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P. Celestino Berruti
Lo spirito di S. A.M. de' Liguori

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  • Cap. 15 SINGOLARISSIMO SUO AMORE AL DIVIN SACRAMENTO DELL'ALTARE
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Cap. 15

SINGOLARISSIMO SUO AMORE

AL DIVIN SACRAMENTO DELL'ALTARE

 

Se la vita di Alfonso fu una vita di amore ardentissimo verso Dio, deve attribuirsi alla sua gran divozione verso l'angustissimo Sacramento dell'altare.

Questo Sacramento è segno di massima carità dice s. Tommaso: Hoc sacramentum est maximae charitatis signuma. Segno dell'immensa carità


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di Gesù Cristo verso l'uomo, perché in esso ha sviscerato tutto sé stesso col darsi in cibo e bevanda sotto le specie del pane e del vino; onde ebbe a dire l'evangelista s. Giovanni: Cum dilexisset suos, in finem dilexit eos.

Segno di carità sincera ed ardente dell'uomo verso Gesù Cristo, allorché o si accosta divoto a riceverlo alla sacra mensa, ovvero lo corteggia, qual Re supremo del cielo e della terra per noi racchiuso nei sacri tabernacoli, o esposto alla pubblica adorazione: omnis devotio in Ecclesia est in ordine ad hoc sacramentum come insegna il gran teologo Scotob.

Gesù nell'Eucaristia è l'oggetto principale del nostro culto e del nostro amore; ed in questo Sacramento ha riepilogato il divin Redentore tutt'i beni, che ci ottenne mercé la sua passione, consumandosi in esso tutti gli altri misteri e sacramenti: Fere omnia sacramenta in Eucharistia consummantur; giusta l'insegnamento dell' Angelicoc

Da ciò deduce l'istesso santo Dottore, che certissimo indizio di somma carità sia la frequente partecipazione dell'Eucaristia e la fervente celebrazione del sacrificio della messa, essendo proprio ed immediato effetto di questo Sacramento il convertire l'uomo in Gesù Cristo. Cum proprius effectus, sono sue parole, huius Sacramenti sit conversio hominis in Christum, d poggiato alla promessa del Salvatore: Qui manducat meam carnem, et bibit meum sanguinem, in me manet, et ego in eo.e

Ciò posto, io posso asserire senza tema di errare, che la fiamma della carità si accese vivissima nel cuor di Alfonso mercé la sua divozione al santissimo Sacramento, gli si mantenne ardentissima nel cuore per tutta la vita coll'esca continua di tal divozione, e pervenne ad un grado intensissimo di ardore fino a consumarlo per la gloria e per l'amore del suo Dio mercé questa sua singolare divozione.

 Che la santità straordinaria di Alfonso, oltre la prevenzione,


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della grazia, traesse la sua origine dalla esimia sua divozione verso Gesù sacramentato, non può rivocarsi in dubbio, essendo noto ad ognuno il tenor di sua vita negli anni suoi giovanili in mezzo al secolo.

Ognuno sa, ch'egli frequentava ogni quelle chiese, dove esponevasi il santissimo Sacramento alla pubblica adorazione; e quivi se ne stava le ore continue prostrato a terra inginocchioni con gli occhi fissi ed immobili al sacro ostensorio, e con tanta edificazione degli astanti, che notavasi a dito con ammirazione quale perfetto ed assiduo adoratore delle quarantore. E benché molte fossero le occupazioni di lui, non fece passare alcun giorno senza adempire questa sua divota pratica. Egli medesimo nella introduzione alla Visita del santissimo Sacramento si esprime in questi sensi: Bisogna, che io palesi in questo libretto almeno per gratitudine al mio Gesù sacramentato questa verità. Io per questa divozione di visitare il santissimo Sacramento, benché praticata da me con tanta freddezza ed imperfezione, mi ritrovo fuori del mondo, dove per mia disgrazia sono vivuto fino all'età di 26 anni. Oh che bella delizia starsene avanti ad un altare con viva fede!

Quindi se giusta l'amorosa provvidenza del Signore s'infondono da lui nelle anime, che lo pregano, e sono di lui amanti, le sue grazie in proporzione dell'assiduità e del fervore, con cui queste anime dilette a lui si rivolgono, ed in lui concentrano i loro affetti; è d'uopo dire, che Alfonso dalla frequenza nel visitare ed adorare il santissimo Sacramento riportasse non solo la vocazione a lasciare il mondo per abbracciar la vita apostolica, ma tutto quel corredo altresì di virtù, che lo rese nel corso di sua vita così caro a Dio ed agli uomini.

Ed oh chi potrebbe ridire, quale abbondanza di lumi, qual copia d'illustrazioni, quali interne comunicazioni di grazia facesse Gesù al suo servo fedele in quei trattenimenti, ove l'anima diffonde il suo cuore al cospetto di Dio, mercé la contemplazione della sua divina beneficenza nell'istituire l'Eucaristia e nel trattenersi giorno e notte ospite sulla terra per amore


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delle anime da sé redente, e per compiere in questo Sacramento tutt'i misteri della sua inenarrabile carità!

A questo fonte attinse il nostro santo quel distacco solenne, per cui si vide un nobile cavaliere nel più bel fiore di sua gioventù, circondato dalle lusinghe di un mondo, che tutto gli arrideva, volgergli le spalle per vestire le divise ecclesiastiche, e calcare le orme di Gesù crocifisso.

A questa fonte attinse quello zelo ardentissimo, che gl'infuse tanto amore per la salvezza delle anime fino ad agonizzare sotto il peso dei travagli apostolici per riportar all'ovile di Cristo le pecorelle smarrite. A questo fonte attinse quel desiderio ardentissimo di spargere il suo sangue per sostenere la verità del Sacramento: oh avessi anch'io, esclamava Alfonso, la bella sorte di morire per questa cagione di sostenere la verità del Sacramento dell'altare, per cui, o amabilissimo Gesù, voi ci avete fatto intendere la tenerezza dell'amore, che ci portate!f Vorrei rendere a voi tanto di gloria e di onore, quanto voi ne rendete sacramentato nelle nostre chiese all'Eterno Padreg.

Oh potessi, mio dolcissimo Salvatore, lavare colle lagrime mie, ed anche col mio sangue quei luoghi infelici, nei quali fu in questo Sacramento tanto oltraggiato il vostro amore! Oh potessi fare io, che tutti gli uomini fossero innamorati del santissimo Sacramento!   h

Questi sentimenti, che partono da un cuore veramente ed unicamente appassionato per l'onore di Dio, dimostrano ad evidenza, che Alfonso dalla sua peculiare devozione verso il Sacramento dell'altare ricavò il principio ed il progresso felice della sua santità.

Ma poiché ha questo di proprio la conversazione con Gesù Cristo a differenza delle conversazioni mondane, come scrive Alfonso medesimo, di non generare fastidio giammai, ma piuttosto diletto e consolazione, di modo che quanto più trattasi


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con Dio, vie maggiormente si conosce la grandezza di lui, e più i nostri affetti sono spinti ad amarlo; quindi avendo il nostro santo incominciata la carriera della sua perfezione coll'amare Gesù sacramentato, proseguì fino al termine con la medesima alacrità, non diminuendo, ma accrescendo di giorno in giorno i suoi ossequi, le sue adorazioni, il suo amore al santissimo Sacramento.

L'uso di visitare ogni e più volte il giorno il santissimo Sacramento non fu mai interrotto, se non allorquando per qualche infermità non poteva recarsi alla chiesa. Anzi nelle infermità stesse chiedeva istantemente di esser portato a visitar Gesù Cristo, e quando era infermo, o in Sant'Agata de' Goti, o in Arienzo, o in alcuna delle nostre case, dal letto medesimo, ove giaceva, rivolgevasi verso la chiesa, ed adempiva in tal modo la sua divozione.

Negli ultimi anni di sua vita dopo la rinunzia del vescovado essendo una sera tutto ansante, volle ad ogni conto essere portato avanti il santissimo Sacramento; e benché non potesse quasi respirare per la gravezza del suo male, fu d'uopo appagare il suo ardente desiderio. Di fatti appena si vide nel coro della nostra chiesa che proruppe in affetti così fervidi di confidenza e amore, che rapì l'ammirazione degli astanti.

Altra volta esternando lo stesso desiderio, ed essendogli risposto, che non poteva assolutamente essere condotto nella chiesa, si cercò di quietarlo col rappresentargli, che dimorando in casa religiosa, ed essendo la chiesa attigua alla sua stanza, potea di visitare il santissimo Sacramento. Ma egli rispose: Si, ma non istà qui Gesù Cristo sacramentato; quindi esclamava con ammirabile semplicità e tenerezza: Signore, voi lo vedete, che non dipende da me.

Un altro giorno chiedendo istantemente di essere condotto in chiesa, e trovandosi il pretesto del gran caldo che faceva, rispose: Gesù Cristo non va trovando fresco. In tutti i giorni, però, nei quali poteva o recarsi da sé, o essere condotto avanti il santissimo Sacramento, se ne stava non meno di otto ore, fra la mattina ed il giorno, o nel coro, o nella chiesa adorando Gesù Cristo; nel qual tempo erano in lui così ferventi gli atti di amore e


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di adorazione, che si vedeva alle volte saltare sopra la sedia, dove stava compostamente seduto per la sua infermità; né si sarebbe giammai distaccato dalla presenza di Gesù Cristo, se l'ubbidienza del suo direttore non lo avesse rimosso.

Di fatti si faceva condurre al coro fin dalle ore 23, per ivi starsene sin dopo la meditazione della comunità a mezz'ora di notte. Ma poi non voleva dipartirsene; e talvolta pregava, che lo avessero lasciato colà fino all'ora di cena, che in tempo d'inverno era a due ore e mezzo.

Che se come egli stesso lasciò scritto per l'esperienza propria: Una piccola particella di tempo bene spesa avanti il santissimo Sacramento fa prodigi, che dovrà dirsi delle ore prolungate, che Alfonso consumava a visitare, e adorare il suo Signore sacramentato, le quali gli sembravano cotanto brevi, che sempre più a lungo avrebbe voluto trattenervisi? Quale non sarà stato l'ardore dei suoi affetti? quale lo sfogo dei suoi colloqui con Gesù Cristo? quale la piena delle celesti comunicazioni a quest'anima tanto innamorata del santissimo Sacramento?

Si può argomentare in qualche guisa da quel che avvenne una volta nell'ultima sua età, allora quando era divenuto quasi bambino per la debolezza delle sue facoltà intellettuali. Entrato appena nel coro della nostra chiesa, quasi fosse uscito fuor di , diceva molte cose al suo servitore Alessio, che dimostravano il grande compiacimento del suo spirito nel trovarsi avanti al divin Sacramento.

Nominava a voce intelligibile il santissimo Sacramento benché appena potesse più esprimersi, e per avere occasione di nominarlo più volte ripetevagli: Qui vi è il Sacramento: qui si fa la comunione: non a tutte le parti vi sta il santissimo Sacramento: oh bella cosa! due lampade ardono sempre avanti il divin Sacramento: qui si fa l'esposizione del Sacramento: e quanto vogliamo starci avanti il Sacramento? quando verremo un'altra volta a visitare il santissimo Sacramento ? Espressioni che denotano l'ebbrezza dell'anima di lui per l'amore a Gesù sacramentato.

Acceso Alfonso di amore così ardente verso Gesù sacramentato


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avrebbe voluto, che i cuori di tutti gli uomini ardessero di una simile carità. Gli sembrava incredibile, che si potesse dagli uomini non amare un Dio così amante delle anime.

Quindi ad infondere questo suo amore nel cuore altrui, il primo libro da lui composto fu appunto la Visita al santissimo Sacramento. In questo libro il nostro santo fa uso di un linguaggio superiore ad ogni concetto, linguaggio di un'anima, la quale benché sia ancora sulla terra, palesa nondimeno di essere naufraga nella soavità dell'amore dei comprensori. Or questo libro si diffuse in breve non solo nell'Italia, ma in tutte le parti del cattolico mondo. Fu tradotto in tutti gl'idiomi, fu applaudito dai più insigni personaggi, e non potrà conoscersi mai abbastanza, quale effetto abbia prodotto, e produca nel Cristianesimo di conversioni e di santificazione in tutt'i ceti di persone.

Compose eziandio delle canzoncine spirituali ad onorare il Sacramento dell'altare; e le faceva cantar dai suoi congregati nelle sante missioni per infervorare il popolo a questa divozione; anzi egli stesso soleva cantarle, allorquando facea la visita al Sacramento o nella sua chiesa cattedrale in sant'Agata o nella chiesa collegiale di s. Andrea in Arienzo. Imperciocché da vescovo non mai tralasciava di scendere in chiesa all'ora della visita, o fosse in residenza, o si trovasse per la diocesi in santa visita. Egli fu che introdusse la esposizione della sacra pisside in tutte le chiese parrocchiali di sua diocesi; ed intervenendovi personalmente, non può immaginarsi, qual tenerezza risvegliasse in tutti, e come ognuno ad esempio del suo pastore intraprendesse fervidamente una tale divozione.

Era precorsa in sant'Agata, prima ch'egli andasse a prender possesso del suo vescovado, la fama del suo amore singolarissimo verso il Sacramento dell'altare; ma allorché coll'esperienza videro i suoi diocesani, e toccarono con mano quanto egli fosse appassionato di Gesù sacramentato, allora s'infiammarono tutti del suo ardore. Ben sovente oltre d'intervenire col popolo a detta visita predicava altresì sull'amore che ci ha portato Gesù Cristo nell'istituire l'Eucaristia, e nel trattenersi con


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noi giorno e notte; e le sue parole erano altrettante saette, che ferivano il cuore dei suoi uditori, e lo infiammavano di santa carità. I suoi affetti, i suoi colloqui erano così ardenti, che inteneriva i cuori di ognuno.

Narra un abate della congregazione benedettina di Monte Vergine, il quale attirato dalla sua gran divozione lo andava a sentire quasi ogni sera nella terra di Airola, che gli sembrava di vederlo come assorto in Dio, e tutto acceso di carità; pieno di amoroso entusiasmo, e quasi che Gesù sacramentato gli si fosse manifestato visibilmente, prorompeva in queste tenere e dolci parole: Eccolo , vedetelo, quanto è bello, ed amatelo.

Da missionario poi istituiva in tutte le città e paesi questa santa divozione di far la visita nelle chiese al santissimo Sacramento, e voleva che i suoi congregati praticassero lo stesso. In tutte le missioni inoltre introdusse una predica particolare sull'amore di Gesù sacramentato; ed in questa si esprimeva con tali sentimenti di fervore, che le chiese vedevansi dappoi frequentate di adoratori; la maggior parte del popolo prendeva il pio costume di sentire la messa ogni mattina; e dove prima alla mensa eucaristica pochi accostavansi, introducevasi la frequenza della santa comunione. Giacché non vi ha alcun dubbio, che ad Alfonso debba attribuirsi la maggior frequenza alla comunione, come vedesi praticare oggidì non solo in questo regno, ma eziandio nelle estere nazioni.

Egli fu che compose quell'aurea operetta sulla frequente comunione trovandosi in Roma, ove era andato a consacrarsi vescovo, per confutare alcuni spiriti rigorosi, i quali sotto specie di divozione disanimavano i fedeli intorno alla comunione; opera tanto applaudita non solo dal sommo pontefice allora regnante, ma da tutti i dotti personaggi della metropoli del mondo cattolico.

Egli fu, che prendendo di mira gli errori di Giansenio, e i suoi compagni nel progetto tenebroso di Borgofontana, ebbe la speciale missione da Dio di opporvisi col propagare nel cristianesimo mercé i suoi volumi, e precisamente la sua Morale, l'amore evangelico e la fedeltà a Gesù Cristo. E poichè l'allontanamento dai Sacramenti


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della Chiesa era il mezzo precipuo, di cui servironsi questi eretici per diffondere efficacemente i loro errori; così Alfonso nel fervore del suo zelo avvalorato dalla carità di Gesù Cristo, non trovò mezzo più opportuno a conquidere la testa di queste idre infernali, se non che col promuovere a tutta possa la frequenza dei sacramenti della penitenza e dell'Eucaristia.

Ma la divozione rarissima di questo santo verso l'angustissimo Sacramento spiccò in particolar modo riguardo alla celebrazione della messa. In ogni mattina si accostava al sacro altare con un'angelica pietà e rispetto: nel compiere quest'azione veneranda Alfonso non sembrava un uomo di questa terra, ma un angelo del paradiso, che assiste al trono di Dio. Celebrando in pubblico non oltrepassava giammai la mezz'ora, per non recar tedio, come egli dicea, agli astanti. Ma allorché celebrava in privato, lasciava libero il corso allo sfogo dei suoi affetti. Quindi vedevasi col volto lieto e giulivo in segno della interna fede, che lo animava; e da chi lo serviva vedevasi dopo la consacrazione col volto divenuto rubicondo per l'ardenza dei suoi affetti.

Dimorando nella città di Scala col p. Sportelli, siccome avevano un solo fratello laico per loro servizio, così Alfonso, il quale celebrava all'ora più tarda, disse al medesimo, che lo lasciasse sull'altare, e ne andasse a disbrigare le faccende domestiche. Or avvenne spesse fiate, che il fratello ritornava dopo lungo tempo; e così il santo aveva l'opportunità di sfogare i suoi affetti con Gesù Cristo. Per qualunque circostanza non tralasciò mai di celebrare, eccetto il caso di grave infermità, che lo tenesse inchiodato nel letto: ma se celebrar non poteva, voleva esser reficiato col cibo eucaristico in ogni giorno delle sue infermità.

Caduto infermo nella città di Arienzo provava grande rammarico di non poter celebrare; ma appena migliorò alquanto, e videsi nello stato di potersi accostare al sacro altare, esclamò pieno di giubilo: Ora posso celebrare, non mi curo di altro. Trovandosi in Napoli nel nostro ospizio, mentre recavasi una mattina col compagno a dir messa, gli sopraggiunse un fiero


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dolor di viscere, che gl'impediva benanco di camminare. Voleva il compagno condurlo in un vicino caffè a prendere qualche ristoro. Ma egli rispose: Io camminerei dieci miglia per non perdere la messa; e difatti riavutosi dal suo dolore, più tardi potette soddisfare al suo desiderio.

Un giorno per inavvertenza cadde nella sua stanza, e cadendo diede col fianco sullo scanno del letto. Siccome non ancora aveva celebrato, non fu possibile di potersi riavere a tempo per dire messa. In tal caso si fece chiamare un chierico studente, si fece leggere l'intiera passione del nostro Signore, e dipoi si comunicò. Si fece un'osservazione, per vari anni, che nel venerdì santo, allorquando non poteva adempiere le funzioni, comunicarsi, veniva sorpreso dalla febbre e si doveva in ogni anno cavar sangue.

E' pur cosa ammirabile, che Alfonso colpito dall'artritide, la quale oltre d'aggravarlo di dolori spasmodici in tutto il corpo gli curvò eziandio la testa sul petto, appena si ristabilì alquanto, non solamente non cessò mai dal celebrare il santo sacrificio, ma adempì ancora le sacre cerimonie con tutta la esattezza. Celebrò ogni giorno sino a tre anni prima della sua morte col corpo dritto e maestoso, conveniente alla sacrosanta azione del sacrificio della messa, e con mirabile attenzione. Benché così malconcio, appena si vestiva dei sacri paramenti, ed accostavasi al santo altare, riacquistava dirò così una agilità quasi giovanile. Faceva le sue genuflessioni fino a terra, gettandosi a guisa di piombo; mai vi fu caso, che mancasse a qualche rubrica per le sue abituali indisposizioni.

Quello che il cruciava dopo la suddetta malattia, si era, che per la curvazione del collo sul petto, non poteva sumere il calice, e sarebbe perciò restato per sempre inabile a celebrare la messa. Ma ben ebbe motivo di rallegrarsi, allorché da un padre agostiniano gliene fu suggerito il rimedio. Invitato dal medesimo a predicare nella chiesa del suo ordine per la festa di santa Maria del soccorso, accettò Alfonso l'invito, e soggiunse: oh potessi venire alla vostra chiesa a dir messa ancora, che gran consolazione avrei, ma non posso, perché la testa mi sta curvata


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sul petto. Allora fu, che il suddetto padre agostiniano lo consigliò, che poteva adagiarsi sopra di una sedia nell'atto di sumere il calice, assistito da un sacerdote, che lo aiutasse vestito di cotta e stola. Gradì sommamente il santo questo avviso, e lo praticò fino all'anno terzo precedente alla sua morte, epoca in cui non gli fu più possibile di poter celebrare per la sua decrepitezza, e per essersi aggravate al sommo le sue indisposizioni, sicché non poteva affatto reggersi in piedi.

Però, come io dicea pocanzi, in ogni mattina comunicavasi, ed in tal guisa soddisfaceva all'ardenza del suo amore verso Gesù sacramentato Ed oh chi potrebbe mai esprimere il fervore di lui nel ricevere questo pane degli angeli! Questo apostolo, che con tanto zelo aveva promulgato l'amore a Gesù Cristo; questo atleta della religione, che aveva combattuto con tanto coraggio le battaglie del Signore, essendo ormai prossimo al termine del suo arringo, gustar doveva anticipatamente le dolcezze del paradiso.

Quindi le sue ansietà, allorché accostavasi il tempo della comunione, crescevano in proporzione dell'ardore di sua carità. Quindi sentivasi esclamare Datemi Gesù Cristo mio; e se tardavasi di qualche momento, manifestava l'interna agitazione dell'amore, che lo infiammava: quindi si vedeva col volto tutto raggiante di celeste splendore dopo la santa comunione, e gli uscivano dal petto tali infocate aspirazioni, che rapivano nel tempo stesso, e compungevano chi lo assisteva.

Questo santo singolarissimo per la divozione al santissimo Sacramento aveva ripetuto nel corso di sua vita, e lo aveva lasciato scritto nel suo libro intitolato Amor delle anime:

Mio Dio, basti ad altri l'amarvi con amor sommo apprezzativamente: ben so, che voi ne siete contento ma io non mi chiamerò contento; se non vi amo ancora con tutta la tenerezza più che amico, più che fratello, più che padre, più che sposo. E' Gesù Cristo vero amator delle anime gliene rese il contraccambio, con infondere nel cuore di lui una carità senza pari, che lo rese il santo veramente singolare per la sua divozione alla santissima Eucaristia.

 

 

Posizione Originale Nota - Libro V, cap. 15, pagg. 128, 129, 131

 




a Part. 2, quaest. 75, a. 1. In corp.



b In dist. 8.



c 3. p. q. 65, a. 3



d In 4, dist.22



e Ioan. c. 6



f Visit. XVII



g Visit. XX



h Visit. XXIV






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