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Cap. 21
SUA PREDICAZIONE.
Lo
zelo, al dir dell'Angelico, sotto qualunque aspetto riguardar si voglia, trae
la sua origine dalla carità: Zelus
quocumque modo sumatur, ex intensione amoris provenit. Per tal guisa debbe
dirsi non solo amante di Dio, ma altresì del suo prossimo, chiunque s'impegna a
tutta possa per procurare la salvezza spirituale delle anime; nel che consiste
la divina gloria giusta il detto del Salvatore del mondo, il quale
nell'evangelizzare il regno di Dio protestossi, che non ricercava la propria
gloria, ma quella del divin Padre.
Altrettanto
può dirsi di Alfonso Maria de Liguori. Egli fu l'apostolo più zelante del suo
secolo; e di lui asserì il sommo Pontefice nel decreto della sua
beatificazione, essere stato la norma degli operai evangelici, ed essere stato
inviato dal Signore non solo per eccitare i popoli alla penitenza, ma per far
da per tutto rifiorire la virtù e la pietà, dove trionfava l'iniquità ed il
peccato: Directus divinitus in
poenitentiam gentis, et in diebus peccatorum corroboravit pietatem. Di
fatti sta detto ad onor di Alfonso nelle lezioni del suo Officio, che con tanto
zelo applicossi alla distruzione del vizio, da ottenere innumerevoli
conversioni di anime: Tanto zelo irruit
in vitia, ut ingentes perditorum hominum conversiones perageret.
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Prima d'inoltrarmi a ricordare il tanto bene da lui operato è d'uopo osservare,
che inviato il nostro apostolo a ristorare con la sua predicazione i danni
cagionati alle anime dal peccato, ei si avvalse di una parola semplice e
disadorna, ma per questo stesso motivo efficace, penetrante e portentosa. La parola di Dio, diceva un dotto
religioso del suo tempo, in bocca a D.
Alfonso Liguori ha un'altra forza. Le sue parole sono altrettanti dardi, che
feriscono, e passano il cuore.
Egli
non predicava se non che Gesù Cristo, e la dottrina, che gli scorreva dal
labbro venivagli dettata dalla sapienza del crocifisso. Con questa predicazione
dié principio al suo operare evangelico; né mai vi fu circostanza, in cui per
qualunque rispetto avesse alterato la semplicità del suo dire. Ma poiché quanto
diceva eragli internamente suggerito da quell'amore, che riguarda la divina
gloria e la salvezza delle anime; quindi il suo parlare mentre compungeva i
cuori anche più induriti, era nel tempo stesso piacevole ad ogni condizione di
persone per la sua facilità accompagnata da celeste facondia.
Lo
intendevano i più idioti, perché sminuzzava ad essi il pane della divina parola
in modo da far loro intendere le astruse verità della religione: lo ammiravano,
e commovevansi anche i dotti, perché mentre Alfonso con dignità esponeva le
massime evangeliche pasceva altresì il loro spirito coll'affluenza delle
dottrine, e scorgevano in lui un operaio, il quale animato dal zelo più puro e
ardente cercava solo la conquista dei loro cuori.
Però
essendo Alfonso destinato dalla Provvidenza a promuovere non solo per sé stesso
la salvezza delle anime, ma a rendersi capo di un gran numero di operai
evangelici, nel fondare la sua Congregazione specialmente destinata a portare i
doni del Signore nei luoghi più sprovvisti di aiuti spirituali, volle
giustamente, che i suoi alunni seguissero il suo esempio, e che inviolabilmente
la loro predicazione fosse stata semplice, chiara, adatta insomma alla
intelligenza della gente più idiota. Perciò nelle sue esortazioni familiari
rammentava sovente ai suoi congregati questa obbligazione. Molto più, così egli diceva, - 192 -
dobbiamo fuggire l'uso dello stile alto e
dei pensieri sublimi nel predicare. Fratelli miei, questo mantiene lo spirito
dell'Istituto, predicare con stile basso e popolare; così ha da fare chi vuole
portare anime a Gesù Cristo. Essendogli rimproverato una volta, che lo
stile suo era basso, rispose: Io debbo
predicare in modo che m'intenda anche il servente di casa.
Ed
è celebre quel tanto, ch'ei praticò verso il rinomato autore degli Annali del
regno di Napoli D. Alessandro de Meo, come riferisce il padre Tannoia, che
udendolo un giorno di sabato predicar sulle glorie di Maria santissima, come si
pratica nelle nostre chiese, con istile alquanto elevato, e contornato da
profane erudizioni, immantinente mandò ad ordinargli, che spezzando la parola
in bocca sen calasse dal pulpito.
Per
lo stesso motivo trovandosi nella sua Congregazione della conferenza di Napoli
a farvi un sermone ai fratelli ivi radunati si trattenne a parlare della
semplicità e chiarezza, con cui deve un missionario annunziare la parola di
Dio, se vuole riportare copioso frutto dal suo dire, e non rendersi colpevole
al divino cospetto di aver tradito il suo ministero.
Per
lo stesso motivo finalmente nell'opera sua intitolata Selva predicabile, e
diretta a tutti gli ecclesiastici, i quali sono addetti alla predicazione, come
altresì in vari altri luoghi delle opere sue raccomanda con forti ragioni ai
predicatori la chiarezza e la semplicità, come quella che unicamente può
piacere al figlio di Dio umanato, capo ed esemplare di tutti gli operai
evangelici. A tal oggetto avendo composto un foglietto sulla maniera di
predicare con istile semplice ed evangelico, parlando di questo in una lettera,
così dichiara il suo zelo: Date fretta al
tipografo Pace; desidero quest'operetta quanto più presto, mentre la voglio
mandare non solo alle case nostre, ma anche a tutte le congregazioni de'
missionari, ai padri della missione, ai pii operai, ai domenicani, ed altri, e
farla leggere non solo ai superiori, ma anche ai padri e giovani delle Congregazioni a.
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Ciò posto, volendo ora narrare
quale e quanta fu la predicazione di Alfonso, basta il dare un rapido sguardo
sopra tutta la vita di lui. Egli fu chiamato da Dio ad abbandonare il secolo
nella fine del quinto lustro di sua vita: da quel momento fino al termine de'
suoi giorni, per il corso di anni 65, fu sempre consacrato interamente a
predicare il vangelo e da semplice missionario, e da fondatore, e da vescovo.
La
promulgazione della divina parola fu in lui abituale e continua; dimodoché
applicandosi con istraordinario profitto ad annunziarla fin da che ascese al
sacro ordine del diaconato, non tralasciò questo suo esercizio sino alla tomba.
Le occasioni erano continue, perché da tutti ricercato; l'ardore del suo zelo
ve lo spingeva, vedendo che il Signore accordava copiose le benedizioni alla
parola da lui pronunziata; quindi o sano, o infermo, o libero, o dalle fatiche
oppresso, non solo non ricusavasi mai di predicare, ma agognava di attendere a
questo grande ministero.
Per
tutto quel tempo, che si trattenne in Napoli prima di fondare la sua
Congregazione, veniva Alfonso richiesto o per le quarantore, o per novene, o
per discorsi, o per esercizi spirituali in tutte le chiese, non eccettuati i
monasteri di sacre vergini. In questo tempo medesimo veniva spedito dai
superiori delle Congregazioni, cui era ascritto, nei vari paesi e città di
questo regno; e da per tutto distinguevasi per le sue fatiche, nelle quali
superava sempre gli altri compagni.
Stimo
pertanto far cosa molto grata ai lettori dando qui un succinto ragguaglio di
alcuni travagli apostolici di Alfonso prima che fondasse la sua Congregazione,
come trovansi registrati nelle memorie delle varie Congregazioni di Napoli. Fin
dall'anno 1721 fu addetto alla missione nella chiesa dello Spirito Santo, e si
noti, che vi fu sempre di poi assegnato in ogni anno: tanto che per molti anni
dopo aver fondato la sua Congregazione veniva chiamato per la medesima, ed egli
non mai rifiutossi. Ma dal 1725 fu adibito poi sempre nelle missioni più
lontane da Napoli e più faticose fino al novembre del 1732, in cui diè
principio alla sua Congregazione. Quindi lo si vide nelle missioni di - 194 -
Terlizzi, di Campagna,
di Polignano, di Nardò, di Casoria, di Afragola, di Capodimonte, di Cajazzo, di
Caserta, oltre molte altre, di cui non evvi distinta memoria. In tutte queste
missioni era assegnato per lo più a far la meditazione al popolo la sera, parte
la più interessante della missione, per la veemenza del suo zelo e per l'arte
mirabile, che possedeva, di compungere i cuori. Ma divenuto capo di una
Congregazione di missionari, fu sempre il primo nell'adempiere questo uffizio
della predicazione; addossavasi nelle missioni le più strabocchevoli fatiche; e
benché tal volta fosse quasi agonizzante, pur tuttavolta non veniva meno,
perché sostenuto dall'ardore di sua carità.
Benché
infermo una volta da ventidue giorni nella nostra casa di Ciorani con
fierissimo catarro ed inappetenza, subito alzossi giulivo dal suo letto
nell'esser richiesto per una missione in diocesi di Napoli. Nella missione di
Forino benché un giorno spasimasse per acerbo dolore di viscere, pure volle
predicare. Però ricevuta avendo la pienezza dello Spirito Santo colla sacra
unzione e col carattere episcopale, se il suo zelo era stato fino a quell'epoca
cotanto fervente, acquistò un grado di ardore proporzionato alla sua carità ed
al suo uffizio di vescovo.
La parola di Dio è stata immediatamente
trasmessa da Gesù Cristo ai pastori delle anime, essendo egli il principe de'
pastori. Siccome il mio divin Padre mi ha mandato per la salvezza del mondo,
così io mando voi ad evangelizzare il mio regno per tutte le genti, disse il
Redentore: Sicut misit me vivens Pater;
et ego mitto vos. Persuaso adunque Alfonso, che questo dovere è uno de'
principali dei pastori della Chiesa, si fe' sommo scrupolo di adempirlo
esattamente.
Incominciò
la sua missione nel porre la prima volta il piede nella sua diocesi, perché
incontrato dal clero e dal popolo fino al villaggio denominato Valle, colà fece
tosto un fervido sermone, in cui diede a vedere, qual fosse lo spirito di Dio,
che lo animava. E per tutti i tredici anni del suo vescovado non intermise
giammai la predicazione. Predicava in ogni domenica e giorno festivo or nella
cattedrale, ed ora in altra parrocchia: predicava il - 195 -
sabato in onore di Maria santissima: ben sovente predicava
la sera nella visita al santissimo Sacramento; ed o fosse stato in Arienzo per
motivo di salute, o girato avesse la diocesi per la santa visita, da per tutto
osservava il medesimo tenore, e da per ogni dove diffondeva qual sole
fulgidissimo i raggi del suo zelo per vivificare e fecondare le anime affidate
alla sua cura pastorale. Né contento di promulgare da per sé stesso la divina
parola, assiduamente invitava degli operai, che mandava ora in uno ora in altro
villaggio, e faceva per mezzo loro dispensare il pane evangelico ai suoi figli.
Le
missioni poi erano continue nella sua diocesi, e per esse si avvaleva
dell'opera di tutte le Congregazioni di missionari stabilite in Napoli, non che
dei vari soggetti addetti a questo impiego negli altri Ordini regolari. Di
fatti appena ritornò da Roma dopo la sua consacrazione, volle ascriversi anche
alla congregazione così detta della conferenza, da cui cercò, ed ottenne le
missioni per la sua diocesi. Si rivolse eziandio ad alcuni missionari di
Caserta per i paesi più piccoli, tanto che durante il suo vescovado ovunque
scorrevasi la sua diocesi, ritrovavansi missionari e missioni.
Ogni
tre anni dovevan farsi queste missioni per tutt'i paesi, ed ei medesimo aveva
la sollecitudine di stabilirle, e chiamare i missionari opportuni: dirigevasi
ai parrochi, ai vicari foranei, ai baroni e principi dei rispettivi paesi,
affinché l'avessero favorito per l'abitazione dei missionari nelle loro case o
palazzi. Se alcun parroco addimostravasi renitente ad accogliere in sua casa
gli operai evangelici, ordinava, che a sue proprie spese affittata si fosse
un'abitazione conveniente. Né di ciò ancor pago, appena entrò in diocesi chiamò
intorno a sé gli ecclesiastici più capaci, gli addestrò per le missioni, e gli
spedì in vari paesi della sua diocesi, affinché in tal guisa si procurasse una
riforma generale in tutto il suo gregge. Dal che risulta non aver egli
tralasciato alcun mozzo per promulgare la divina parola, e pascere il suo
gregge: poiché l'amor suo per il prossimo nasceva dalla carità verso Dio, di
cui avendo il cuore pieno a ribocco, diffondevasi a procurarne incessantemente
il vantaggio spirituale.
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Uno zelo così fervente e coltivato da Alfonso con tante industrie non poteva a
meno di arrecare grandissimo frutto a beneficio delle anime redente da Gesù
Cristo. Se Gesù Cristo, diceva
Alfonso ai suoi congregati, anche per
un'anima sola fosse morto in croce, ancor noi per un'anima sacrificar dobbiamo
noi stessi per guadagnarla a Gesù Cristo. Se potessi fare delle missioni per
tutto il mondo, anche le farei.
In
conformità di questa sua massima, non è credibile, quanto si affaticasse per
ottenere la conversione anche di un sol peccatore. Aveva egli uno spirito di
unzione, cui resistere non si poteva anche dai più ostinati.
Nell'avvicinarsi
al luogo della missione implorava dal cielo sopra quel popolo le divine
benedizioni in unione dei suoi compagni con divote preghiere. Per tutto il
tempo della missione medesima egli non pensava più a sé stesso, ed ai suoi bisogni
corporali, ma per otto o nove ore se ne stava alla mattina quasi inchiodato ad
ascoltare le confessioni. Il quale sistema volle, che altresì fosse osservato
dai suoi alunni, ordinandosi nelle costituzioni, che per sette ore stiano i
missionari la mattina in chiesa ad ascoltare le confessioni.
E
poiché nel Capitolo generale del 1764 alcuni de' capitolari proposero
diminuirsi alquanto la lunghezza di questo tempo per non affaticare tanto i
missionari, Alfonso fu tenace del suo proposito, né permise alcuna innovazione.
Egli poi impiegava in questo uffizio, da lui riputato il più necessario,
eziandio quel tempo, che rimanevagli nella sera dopo aver terminata la predica,
e non aveva alcun riguardo a qualità di persone, fossero nobili o plebee,
considerandole tutte quale immagine di Dio e redente col sangue di Gesù Cristo.
Ad
ottenere poi sopra il popolo le divine misericordie, flagellavasi sovente nel
fine delle prediche, e ciò non solo da missionario, ma anche da vescovo, avendo
voluto egli stesso far la predica in alcune missioni ordinate nella sua
diocesi. Oltre a ciò impegnavasi ad estirpare gli scandali, a riconciliare i
nemici fra loro, a comporre le liti, a togliere qualunque disordine: ed è
costante la tradizione, che dovunque Alfonso metteva il piede, si sbandiva - 197 -
immantinente il vizio,
ed introducevasi il buon costume; imperocché oltre lo scuotere i peccatori e
convertirli, era tutto intento a stabilire perennemente il frutto della
missione.
Per
ottenere questo scopo insegnava al popolo la maniera pratica di far l'orazione
mentale, inculcava a tutti la frequenza dei sacramenti della penitenza e
dell'eucaristia, istituiva le cappelle serotine, incaricava i preti più zelanti
a leggere qualche meditazione nella prima messa di ogni giorno; e portando
anche più oltre il suo zelo formava varie Congregazioni di spirito, le quali
erano dirette da esemplari ecclesiastici per i galantuomini, per gli operai ed
artigiani, e per le donzelle.
Né
anche qui terminarono le industrie del suo zelo per la salvezza delle anime,
specialmente nella diocesi di sant'Agata. Se Alfonso da missionario cercò mai
sempre di comunicare l'ardore del suo zelo a tutti i sacerdoti delle città e
paesi, ove recavasi con la missione, molto più fu sollecito da vescovo a formare
santi e dotti operai nella vigna del Signore.
A
questo centro diresse le linee della sua sollecitudine pastorale, ben persuaso
che dove sono idonei ministri del santuario, quivi la virtù fiorisce, ed il
disordine non potrà giammai allignare; mentre essendo i sacerdoti altrettante
sentinelle collocate da Dio nella sua Chiesa a vigilare attentamente, perché i
lupi infernali non assaliscano il gregge cristiano; ove sono per conseguenza
degni ministri del Signore, il peccato o non s'introdurrà o sarà subito
cacciato in bando dall'efficacia portentosa della divina parola.
Quindi
le premure di Alfonso, affinché niuno s'introducesse nel santuario senza
vocazione e senza l'innocenza del
costume: quindi la sua diligenza, perché i suoi sacerdoti fossero forniti di
quella scienza cotanto necessaria agli ecclesiastici: quindi la efficace sua
operazione nella scelta dei parrochi: quindi il premiare con la giustizia
inviolabile, conferendo i benefizi ai più degni, senza aver riguardo a
condizione di famiglie, o a raccomandazioni di alti personaggi: quindi quei
suoi esami rigorosissimi, allorché chiamar doveva od ammettere nella sua
diocesi alcun sacerdote a predicare, od ascoltare le confessioni, di qualunque
Ordine ei fosse.
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Ma per dichiarare vie meglio il
copioso frutto riportato da Alfonso mercé la sua predicazione, è d'uopo
ricordare la somma efficacia del suo dire accompagnata dall'idea della santità
di lui.
Tale
era la fama, che lo precedeva nelle città e paesi, che al solo vederlo il
popolo si compungeva e niuno sapeva resistere alle attrattive della sua virtù.
A ciò aggiungevasi quella sua dolcezza, con cui accoglieva benignamente e con
fronte serena i più abietti peccatori, investito qual era della tenera
compassione di Gesù Cristo e della carità di lui.
Bastò
una volta per convertire un uomo indurito nel peccato il dirgli solamente
queste poche parole: Figlio mio, più di
quello che hai fatto volevi fare, per offendere Gesù Cristo ? che quel
meschino proruppe in dirottissimo pianto, e si convertì mantenendosi sempre
fedele alla divina grazia. Era poi così ammirabile nella compunzione dei cuori,
che gli bastava cantare una canzoncina spirituale per intenerire gli uditori.
Dando una volta gli esercizi nella chiesa di santa Chiara in Nocera e premettendo
alla predica una canzoncina, fu questa intesa da un soldato, il quale trovavasi
in chiesa: e tale fu la compunzione di colui, che spogliatosi dell'uniforme e
restato in camicia, si flagellò così fieramente col cinturino fino a spargere
il sangue, mentre che mandava dagli occhi un profluvio di lagrime.
Lo
stesso gli avvenne con altri senza numero, i quali compungevansi ai brevi
sentimenti, con cui quest'uomo ripieno di Dio rappresentava l'orrore del
peccato; premiando in tal guisa il Signore quel suo zelo in accogliere con la
maggiore carità i peccatori. Perciò fra tutte le opere l'esercizio della
confessione era a lui il più caro, mentre diceva ai suoi congregati, che
nell'amministrare il sacramento della penitenza si faceva l'opera più gradita a
Dio e più profittevole alle anime. Più gradita a Dio, perché si applica il
sangue preziosissimo di Gesù Cristo a quelli, che sono divenuti schiavi di
Satanasso, specialmente allorché sono invecchiati nel peccato. Sono questi, così egli esprimevasi, quell'unica pecorella smarrita, di cui Gesù
Cristo, lasciando le altre novantanove, andò - 199 -
in cerca per
mettersela sulle spalle, e ricondurla all'ovile.
Più
profittevole per le anime, mentre nel tribunale di penitenza il ministro di Dio
può comunicare con maggiore efficacia, ed istallare nella mente altrui l'eterne
verità. Allorché si predica, ha detto
egli molte volte, la parola di Dio
colpisce solamente l'aria, o per la sbadataggine degli ascoltanti, o per altri
motivi di distrazione, che non fanno penetrare la forza delle verità
evangeliche. Non così al confessionale, dove parlandosi al cuore del penitente,
la parola divina suol riuscire sempre più efficace oltre di che esercitandosi
con tal ministero tante virtù di umiltà, di pazienza, di mortificazione, suole
Iddio concorrervi maggiormente coll'influenza di sua grazia.
Alfonso
dimenticava affatto sé stesso nell'esercizio di questo ministero; qui riponeva
tutta la sua gloria, dove meno era la gloria degli uomini; non risparmiava né fatiche,
né incomodi, e neanche la medesima vita. Ripetendo le parole del Salvatore, che
il suo cibo consisteva nell'adempire la volontà di Dio, riducevasi tal volta
fino all'inedia nel protrarre fino all'ora avanzata l'adempimento di
quell'opera, che a suo parere recava tanto vantaggio alle anime.
Ma
io non darei mai fine a questo capitolo, se tutte qui rapportar volessi
distintamente le operazioni riguardanti lo zelo di quest'eroe della Chiesa, il
quale fu eminentemente apostolo di Gesù Cristo. Mi basti per ultimo raccogliere
succintamente alcuni fatti. Nelle missioni oltre l'addossarsi quasi sempre
l'esercizio della predica al popolo, la quale come ognun sa è la più faticosa,
ben sovente giungeva a predicare due o tre volte il giorno, incaricandosi altresì
degli esercizi spirituali ai preti e galantuomini.
Dal
che avveniva, che le genti accorrevano in folla ad ascoltarlo attirate dalla
fama del suo spirito; e specialmente negli anni, in cui fu vescovo, dicevansi
l'un l'altro: predica monsignore, e
tosto si vuotavano le case per la brama di ascoltarlo. In occasione poi di
qualche divino castigo il santo prelato facevasi a predicare nelle pubbliche
piazze, ed erano sì veementi le sue espressioni, che anche i - 200 -
più perversi si
ravvedevano. Sentendo che celebravasi in qualche paese di sua diocesi la festa
di un santo protettore, correva subito a farvi un sermone per infervorare il
popolo, e per allontanare i bagordi ed i disordini.
E
poiché non cessò di annunziare la divina parola anche dopo essere divenuto col
collo curvo, e quasi storpio intieramente, il suo gregge vedendo l'amato
pastore oppresso da tanti mali strascinarsi tuttavia per pascerlo col cibo
della divina parola, prorompeva in dirottissimo pianto. Videsi pertanto la sua
diocesi ben tosto santificata.
Nelle case e
nelle campagne ascoltavansi solamente canzoni spirituali, nelle chiese
praticavasi da ogni ceto l'utile esercizio della orazione mentale, e somma
riverenza risplendeva in ognuno stando nella casa di Dio, la modestia campeggiava
particolarmente nel sesso donnesco, il timor di Dio regnava generalmente in
tutto il suo gregge, e la diocesi di sant'Agata addivenne per l'opera sua un
giardino fiorito di virtù e di santità cristiana. Di modo che pervenuta in
Napoli la notizia, che il vescovo di sant'Agata dei Goti era gravemente
infermo, e che gli si era di già amministrata l'estrema unzione, due
galantuomini di sua diocesi ne piansero pel rammarico, ed esclamarono in una
conversazione: Voi non sapete il gran
bene, che ha fatto in sant'Agata, e sta facendo monsignor Liguori. Se muore, la
nuova della morte di lui porterà il lutto in tutta la diocesi.
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Posizione Originale Nota - Libro V, Cap. 21, pag. 192
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