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Cap.16
SUA DIVOZIONE ALLA PASSIONE DI
GESU' CRISTO.
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Alfonso
Maria de Liguori si è segnalato nell'amore verso Dio, perché la missione
affidatagli dalla divina provvidenza esigeva nel suo adempimento
un'ardentissima carità. Ma i mezzi, di cui si avvalse questo apostolo per
accendere nel suo cuore quelle fiamme vivissime, che con esito tanto felice
comunicò agli altri, ed ottenne il conseguimento abbondante della sua missione,
furono l'amore al santissimo Sacramento e la divozione alla passione del
Redentore.
La
Chiesa ha consacrato ad onore di lui nelle lezioni del suo uffizio questo
elogio, che, tanto gli compete, e lo distingue, allorché lo appella Dominicae passionis et sacrae Eucharistiae
contemplator assiduus, eius cultum mirifice propagavit. La passione, di
Gesù ed il Sacramento dell'altare erano il continuo soggetto dei suoi pensieri,
dei suoi affetti, dei suoi discorsi, potendosi dire dell'anima sua
coll'espressione dei sacri cantici, che soggiornava sempre, qual colomba
gemente nei forami della pietra, ossia nelle piaghe di Gesù: Columba in
foraminibus petrae: e colle parole del real profeta, che volava sempre con la
sua contemplazione d'intorno ai sacri altari: In circuitu mensae Domini.
Nella
sua lettera riguardo al modo di predicare così avverte il suo lettore: La prego a parlare spesso dell'amore, che ci ha
portato Gesù Cristo nella sua passione e nell'istituzione dell'Eucaristia;
e dell'amore che noi dobbiamo portare a
questo amatissimo Redentore, ricordandoci spesso di questi due gran misteri di
amore. E siccome di s. Anselmo si legge, essersi reso famoso specialmente
per la sua insigne divozione verso la passione di nostro Signore: ob insignem devotionem erga Domini nostri
passionem; altrettanto può attestarsi di Alfonso, il quale non giudicò di
avere a somiglianza dell'Apostolo altra scienza in sua vita, se non che quella
del crocifisso: Non iudicavi me scire
aliquid, nisi Jesum - 140 -
Christum, et hunc crucifixum: nè
altro pareva, che respirar potesse, se non che Gesù Cristo istesso: Mihi vivere Christus est.
Questa
singolar divozione la ereditò Alfonso dal suo genitore medesimo; e fu fecondata
dalla tenerezza del suo amore verso Dio, il quale infondendo gratitudine somma
nelle anime in ragione della loro corrispondenza, opera in esse una metamorfosi
spirituale coll'imprimere nel loro cuore le piaghe del crocifisso, le quali
sono la fonte di ogni bene e di ogni amore.
Il
genitore di Alfonso nella sua cristiana pietà era grandemente divoto della
passione di Gesù Cristo, e per rammentarsene i misteri soleva portar seco sulle
galere, di cui era capitano, le sacre immagini di Gesù flagellato, di Gesù
all'orto, di Gesù coronato di spine, le quali, come osserva il p. Tannoia nelIa
Vita, furono poi donate alla nostra casa di Ciorani, dove conservansi tuttora.
Avendo pertanto Alfonso succhiato col latte una tal divozione sull'esempio del
proprio genitore, non è maraviglia, che singolare si rendesse poi in tutta sua
vita nell'amore a Gesù appassionato. E poiché le virtù prendono il loro
carattere di sublimità dall'altezza della santità, di cui va fornito un eroe
della religione; si può giudicare dell'amore di lui a Gesù crocifisso dalla
finezza ed eccellenza di sua santità.
A
sfogare gli affetti di questa sua divozione compose tre operette sulla passione
di Gesù Cristo, una intitolata l'Amore
delle anime, l'altra Considerazioni ed affetti sulla passione di Gesù Cristo,
e la terza Riflessioni e meditazioni sul
medesimo soggetto. In questi opuscoli si appalesa sviscerato amante di Gesù
Cristo, e trasfonde nell'anima dei suoi lettori le fiamme del suo amore.
A
soddisfare questa sua divozione praticava assiduamente l'esercizio della Via crucis, e compose eziandio un libretto
per questo pio esercizio. Dovunque ei si trovava, mai non tralasciava questa
santa pratica, o da missionario, o da vescovo. Spesso la faceva col popolo
nella sua cattedrale di sant'Agata o nella collegiale di Arienzo. Dopo fatta la
rinunzia del vescovado praticava questo stesso nei corridoi della casa; e
allorché non poteva personalmente visitare le stazioni - 141 -
della Via Crucis, era solito adempirvi col
crocifisso benedetto fra le sue mani, a cui aveva fatto apporre le sante
indulgenze della Via Crucis dal Guardiano de' minori osservanti. Ordinò, che
nelle nostre comunità per la meditazione della mattina si leggesse un qualche
libro sulla passione di Gesù Cristo dalla Settuagesima fino alla Pasqua.
In
tutte le stanze volle, che si tenesse dai suoi congregati un'immagine
espressiva del crocifisso, raccomandando ad essi di rivolgervi sovente il loro
sguardo ed i loro affetti. In tutte le case costumò di fare apporre una gran
croce di legno nell'ingresso della porta e nei corridoi. Ed è cosa
rimarchevole, che perfino le immagini della sua camera sia da missionario, sia
da vescovo, altro non rappresentassero, se non che i misteri della passione del
Redentore; siccome può vedersi anche al presente, mentre si conservano
gelosamente qual preziosa reliquia nelle stanze di lui in Pagani.
Essendogli
stato regalato, mentre era vescovo, un bellissimo crocifisso grande in legno,
di eccellente scultura, sel fece collocare nella sua camera dirimpetto alla
sedia, ove scriveva o dava udienza, ed a Gesù Cristo dirigeva i suoi pensieri e
le sue azioni con ferventi occhiate e ricorsi interni del suo cuore. Or questo
crocifisso come cosa sua propria, perché a lui donata, se lo portò nella casa
di s. Michele in Pagani dopo d'aver rinunziato al vescovado; e quivi fu
collocato sull'altare eretto nella stanza contigua, ove dormiva; ed al presente
qual rara memoria di questo santo attrae la compunzione di tutti coloro, che
portansi a visitare le stanze del santo da tutte le parti del mondo.
Infiammato
Alfonso di un amore così ardente pel suo crocifisso Signore, siccome ad altro
pensar non potea, né di altro parlare, così per l'ardore del suo zelo non
lasciava mai d'insinuare a tutti, che in ogni giorno pensato avessero alla
passione di Gesù Cristo. Chi non ha
sempre fisso nel cuore Gesù crocifisso, così egli diceva, non creda mai di aver
fatto alcuna cosa. Questo inculcava ai suoi congregati in ogni conferenza;
di questo ammaestrava il popolo nella fine di ogni - 142 -
sua predica.
Quindi
lasciò ordinato ai suoi congregati, che in ogni missione per eccitare le anime
ad amar Gesù Cristo, e per consolidare il frutto della missione si facesse una
predica particolare sulla passione del Redentore. A tale oggetto fe' dipingere
in tela una grande immagine di Gesù crocifisso tutto squarciato e grondante
sangue; e volle che si mostrasse al popolo in fine di detta predica, e si
lasciasse esposta nella chiesa, affinché i fedeli alla vista di Gesù Cristo
tutto impiagato, ed alla considerazione dei suoi patimenti si fossero astenuti
dal peccato, ed imparato ad amarlo.
Imperocché,
così egli dicea ai suoi missionari: Nelle
missioni sono buone le prediche del giudizio, dell'inferno, ed altre simili,
per iscuotere i peccatori: ma le conversioni se provengono soltanto dal timore,
poco durano, e sono cose, che si scordano. Ho fatto dipingere questa immagine
di Gesù crocifisso, affinché nella vita divota precedendo la meditazione della
sua passione, la dimostriate al popolo, e quando si vede dal popolo l'immagine
del crocifisso, non può non intenerirsi, e convertirsi; mentre le lagrime, che
escono alla vista del crocifisso, escono dal cuore ferito dall'amore della sua
passione, e chi si converte per via di amore, la conversione è più forte e
durevole: quello che non fa l'amore, non lo fa il timore; e quando uno si
affeziona a Gesù crocifisso, non ha paura.
Per
la qual cosa i fedeli uscivano da questa predica piangendo dirottamente, e si
riportavano delle grandi conversioni; dimodoché quelli, che non poterono,
perché indisposti, essere assoluti nel corso della missione, ritornavano poi
tutti compunti ai piedi del confessore. Monsignor Bergamo vescovo di Gaeta
tanto devoto al nostro santo, e morto con fama di santità, al vedere questo
crocifisso nella missione, che si fece dai nostri nella sua città, restò fuor
di sé, e volle farselo copiare per profitto del suo gregge.
Dal
detto fin qui risulta chiaramente, che Alfonso avendo succhiato dalle piaghe
del crocifisso la tenerezza e l'amore dei figliuoli di Dio, avrebbe voluto
imprimere questo suo sentimento nel cuore di tutti. Emulatore insigne dei
Bernardi e dei Bonaventura, - 143 -
era sua massima, che le piaghe di Gesù sono
tante saette di amore, le quali infiammano i cuori più gelati, e spezzano i
cuori più induriti: Vulnera dura corda
vulnerantia, et mentes congelatas inflammantia.
Però
nel predicare sulla passione di Gesù Cristo tutto si accendeva, in guisa che la
fiamma dell'amore passava dal cuore al volto ad infiammarlo.
Tanto
avvenne in Arienzo luogo della sua diocesi, allorché encomiando in una sua
predica l'amore dimostratoci da Gesù Cristo nella sua passione, fu veduto dagli
uditori così trasformato e raggiante, che tutta la Chiesa ne fu illustrata come
da un sole.
Né
vi era occasione, in cui parlasse o in pubblico, o in privato della divina
passione, che non si vedesse tutto acceso di amore e di tenerezza verso il suo
appassionato Signore; sicché moveva al pianto quanti l'ascoltavano. E poiché
essendo il cuore ripieno di un oggetto non può la lingua astenersi dal
parlarne, giusta le parole del vangelo: Ex
abundantia cordis os loquitur; passare non faceva alcun anno senza fare la
predica di passione, o si trovasse in alcuna delle nostre case, o anche da
vescovo, oltre il rammentarla sempre in ogni sua predica, come abbiam detto di
sopra.
Un
nostro congregato, il quale lo intese una volta predicare nella sua cattedrale
sulla flagellazione di Gesù Cristo, attestava, che Alfonso il fece con tale
compassione verso di Gesù Cristo paziente, che la sua voce commosse al pianto
tutti gli uditori, ed ei medesimo non poté raffrenare le lagrime.
Quindi
era sua intenzione di dare alle stampe un grandissimo volume su questo
soggetto, e ne teneva già segnati i sentimenti ed i motivi; ma essendogli proibita
l'applicazione dal p. Cafaro suo direttore, ubbidì il santo, finché passato
all'altra vita il detto padre, tanto pregò il suo nuovo direttore p. Villani,
che ottenne di stampare un compendio: il che fece con uno degli opuscoli, dei
quali abbiam parlato nel principio di questo capitolo; mentre gli altri due
erano già stati da lui inseriti nelle sue opere precedenti.
Quindi
anche ordinò, che in ogni venerdì la mattina, finita la meditazione, i suoi
congregati recitassero in comune i gradi della passione - 144 -
di Gesù Cristo. Quindi per istampare nel cuor di
tutti la dolce rimembranza di quanto ha patito Gesù Cristo per noi, non solo
faceva venire da Napoli una quantità d'immagini del crocifisso, che dispensava
nelle missioni; ma disegnò egli stesso un rametto del santissimo crocifisso, il
quale gettava raggi e saette amorose dalle sue santissime piaghe, e con uno
squarcio di carne pendente dal gomito destro, come si legge essere apparso il
Signore a santa Teresa di Gesù.
Quindi
compose eziandio delle divote canzoncine sulla passione di Gesù Cristo, che
cantava, e faceva cantare nelle missioni dai suoi missionari.
E
la festa introdotta nella sua diocesi ad onore e memoria della santissima
croce, che voleva celebrata con pompa solenne; e le croci, che piantava nelle
missioni, per ricordare a tutti perennemente l'amore di Gesù Cristo,
raccomandando altresì ai fedeli di tenerle nelle loro case; ed il costume
introdotto fra i suoi novizi di tenere sul letto una piccola croce, sono tutti
argomenti, che le piaghe e la passione di Gesù Cristo erano talmente impresse
nel cuore di Alfonso, che se si fosse fatta l'anatomia, si sarebbe trovata
profondamente scolpita la sacra immagine del crocifisso nel cuore di lui.
Difatti così esclama in uno dei suoi slanci affettuosi verso Gesù: O flagelli, o spine, o chiodi, o croce, o
piaghe, o affanni, o morte del mio Gesù, voi troppo mi stringete, e mi
obbligate ad amare chi tanto mi ha amato.
Acceso
il nostro santo di tale divozione verso Gesù crocifisso, lo faceva questo amore
non solo sbalzare talvolta da sopra la sedia, ove sedeva immobile, perché
divenuto storpio; ma giunse anche ad elevarlo in aria, e tenerlo così sospeso
per lungo tempo avanti al crocifisso.
Tanto
ebbe la fortuna di osservare un padre della nostra Congregazione, il quale
entrato un dì nella stanza di lui, lo trovò colle braccia aperte innanzi a Gesù
crocifisso, ed in pari tempo estatico col volto risplendente, ed innalzato
circa tre palmi da terra. Ripieno di stupore religioso si stette in un angolo
della stanza a mirare quel dolce spettacolo; finché dopo qualche tempo lo vide
poggiare - 145 -
nuovamente a
terra. Così pure dimorando in sant'Agata, e dicendo messa in un venerdì di
marzo, giunto alla consacrazione, e propriamente nell'alzare gli occhi alla
croce rimase estatico per molto tempo: un canonico ivi presente stimò alfine di
riscuoterlo; allora Alfonso dando un dolce sospiro consacrò, e terminò la
messa; e di poi contro il suo costume di ascoltare un'altra messa si chiuse
nella sua stanza per due ore incirca senza dare udienza ad alcuno.
Tali
erano i trasporti del suo amore nel contemplare la divina passione; per lo che
invitato nell'anno 1779, in occasione di una famosa siccità, che durò dal mese
di gennaio fino a giugno, invitato, dico, dal clero e dal popolo della città di
Pagani a fare una divota processione di penitenza coi suoi compagni per placare
l'ira di Dio, egli benché vecchio volle intervenirvi con una grossa corda al
collo, coronato di spine, ed asperso di cenere, e così malconcio col capo curvo
se ne andava, facendo precedere una grande immagine del santissimo crocifisso.
Arrivato fra un popolo immenso alla porta della Chiesa parrocchiale, e montato
a stento su di un pulpito ivi preparato, al solo vederlo in quell'abito penitente
tutti si compunsero. Ma non ebbe detto appena rivolgendosi al crocifisso queste
poche parole: Gesù mio, hai ragione di
castigarci, che le grida, i gemiti, ed i pianti gli spezzarono la parola in
bocca, ed ottennero dal Signore la grazia bramata.
Che
se dalla frequente contemplazione della passione di Gesù Cristo e dallo studio
indefesso per ingerire nel cuore altrui una tale meditazione, chiaramente si
conosce, qual sia l'amore di un'anima verso Gesù Cristo; avendo Alfonso
praticato questo gran mezzo, ed in un modo così fervente sia per ispirare
nell'animo de' fedeli la dovuta riconoscenza verso la carità di Gesù Cristo,
sia per crescere nel proprio cuore le fiamme del divino amore, è d'uopo
conchiudere, che sia stato il santo veramente singolare per la divozione alla
divina passione: dominicae passionis
contemplator assiduus.
Era
pertanto di avviso il nostro santo, che la passione di - 146 -
Gesù Cristo debba formare il soggetto più ordinario
delle nostre meditazioni.
Facendo
una volta la solita esortazione sabatina a' suoi congregati, e parlando della
rinnovazione di spirito, perché cadevano gli annuali giorni di ritiramento,
così si espresse: " Rinnovatevi ancora nello spirito della santa orazione.
Tutte le meditazioni sono buone, ma quella della passione di Gesù Cristo è la
più utile. Qui non ci dobbiamo fermare alla scorza, ma penetrare nell'umiltà,
nella mortificazione, nelle pene del Redentore. Palemone non volle mangiare la
minestra nel giorno di Pasqua coll'olio, perché disse: Dominus meus crucifixus est. Io non voglio dirvi, che non dovete
contentarvi della mezz'ora: modicum orat,
qui tantum orat, cum genuflectit. Almeno fate bene l'orazione assegnata
dalla regola."
E
nella esortazione fatta il giovedì santo del 1757, per la lavanda dei piedi
disse: "Fratelli miei, terminando la quaresima e la settimana santa, non
ha da finire la meditazione della passione di Gesù Cristo, perché ivi si
comprende, quanto Gesù Cristo ci ha amato, e quanto ha patito per noi. Io non
ve lo do per ubbidienza, ma fatelo almeno nella mezz'ora del giorno. Io per me
miserabile vi confesso con verità, che non lascio mai di farla, né so altro
meditare, perché là ci ritrovo tutto.
Così
si vedrà l'osservanza di altra maniera, si faranno gli esercizi di missione
d'altra maniera, e si abbracceranno i disprezzi e le fatiche di altra
maniera."
Così parlava della passione di Gesù Cristo questo santo, il quale anche
asseriva: Chi tiene avanti Gesù
crocifisso, non può fare a meno di amarlo.
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