendo egli il Fondatore, ed eletto nel generale Capitolo perpetuo Rettore maggiore della Congregazione da lui fondata, ed elevato poi al grado episcopale, seguitando a ritenere il governo della medesima per ispecial privilegio della santa Sede, sembra che niuna occasione a lui si presentasse di esercitare questa virtù e questo voto.

Ma qui consiste l'eroismo della ubbidienza di lui; poiché siccome il divin Verbo assumendo umana carne si fe' ubbidiente non solo al divin Padre sino alla morte di croce, ma eziandio alla sua Vergine madre, benché fosse il Creatore ed il Dominatore del tutto; così Alfonso per imitare il suo divino Maestro, quantunque fosse agli altri superiore per condizione di uffizio, volle nondimeno assoggettarsi e dipendere a guisa di un servo dal suo padrone, a guisa di un figlio dai suoi genitori, non solo dal direttore della propria coscienza, ma ben anche dal superiore della casa, ove dimorava, a somiglianza di ogni altro congregato.

In conformità di che chiedeva al superiore ogni permesso riguardo al vitto, al vestito, ed all'uscita di casa; e ciò con tale scrupolosità, che mancando tal volta il rettore, domandava tali permessi al più anziano dei padri, che si ritrovasse. Così col suo esempio animava i suoi congregati alla perfetta ubbidienza, ed imprimeva maggior lustro ad ogni opera virtuosa da lui esercitata. Era egli stato sempre ubbidiente, dipendendo nel secolo dal padre D. Tommaso Pagano suo direttore: e questa virtù acquistando in lui ogni di maggior incremento, appena istituì la Congregazione crebbe al più  alto grado, e


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fruttificò ad Alfonso una copia di meriti veramente singolari.

Abbiamo di già osservato, ch'egli non s'indusse a fondare la Congregazione, se non che per seguire il comando impostogli da monsignor Falcoia vescovo di Castellamare, cui ubbidiva ciecamente in tutte le sue cose per voto particolare, che ne aveva fatto; e questa sua ubbidienza divenutagli eroicamente abituale risplendette in Alfonso specialmente allorché il Signore si compiacque purificare il suo servo con la prova durissima delle tentazioni e degli scrupoli. In tali casi il solo nome di ubbidienza lo quietava ed il fratello Alessio, il quale conosceva la ubbidienza di lui ai propri direttori, era solito chiamarli, quando lo vedeva agitato per qualche scrupolo, che sopravvenuto gli fosse; sebbene il santo medesimo prontamente mandavalo nelle sue ansietà di spirito a domandare qualche permesso al padre Villani o al padre Mazzini, o ad altro de' suoi congregati, e ciò eziandio nelle ore più tarde della notte, trovando allora solo nell'ubbidienza la pace del suo spirito.

Un giorno disse al detto fratello Alessio, che lo serviva: Andate da D. Giovanni Mazzini, e ditegli che mi benedica le ave marie, che voglio recitare in suffragio alle anime del purgatorio; perché il detto padre gli aveva proibito ogni nuova divozione, vedendolo così angustiato da scrupoli. Né quietossi, finché non ebbe la risposta affermativa, e fu assicurato del permesso ottenuto. Ripeteva assiduamente queste parole: Signore, io voglio far sempre l'ubbidienza.

Ubbidiva inoltre perfettamente Alfonso ai medici nelle tante infermità o acute o croniche, che ebbe a soffrire in sua vita. Benché estrema fosse stata la sua debolezza, benché fossero acerbi i suoi dolori, al solo nome di ubbidienza del medico chinava il capo, ed adempiva quanto eragli stato prescritto; nelle nausee, negli sfinimenti mortali vinceva le ripugnanze della natura al solo sentire, che così ordinava il medico.

Una volta esclamò: Io sono vecchio, che posso sperare, e che posso pretendere dai medici? Ubbidisco per fare la volontà di Dio. Altra volta con la solita sua facezia così disse: Voi mi sforzate a


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mantenermi a forza di puntelli, e di forcine, ma un giorno volendo voi situare una di queste, se troppo l'alzate, caderanno tutte le altre, e ci perderete la fatica; io però ubbidisco.

Dal che si vede, che Alfonso non avea altro in mira, se non che a somiglianza di Gesù Cristo di essere sempre ubbidiente in tutte le cose: Ego autem non contradico. A cagione di queste sue abituali e gravissime infermità essendogli ordinato dai medici, che a sostentar le forze prendesse un poco di cioccolata, o limonata, od altro cibo a lui più adatto, spesse volte mostrava la sua ripugnanza, credendo che in quella occasione non fosse necessaria tale singolarità, oppure dubitando di soverchia delicatezza. Allora il fratello serviente, o altri, che lo assistevano, eran soliti andare dal superiore a prendere l'ubbidienza, affine di persuaderlo. Il superiore disse ai medesimi, che in tali circostanze gli avessero sempre imposta l'ubbidienza in suo nome. Ora il santo sospettando giustamente che non vi andassero e che avessero avuto la detta ubbidienza una volta per sempre, volle che si scrivesse sopra la carta, acciò potesse con sicurezza avvalersi del permesso in ogni particolare occasione. Anzi un giorno si recò quasi cadente fino alla stanza del p. Villani, e tutto angustiato gli disse: Io non fo niente, non fo mortificazioni, non dico l'uffizio. Ma avendogli il detto padre risposto che la sola comunione compensava in lui tutte le obbligazioni, perché essendo impotente ed agitato da scrupoli, così esigeva l'ubbidienza, immantinente si rasserenò.

E tanto minuta e perfetta ubbidienza prestar voleva a qualunque ordine de' medici, che non se ne dipartiva neppure per un apice. In una delle sue infermità essendogli stata ingiunta dal medico un'oncia di manna, il rettore della casa voleva dargliene un'oncia e mezzo; ma egli si ricusò dicendo: Oh questo no, bisogna fare l'ubbidienza al medico, il quale ha detto un'oncia. Un'altra volta benché infermo voleva predicare sul santissimo cuore di Gesù Cristo, perché occorreva la festività di lui, ed ei lo desiderava ardentemente; ma avendogli rappresentato il medico che vi era scrupolo positivo, mentre si sarebbe esposto al


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pericolo di peggior male, tosto desistette dal suo proposito; ed essendosi a lui presentato il padre Cipriano da Napoli a prendere la benedizione di lui per compiere tale incarico, fece con esso una dolce lagnanza, che non poteva soddisfare alla propria devozione, perché l'ubbidienza gliel proibiva. Una sera essendogli presentata una limonata prescritta dal medico, ricusava di prenderla: ma non sì tosto intese dal fratello Alessio, che sarebbe andato dal padre Villani per prender la sua ubbidienza, subitamente ubbidì vincendo ogni ripugnanza.

Non minore ubbidienza prestava Alfonso a chi lo assisteva nelle sue infermità, che furono ben frequenti e ben lunghe, specialmente nella sua età decrepita. Può dirsi con tutta ragione, che in tali casi il prefetto degl'infermi e l'infermiere erano da lui riguardati come suoi superiori, dipendendo dai medesimi sia nel vitto, sia nel prender le medicine, sia nel curarsi le piaghe: e specialmente in mezzo ai suoi estremi dolori ubbidiva prontamente al comando dell'infermiere, mettendosi in una perfetta rassegnazione senza pronunziar parola.

Era egli gelosissimo per l'amore della castità di far vedere qualunque parte del suo corpo ignuda. Onde avveniva, che nel doversi medicare soffriva internamente una grande ritrosia. Ma pregandolo l'infermiere per amor di Gesù e di Maria, che avesse pazientato, ed avesse ubbidito, egli subito si acquietava alzando gli occhi al cielo, ed uniformandosi al divino volere. Dimodoché con questa parola fate l'ubbidienza, non solo i confessori e direttori di lui, ma anche gl'infermieri stessi, come ben sovente accadeva, vale a dire il fratello serviente ed il servitore, gli facevano eseguire ogni cosa benché a lui dispiacevole.

Non potendo più leggere negli ultimi anni di sua vita, godeva sentire la lezione spirituale, che gli si faceva da qualche sacerdote, o studente, o anche fratello serviente. Ma poiché un giorno era più del consueto indisposto, stimo il prefetto degl'infermi, che l'applicazion della mente alla lettura avrebbegli cagionato maggior male, stante eziandio la sordità di lui, che lo costringeva a star più attento a ciò che si


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leggeva. Quindi con una certa ripugnanza, ma con coraggio gli disse: " Padre, siccome noi ubbidiamo a voi, che siete nostro superiore; così voi dovete ubbidire a me, che sono il prefetto  degl'infermi. Voi state male, il sentir leggere vi fa danno,  non lo fate." Queste parole gli fecero subito chinare la testa all'ubbidienza .

Ma questa virtù dell'ubbidienza, se fu tanto eroica in Alfonso in tutti gli anni di sua vita, spiccò maggiormente in lui, allorché ritiratosi dal vescovado andò a prendere sua stanza in Nocera dei Pagani. Le virtù de' santi col decorrere degli anni, lungi dal diminuire nella loro intensità ed eroismo, acquistano maggior vigore dall'impulso più veemente della loro carità. Alfonso fu sempre perfetto nella virtù dell'ubbidienza, doveva esserlo maggiormente accostandosi al termine della sua carriera.

Per l'ubbidienza si contentò di adattarsi in una stanza più grande mentre avrebbe voluto la sua antica e piccola cella; per l'ubbidienza si adattò a prendere qualche cibo più delicato; per l'ubbidienza fece uso della posata di argento lasciando la sua solita di ferro; e la sola ubbidienza fu la regola di tutt'i suoi pensieri, affetti ed azioni. Per fargli prendere un po' d'aria nei tempi estivi si soleva condurlo per qualche poco tempo nella porta della nostra casa di s. Michele; ma concorrendovi molta gente per ricevere la sua benedizione, e specialmente gl'infermi, i quali ricuperavano la sanità, cominciò il santo a ripugnare, né voleva più discendere in questo luogo per non farsi vedere, atteso la sua eroica umiltà. Nondimeno avendogli ordinato il padre Villani, che seguitasse ad ubbidire col consolare di sua benedizione quelli che a lui presentavansi, il santo ubbidì prontamente, e seguitò a calare in porteria.

Essendo pertanto Alfonso così eroico nella virtù dell'ubbidienza, giustamente esigeva da tutt'i suoi congregati l'esercizio della medesima, sia per il loro avanzamento spirituale, sia per conservare nelle comunità rispettive ogni buon ordine, colla dipendenza dai superiori. Io già mi vedo vicino all'eternità,


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così scriveva ad un rettore nel 1779, parto dal mondo alquanto inquieto, perché non lascio la Congregazione come vorrei lasciarla: ma spero dopo la mia morte vederla stabile nell'ubbidienza, come desidero. Prego V. R. di predicare a tutti l'ubbidienza alla volontà di Dio, e poi alla regola, e superiori e questo è quello che ci ha da stringere con Dioa

Non tralasciava giammai nelle sue encicliche d'inculcare questa virtù; questa raccomandava caldamente nelle visite, che faceva alle case del suo Istituto; di questa prendeva conto esattissimo da ogni rettore, e voleva essere avvertito per ogni mancanza che si commettesse contro l'ubbidienza, affine di porvi un efficace e pronto rimedio; questa insinuava ai visitatori, allorché li spediva a fare le sue veci; ed ogni minimo difetto contro l'ubbidienza era da lui severamente punito.

Domandò un giorno a due giovani studenti, in quali case erano stati pel noviziato, e per lo studio, e quale più fosse loro piaciuta. Avendo un di essi risposto, che più gli piaceva Deliceto, il santo ripigliò: Dunque se io voglio mandarvi a Caposele, a Benevento, in Sicilia, voi ci troverete difficoltà ? No, figlio mio, il vostro compiacimento deve essere l'ubbidienza; dove Iddio vi manda, vi è il compiacimento di Dio. Sta' attento all'ubbidienza, diceva altra volta ad uno dei congregati, fa quanto vuole il Signore: vale più un atto di ubbidienza che ogni altra cosa.

Facendosi la missione in Nocera aveva ordinato, che la predica si terminasse prima delle ore 24, affinché le donne ritornassero alle loro case col lume del giorno, e che finita la predica un altro padre la ripigliasse per profitto degli uomini, i quali non avean potuto ritirarsi dalla campagna, distendendo il suo parlare per una mezz'ora prima della disciplina. Or essendogli riferito, che il predicatore non ubbidiva a questa sua disposizione, gli ordinò che appena datosi il segno dal prefetto della chiesa terminasse subito la predica dando la benedizione. Ma non contento di ciò recossi personalmente al


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luogo della missione, fece una conferenza veemente sopra la disubbidienza, rispose a tutte le difficoltà, che avrebbero potuto esporsi in contrario, e poi andò a fare un fervorino nelle pubbliche strade per infervorare il popolo ad intervenire più presto alla chiesa.

Ma né di questo fu ancor pago lo zelo di lui per l'ubbidienza. Ritornati i padri dalla missione in casa, fece un'altra esortazione sul medesimo soggetto, e tanto si accese di zelo, che sbalzava dal luogo, ove era seduto, inculcando sempre l'ubbidienza; ed impose al suddetto predicatore la penitenza di tre giorni di ritiramento coll'astenersi dal celebrare. Un altro congregato, il quale trovò pretesto frivolo per non andare in missione, fu licenziato immantinente dalla Congregazione, non ostante tutte le ragioni che addusse per giustificare la sua disubbidienza. Ad un altro, che fu destinato ad insegnare l'umanità, perché scusossi con dire di dover assistere in Napoli ad una lite di casa sua, fe' trovare in porteria la sua roba, mentre diceva messa, coll'ordine al fratello Leonardo, che lo attendesse dopo la messa, e gl'intimasse di dover partire dalla Congregazione.

Un altro padre nell'essere assegnato di residenza a Deliceto protestossi di voler prendere prima i bagni a Pagani, ove dimorava, ma non essendogli ciò permesso, partì e restossi in Rocca Mater Domini. Avendo saputo Alfonso questa sua disubbidienza, lo mandò via dalla Congregazione. Destinato avendo un padre da S. Angelo a Cupolo in Frosinone, il rettore della casa ritardò a mandarlo, e poi si recò in persona dal santo per fare le sue scuse, mentre il detto padre stando altra volta nella casa di Scifelli poco distante da Frosinone aveva dato sangue per la bocca. Ma Alfonso nel vederlo gli disse: Quando non si ubbidisce, che stiamo a fare in Congregazione? Quindi soggiunse: Che vada, che vada, e poi sarà richiamato. Però essendoglisi rappresentato, che stava attualmente in cura di medicine, sospese per allora il comando, ma lo volle eseguito dappoi.

Ad un altro aveva proibito ogni studio per cagione delle sue indisposizioni, ed avendogli il medesimo chiesto in grazia di potere studiare, perché sentivasi


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meglio in salute, così gli rispose: Per la vostra imperfezione vi permetto di studiare un quarto d'ora al giorno: non siete venuto alla Congregazione per istudiare ma per fare la volontà di Dio col far l'ubbidienza.

Al padre Fiocchi superiore delle missioni di Calabria avendo imposto non so qual precetto, che non poté eseguirsi per talune ragioni, fece un acre rimprovero al ritorno: il detto padre s'inginocchiò per chiedergli scusa pregandolo, che gliene imponesse la meritata penitenza. Ma Alfonso rispose: Che penitenza, che penitenza ? Voglio, che ubbidite. Il che essendo accaduto altra volta e per il medesimo motivo al detto padre, il santo disse parimenti: Adesso se ne verrà, s'inginocchierà, e mi chiederà la penitenza, ma io voglio che ubbidisca.

In Foggia non la perdonò tampoco al p. Villani, il quale al segno del campanello non si ritirò subito in casa; ma lo corresse enfaticamente al cospetto di tutti gli altri, e lo minacciò di sospenderlo dalla confessione, se altra volta avesse protratto le confessioni al suono del campanello, che ordina la ritirata.

Il caso seguente però dimostra ad evidenza sino a qual punto voleva Alfonso l'esercizio dell'ubbidienza dai suoi congregati. Ripugnando il p. Neri di accettare il rettorato, sel fece venire in Pagani, e per un giorno intiero non volle ammetterlo al suo cospetto. Ma poiché sapeva, che la ripugnanza di lui procedeva da timore, e non già da ritrosia di volontà, impose ai padri Mazzini e Villani, che lo avessero indotto con le buone ad accettare. Appena intese che erasi alquanto piegato, lo chiamò a sé, e postosi in contegno: Inginocchiatevi, disse, voi siete quello che non volete ubbidire? Forse è peccato l'essere rettore? Se vi comandassi un peccato, avreste ragione; ma l'essere rettore non è peccato. Padre, rispose quegli, io vi supplico a dispensarmene, perché le mie forze non sono bastevoli ad un tanto peso. Iddio e l'ubbidienza, ripigliò il santo, rendono facile ogni cosa. Se manca l'ubbidienza, la Congregazione è finita. Ma seguitando il detto padre a ripugnare, per il suo rincrescimento, Alfonso allora: o accettate, gli disse, o intendo dispensarvi i voti. Andate avanti al sacramento, e risolvete.


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E l'avrebbe licenziato senz'altro dalla Congregazione, se non si fosse indotto ad ubbidire.

Dal che si conosce ad evidenza, quanto Alfonso rigidamente esigesse dai suoi sudditi la virtù dell'ubbidienza, come quella, da cui procede non solo ogni buon ordine nelle comunità ma senza di cui non può sussistere la perfezione religiosa. Allora si conosce, diceva, che uno opera per Dio, quando ciò che fa, o che pretende di fare, gli viene impedito, o differito, perché l'ubbidienza altro dispone, e nondimeno non si turba, ma con la stessa allegrezza fa quello, che viene ordinato dall'ubbidienza. -- La pupilla della Congregazione, diceva altra volta, è l'ubbidienza; e questa è quella virtù, che ci fa essere religiosi: se si perde l'ubbidienza, la Congregazione non è più Congregazione, non è più casa di Dio. Nelle Religioni più rilasciate ha tutto il vigore l'ubbidienza, e si fa tutto il possibile per mantenerla.

Quindi accadendo talora, che il superiore avesse ordinato qualche cosa o non conforme, o al di sopra delle leggi dell'Istituto, anche in questi casi per ovviare a qualunque disordine e per mantenersi la dovuta ubbidienza ai superiori rispettivi, voleva Alfonso, che si ubbidisse dagli individui senza rimostranze e poi si fosse a lui riferito quanto poteva militare contro gli ordini del superiore locale.

Tanto abbominava il santo ogni disubbidienza anche leggiera; perché i tre voti fatti nell'oblazione, siccome erano la calamita, che attirava i suoi affetti, così voleva, che esattamente si osservassero nella sua Congregazione. Il che maggiormente può osservarsi per quel che gli avvenne nella fine di sua vita. Aveva già compiti gli anni novanta, ed essendo allora debilitato nella sua mente, parlava spesse volte da solo a solo. Or in uno dei suoi soliloqui s'intese, che rinnovava l'atto della sua professione religiosa. " Mio Dio, diceva, io intendo far voto di povertà, di castità, e di ubbidienza; e mi protesto per mezzo di questi voti di darvi gusto in questa vita, e dopo la mia morte in Paradiso. Di nuovo mi butto nelle mani della vostra misericordia, sperando di amarvi


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eternamente per mezzo di questi voti, che vi ho fatti. Mamma mia Maria, io intendo rinnovare in mano vostra i voti di povertà, e castità, ed ubbidienza, e di morire sotto il vostro  manto. Io vi amo, e voglio sempre amarvi in eterno insieme con Gesù Cristo.- Amen."

 

 

Posizione Originale Nota - Libro V, Cap.7, pag. 67




a Lett. Ined.






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