Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
P. Celestino Berruti
Lo spirito di S. A.M. de' Liguori

IntraText CT - Lettura del testo

  • Cap. 9 SOMMA ESATTEZZA DI ALFONSO NELL'OSSERVANZA REGOLARE
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

- 79 -


Cap. 9

SOMMA ESATTEZZA DI ALFONSO

NELL'OSSERVANZA REGOLARE

 

"Il fine della nostra Congregazione è di renderci simili a Gesù Cristo. A questo tendono le regole, e questo è stato il fine principale, per cui ho fondata la Congregazione: onde chi non si mette in capo questo fine, non solo non anderà mai avanti, ma anderà sempre indietro." Così il nostro santo annunziava ai suoi congregati in una esortazione l'impegno che debbono avere per la esatta osservanza della regola.

Difatti la perfetta osservanza regolare e il contrassegno più certo, che un'anima religiosa tende alla perfezione del suo stato, e procede senza arrestarsi nella via della santità. I mondani non intendono questa verità, perché infangati nell'amore delle cose terrene, distratti dalle cure temporali, e poco solleciti eziandio rapporto all'osservanza dei divini precetti, stimano cosa superflua o strana tutto ciò che si eleva al di sopra del vivere comune; anzi tacciano di stravaganza e fanatismo l'adempimento di quelle minute osservanze, che vengono imposte ai religiosi dalle leggi del loro Istituto.

Però nulla deve riputarsi o superfluo, o stravagante, allorquando conduce l'uomo con l'esercizio delle virtù morali all'avanzamento nella divina Carità. E tali sono i precetti, che s'impongono alle persone religiose, perché sono basati sui consigli evangelici, e concorrono a perfezionare lo spirito di coloro, che vengono chiamati dal Padre celeste a professare vita perfetta in qualche ordine


- 80 -


regolare. Imperocché dispensando il Signore variamente i suoi doni alle anime, ne consegue, che differenti sieno altresì le vocazioni su questa terra, come son diversi e vari gli stati nella umana società.

Il divin Verbo fattosi carne dettò leggi e consigli di somma perfezione e santità, emananti dalla sua infinita sapienza: quindi sursero nella Chiesa di Dio uomini insigni, i quali supernamente ispirati abbracciarono un vivere singolare e tutto conforme agl'insegnamenti ed esempi del divin Redentore. Or a questi essendosi associati dei seguaci animati dal medesimo spirito, fu d'uopo formarsi in società costituir delle leggi, nell'osservanza delle quali hanno dato al mondo un luminoso attestato della loro imitazione a Gesù Cristo.

Fra questi avventurosi chiamati da Dio a dare leggi di vita e disciplina merita un luogo distinto Alfonso Maria de Liguori, il quale nel secolo scorso con superna vocazione fu chiamato a fondare una nuova Congregazione di operai evangelici specialmente addetti alla cultura spirituale della gente rurale ed idiota. Egli adunque fu il fondatore, il promotore ed il legislatore di questa nuova società; e come in ogni altro ordine religioso stabilì delle leggi per il regolamento privato e pubblico di sua Congregazione.

Quanto siano savie e di prudenza ripiene le medesime, non è mio scopo il dimostrarlo. Basti il dire, che furono applaudite ed approvate dal sommo pontefice Benedetto XIV, di sempre gloriosa rinomanza. Ma riguardando alcune l'osservanza dei voti semplici di povertà, di castità e di ubbidienza, altre mirando all'esercizio e conseguimento delle virtù evangeliche non meno che al buon andamento interno ed esterno della comunità; perciò alcune di esse son precettive, perché tendono all'osservanza de' voti, altre poi sono semplicemente direttive: perché non obbligando ad alcuna colpa sono non pertanto necessarie, acciò i congregati abbiano mezzi sicuri ed efficaci sia per l'osservanza dei voti, sia per l'acquisto della loro perfezione.

Ora il nostro santo e come capo di questa Congregazione, e come faciente parte della medesima fu sempre osservantissimo


- 81 -


in ogni menomo apice delle regole proposte al suo Istituto. Imitando il suo divino Maestro, il quale niuno ammaestramento volle dare agli uomini, che pria non avesse egli proprio adempito, Alfonso anch'egli fu l'esemplare vivente ai suoi alunni delle più minute osservanze della regola: Coepit facere, et docere.

Bastava specchiarsi nella condotta di lui per aver la norma del vivere e lo stimolo al ben operare. Non fu giammai, che quantunque superiore si dispensasse da qualche regolare osservanza, se non quando l'infermità o l'ubbidienza precisa de' suoi direttori ne lo avessero esentato. Anche da vescovo non mancò di eseguire quanto si confaceva con la sua dignità vescovile e colle sue occupazioni: anche da vescovo avendo ritenuto il governo di sua Congregazione, se aveva un vicario generale per far le veci di lui, non tralasciava tuttavia di essere vigilante custode dell'osservanza regolare.

E primieramente per ciò che riguarda la vigilanza di un superiore nell'esigere l'adempimento delle regole, Alfonso fu veramente sommo ed eroico. Soleva ripetere: Io voglio osservanza, non voglio rigore, molta osservanza, e poco rigore.

Nondimeno perché era egli così fervente di spirito, sembravagli sempre poco quel che facevasi dai suoi congregati, scorgeva i minimi difetti a traverso delle ombre, che talor si frappongono dalla necessità e dalle passioni umane; temeva ognora qualche rilasciamento nella perfezione del suo Istituto; talché dalle sue lettere apparisce, che ei sia stato un esattore rigidissimo di ogni regolare osservanza, inculcando sempre questo punto così essenziale, e non cessando giammai di ammonire, di correggere, e di persuadere. Chi non fa stima della Congregazione e della Regola, così si esprimeva, né anche stima Iddio. Che cosa è la Congregazione ? Che cosa è la Regola ? E' Gesù Cristo stesso.

A tal uopo non soltanto chiedeva conto ai rettori locali della condotta di ognuno, ma teneva altresì per ogni casa uno zelatore segreto, il quale doveva informarlo minutamente dell'andamento di ciascuno rispetto all'osservanza: e se venivagli riferito qualche mancamento, tosto avvertiva il colpevole con


- 82 -


somma prudenza e fortezza, e sovente infliggeva delle salutari mortificazioni. Chi non fa conto della Regola, soleva dire, non fa conto di Dio.

Sono innumerevoli le circolari del santo rapporto alla regolare osservanza, in cui risplende mirabilmente, qual fosse lo spirito di lui e come fondatore, e come superiore, e come membro della Congregazione. Era cotanto minuto nell'esigere l'osservanza di ogni minimo articolo della sua regola, che sarebbesi talvolta reso insoffribile ai suoi sudditi, se non avessero conosciuto, che tal suo rigore procedeva da uno zelo santo e ragionevole: santo, perché quantunque non inducano ad alcuna colpa le mancanze leggere della nostra regola, non pertanto si racchiude sempre in tali difetti un disordine, e quindi una specie d'infedeltà alle promesse fatte al Signore, giusta la sana dottrina dell'angelico Dottore: ragionevole, perché gli abusi ancorché piccoli, e le violazioni di una legge anche nel poco, quando non sieno tosto emendate, sogliono condurre insensibilmente al rilasciamento.

Non è dunque maraviglia, che questo santo fondatore, il quale per indole e per carità era così portato alla benignità ed alla clemenza, si mostrasse poi cotanto severo nell'esigere la perfezione dell'osservanza regolare. Sapeva compatire le umane imperfezioni, ma voleva la emendazione in chi aveva mancato. Quindi si osserva nel suo regime, che quanto era indulgente verso quei suoi congregati i quali ravvedevansi dei loro difetti, altrettanto era inesorabile verso coloro, i quali o ricadevano nelle medesime colpe, o mostravano durezza nello emendarsi, fino a mandarli via dal suo Istituto; di che vi ha non pochi esempi, che io tralascio per essere fuori del mio proposito.

Non posso però omettere alcuni fatti, pei quali risulta quanto fosse egli vigilante acciò in niuna parte si offendesse la regola. Comanda questa, che tutti intervengano agli atti comuni, ancorché siano per puro sollievo e divertimento. Or avvenne, che essendo stati invitati una volta i padri ad una ricreazione, egli accordò con tutto il piacere questo divagamento. Ma un di essi, che non vi aveva inclinazione, si scusò, adducendo che stava indisposto


- 83 -


di salute. Alfonso, benché conoscesse esser quello un pretesto, finse, e non l'obbligò ad andarvi; ma ordinò al prefetto degl'infermi, che lo sottoponesse in quel giorno alla dieta, per lo che senza l'interposizione degli altri oltre del mattino lo avrebbe fatto digiunare anche la sera.

Essendosi accusato un individuo nel capitolo delle colpe di aver egli mancato alla mortificazione voluta dalla regola col gustare un po' di sciroppo nell'atto che stavasi facendo, oltre una forte correzione lo privò eziandio delle frutta per otto giorni in tavola. Dovendo partire un padre in tempo del silenzio e riposo pomeridiano, e facendo gran rumore con l'andare avanti e dietro, e con lo scendere in porteria, egli si recò scalzo nei piedi a veder cosa fosse, e trovando il detto padre in procinto di partire, lo corresse per aver disturbato la comunità in tempo di silenzio.

Niun difetto adunque sfuggiva alla vigilanza ed allo zelo di un tal superiore posto da Dio a reggere la sua famiglia. Diceva sovente nelle sue esortazioni: Abbracciamoci con una vera umiltà e mortificazione l'osservanza regolare, stringiamoci con lo spirito di Gesù Cristo. Iddio vuole che ci portiamo bene, e se così faremo, egli ci benedirà; se poi ci porteremo male, Iddio ci abbandonerà. Lo vuole Iddio, e lo voglio anche io, che ci portiamo bene: difetti volontari non li vuole sopportare il Signore, né li voglio sopportare io.

Quindi si consolava grandemente, ed il suo cuore gioiva, allorché venivagli riferito, che nelle case del suo Istituto vi era l'osservanza in pieno vigore. Così difatti si espresse in una sua lettera al p. Caione rettore: Mi rallegro della buona osservanza, che sento esservi costì. E dopo avergli avvertito alcune cose così conchiude: Del resto torno a dire, mi consolo dell'osservanza.a

Però se Alfonso qual superiore era così diligente nel mantenere intatto e nell'accrescere lo spirito del suo Istituto, è d'uopo dire, che precedeva tutti col suo esempio; e non tanto con le parole, quanto con le opere promoveva assiduamente


- 84 -


l'osservanza regolare. Era egli il modello più perfetto della povertà, dell'ubbidienza, della mortificazione, dell'annegazione di sé stesso, del raccoglimento, e di ogni altra religiosa virtù.

Al solo mirare la scrupolosità ed esattezza di lui nelle minime cose, ognuno si compungeva, e non poteva fare a meno di seguir le pedate di un maestro tanto accorto nell'osservare ciò che aveva proposto ai suoi discepoli con la sua regola. E questa sua esattezza non ebbe termine, come abbiam detto, se non che col terminare la sua vita, non dispensandosi giammai da qualunque esercizio, che per impotenza o per ubbidienza.

E per venire al dettaglio di questa sua perfezione, stimo cosa opportuna dare qui un breve e distinto ragguaglio delle sue giornaliere occupazioni. La mattina al suono del campanello era già da molto tempo destato e levato di letto, mentre, come si disse, non dormiva al di delle cinque ore col permesso dei suoi direttori: interveniva al coro per la comune meditazione, dopo la quale recitava divotamente le ore canoniche. Indi rinchiuso nella sua stanza senza uscirne giammai, si occupava degli affari di sua Congregazione, ovvero attendeva a comporre quei libri, che ha dato alle stampe. All'ora tarda celebrava il santo sacrifizio della messa, e facendo il suo rendimento di grazie trovavasi pronto nel coro per l'esame  di coscienza. Alla mensa vi era sempre la lezione spirituale da lui attentamente ascoltata, e non dispensata giammai, ancorché fossero pochissimi gl'individui nella comunità, eccetto nei giorni e nelle occasioni stabilite dalla regola.

Nella ricreazione comune o discorreva della lezione intesa alla tavola, o di cose spirituali e scientifiche, oppure suonava il cembalo per insegnare ai suoi congregati specialmente ai giovani le canzoncine spirituali. Ma appena suonava il campanello del silenzio, spezzava la parola nella sua bocca, e dritto ritiravasi nella sua stanza, da cui non usciva se non per andarsene avanti al ss. Sacramento giusta il suo solito. Nel giorno interveniva come tutti gli altri alla lezione spirituale ed alla meditazione. Al suono dell'Ave Maria già ritrovavasi


- 85 -


nel coro per la meditazione, di modo che in tutte le azioni della comunità era sempre il primo, ed il più esatto; e questa medesima esattezza gli era compagna indivisibile eziandio nelle missioni ed esercizi spirituali, e nelle medesime frequenti indisposizioni di sua salute.

Una volta dovette cavarsi sangue ad ore ventitré per un fiero dolore, che il sorprese nella coscia, in modo che a stento muover si poteva: eppure alle ore ventiquattro si trovò all'orazione comune stando al suo solito inginocchiato divotamente.

Altra volta nel discendere al refettorio di sera, perché di corta vista strisciòfortemente col calcagno del piede alla fronte del gradino della scala, che ne risentì acerbo dolore, e stette così fermato per qualche tempo senza dir nulla, e quasi senza respiro. Ma calmatosi alquanto il dolore, proseguì il suo cammino, assisté al refettorio e alla ricreazione comune. Però nell'andare a letto togliendosi le calze vide scorrere molto sangue, e la carne così stracciata, che vi pendeva la pelle lacerata. Allora egli tagliò questa pelle con la forbice, radunò della polvere per terra da ristagnare il sangue, e così la passò tutta la notte. Ma nel mattino seguente avendo raccontato ciò ad un padre per mettervi l'opportuno rimedio, ed interrogato da quello, perché chiamato non aveva alcuno la sera antecedente, rispose francamente e modestamente, che per non violare il silenzio, e perché lo aveva creduto piccolo male, se n'era astenuto.

Tuttavolta a conoscer vie meglio lo spirito di Alfonso nell'osservanza regolare, è d'uopo riflettere, che anche decrepito o reso impotente dopo la rinunzia del suo vescovado, pur voleva adempire tutti gli atti della comunità, e fra le altre cose voleva discendere nel refettorio comune insiem con gli altri: né sarebbesi indotto a prendere il suo scarso cibo nella sua stanza senza un precetto del padre Villani vicario generale, il quale attesa la età di lui gli rappresentò, che impiegando molto tempo a camminare ed a mangiare, avrebbe recato incomodo alla comunità nel doverlo aspettare. Allora chinò il capo con rassegnazione dicendo: Sia fatta la divina volontà.


- 86 -


Inoltre per adattarsi al viver comune avrebbe voluto cibarsi di quelle medesime vivande, che la comunità mangiava, benché fossero legumi, od altro cibo nocivo alla sua salute. Ma per ubbidienza anche se ne astenne, ben persuaso che la virtù dell'osservanza non tanto consiste nella mortificazione quanto nell'ubbidire.

In tutte le cose però, nelle quali non avrebbe dato alcuno incomodo agli altri, ed a cui non si estendeva l'ubbidienza del vicario generale, fu sempre esattissimo ad osservarle sino alla morte. Quindi il medesimo silenzio, lo stesso raccoglimento, la stessa povertà, il medesimo intervento agli atti comuni, dove si faceva a stento trascinare, la medesima lettura spirituale, e tutt'altro ch'era compatibile con la sua età e con le sue forze.

Quale eccellente esemplare non è stato adunque questo santo per tutti quelli, che abbracciano il vivere religioso, e particolarmente pei suoi congregati? Non di rado avviene, che negli Ordini regolari anche più ferventi s'introducano delle inosservanze, almeno negli articoli minuti della regola. La loro medesima parvità le rende in certo modo scusabili specialmente per quegl'individui, i quali han consumato di già molti anni nella carriera religiosa. Oltre che la minutezza medesima di questi precetti par che ne giustifichi la violazione, sembrando quasi impossibile l'osservarli tutti ed assiduamente.

Però Alfonso ci ammaestra col suo esempio, che ognuno possa rendersi minuto e perpetuo osservatore di ogni menomo precetto, e che niuna scusa possa mendicarsi né dalla loro importunità, né dalla loro età, o dalle cariche, alle quali venga taluno elevato nel suo Istituto. Imperocchè lo si vede diligentissimo ad ogni osservanza regolare da giovane e da vecchio, da sano e da infermo, e qual superiore e fondatore si rende perfetto esemplare nell'osservanza di ogni precetto della sua regola.

In comprova di che, oltre i fatti surriferiti, mi piace addurne ancora degli altri, che più mirabilmente fanno risplendere la perfezione di lui. Ordina la nostra regola, che in ogni mese


- 87 -


si faccia un giorno di ritiramento, ed ogni anno dieci giorni di simile ritiro con tutto raccoglimento e rigoroso silenzio. Or chi non vede, quanto sia difficil cosa l'osservarsi esattamente questo articolo da un superiore generale?

Eppure Alfonso lo praticò sempre appuntino, tanto che in detti giorni, dato bando ad ogni altro pensiero ed occupazione, intratteneva il suo spirito nel riandare con diligente esame la sua condotta, nel premunirsi contro ogni futura possibile negligenza nella via della perfezione, e nell'infiammare il suo cuore vie più con le potenti fiamme della divina carità mercè il fervore e la sublimità della sua orazione. A tal uopo aveva dato ordine, che niuno in detti giorni a lui ne andasse per affare qualunque, commettendo ad un consultore il disbrigo di quelle cose, che non avessero sofferto dilazione alcuna. Ma questo è ancor poco.

La nostra regola impone il silenzio nelle ore pomeridiane durante il riposo, la lezione spirituale, e la meditazione. Ora in tal tempo fu veduto sempre il nostro santo levarsi via dai piedi le scarpe, se accadeva di dover camminare per i corridoi, affine di non disturbare il sonno ed il silenzio degli altri col minimo rumore.

La nostra regola esige dai congregati, che per ogni cosa, di cui abbiano bisogno, chiedano il permesso al superiore, o a chi ne fa le veci, ancorché fosse per un poco di acqua. Ora il nostro santo domandava sempre questi permessi al rettore, ed in mancanza di lui al ministro, o al più anziano, e talora al suo fratello serviente, per osservare quella subordinazione, che la regola impone ai soggetti del nostro Istituto in tutte le cose.

Non deve pertanto recar maraviglia, se egli fosse cotanto restio nel dispensare gli altri da qualunque osservanza, temendo sempre che abuso o rilasciamento venir ne potesse. Scusavasi sovente con dire: La cosa richiesta non posso concederla, perché è contro la regola, e porta esempio per gli altri: se la concedo a V. R. l'ho da concedere anche agli altri. Difatti avendo il padre Margotta, tanto da lui stimato, chiesto al santo la facoltà di confessare le donne per un suo individuo,


- 88 -


il quale non era ancor pervenuto all'età prescritta dalla regola, così gli rispose: Se la concedo ad uno, debbo concederla agli altri: l' ho negata ai padri N. N.; che hanno maggiore età.

L'arcivescovo di Conza domandò un padre per confessore ordinario al monastero di Calitri, il che è vietato dalla regola. Alfonso si schermì, e per non disgustare l'arcivescovo scrisse al detto padre, che da sé medesimo anche si fosse pulitamente negato. Dimorando in Foggia in occasione della missione nella casa Ricciardi tanto divota del santo, non fu mai possibile fargli gustare altro cibo, fuorché la sola minestra ed una vivanda. E poiché il padron di casa lo sforzava ad assaggiare almeno qualche altra pietanza, adducendo per ragione, che non contenevano tutt'i piatti, fuorché una cosa stessa diversamente apparecchiata, Alfonso rispose: Tutto va bene, ma la mia regola non mi permette in missione, che la sola minestra, ed un'altra pietanza. Così per tutto quel tempo non volle dispensare né per se, né per gli altri.

Altra volta essendosi interposto un rettore presso di lui, per ottenere che alcuni studenti si fossero diretti nelle cose dello spirito da un altro padre, mentre non avevano confidenza col loro prefetto, il santo si oppose scrivendogli:

La regola vuole che gli studenti si regolino col prefetto: quindi il mio desiderio si è, che tutti gli studenti, come dice la regola, si dirigano col prefetto, alla cui direzione tenga per certo, che Dio più vi concorre, perché vi è l'ubbidienza, benché si faccia di mal genio. Dio non corre coi geni, ma coll'ubbidienza.

Per tal modo questo santo preposto dal Signore alla sua famiglia non solo fu dispensatore fedele, ma rendendosi altresì perfetto esemplare ha meritato di esser proposto qual modello di osservanza a tutti i religiosi.

 

-

Posizione Originale Nota - Libro V, Cap. 9, pag. 83




a Lett. Ined.






Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

IntraText® (V89) Copyright 1996-2007 EuloTech SRL