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P. Celestino Berruti
Lo spirito di S. A.M. de' Liguori

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  • Cap. 23 SUA ABILITA' E SAVIEZZA NELLA DIREZIONE DELLE ANIME.
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Cap. 23

SUA ABILITA' E SAVIEZZA NELLA DIREZIONE DELLE ANIME.

 

Alla virtù dello zelo deve anche riportarsi quella grande abilità e saviezza di Alfonso nel dirigere le anime specialmente per la via della perfezione. Questa scienza si apprende dal crocifisso, cioè alla scuola dell'amor di Dio, più che dalla cattedra, e sui volumi, essendo la direzione degli spiriti infusa dal duce della sapienza, e direttore dei sapienti Iddio: Dux


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sapientiae, et sapientium emendator a Avvegnaché nelle mani di lui sta la norma del retto operare, e del ben discorrere, la sapienza regolatrice degli uomini, la cognizione delle cose occulte, la disciplina del costume: In manu illius et nos, et sermones nostri, et omnis sapientia, et operum scientia, et disciplina  b.

Ora a questo fonte attinse Alfonso la vera scienza di penetrare gli andamenti dell'uomo per ben dirigerlo nelle vie della giustizia. Dotato dello spirito d'intelligenza, di santità, e di amore, egli umano, benigno, stabile, ed acuto, scorgeva le varie tendenze del cuore, e stendendosi colla sua carità indistintamente al vantaggio di tutti, diffuse le regole della vera santità; costituì i veri amici di Dio, e fu a guisa di un sole splendidissimo per tutto il tempo del suo apostolato.

Fra le anime dirette dal santo bisogna per altro distinguere quelle, che per mezzo di lui uscivano dallo stato di perdizione per incamminarsi nella via dell'eterna salvezza, e quelle le quali per l'innocenza del costume, o per la professione religiosa erano di già entrate nella via della perfezione. Or fu ammirabile Alfonso nel regolare le une e le altre, ed i tanti suoi documenti, oltre la impronta di una rara saviezza, propria soltanto di chi era stato eletto da Dio ad un apostolato veramente singolare, portano altresì il carattere del santo, il quale è stato costituito da Dio maestro delle genti. Non possono quindi non riuscire di somma utilità a chi li legga, li ponderi, e ne faccia a sé medesimo l'applicazione giusta il suo bisogno e le disposizioni dell'anima sua.

E per cominciare dal suo metodo nel regolare le anime, le quali presentavansi ai suoi piedi per incominciare una vita novella, mi piace di trascrivere qui le sue medesime parole:

" Si devono accogliere con tenerezza di padre senza dare alcun indizio di noia, o di avversione, potendo ogni anima divenire gran santa. Deve darsi loro ogni adito a scoprire le proprie


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miserie, ed aiutarli con interrogazioni discrete in quello, che essi mancassero di dichiarare bastevolmente; ed intanto il confessore si raccomandi al Signore, acciò gli partecipi quell'amore e compassione necessaria per tale uffizio, che è di esercitare verso il peccatore tutte le opere della misericordia spirituale. Finita la confessione, si deve rappresentare loro dolcemente, ma con vigore, la gravezza dei peccati, la miseria dello stato, i pericoli della dannazione, l'ingratitudine ai beneficii di Dio, l'abuso della sua pazienza, ed altri simili motivi, secondo che si osserverà qual colpo fanno sul loro cuore.

Appresso s'insinuerà loro amorosamente, che il loro male non può guarirsi con medicamento istantaneo, ma che richiede la cura di alcuni giorni: così richiedere il loro vero bene, il rispetto del sacramento, e la coscienza del confessore. Si prescriverà loro di leggere ogni giorno qualche libro, che risvegli la compunzione, di ricorrere al Signore ed alla beata Vergine tre volte il giorno, di fare qualche limosina, ed altri sifatti rimedi, che si stimano utili e convenevoli. Intanto il confessore preghi caldamente, e faccia qualche esercizio di penitenza per impetrare al suo penitente una copiosa misericordia. Quando il confessore potrà prudentemente assicurarsi, che siano veramente compunti e capaci dell'assoluzione, li deve soprattutto consigliare ad eleggersi un confessore stabile, e di molto zelo, che possa aiutarli; e se eleggono lui stesso, accettarli di buon grado ". Con questo metodo potette Alfonso asserire di sé medesimo, che non si ricordava di avere licenziato qualche penitente senza il beneficio dell'assoluzione; imperocché per quel dono sublime dall'alto a lui conferito di compungere il cuore de' peccatori, e di richiamarli a vera penitenza, non solo nel bandire dal pergamo la divina parola, ma eziandio nell'amministrare il santissimo sacramento della penitenza, possedeva un tale spirito di unzione, che chiunque si portava ai suoi piedi per confessarsi, lo compungeva in maniera, che lo convertiva davvero a Dio. Questo dono rilusse nelle continue confessioni dei peccatori,


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che il santo udiva. Egli non solo possedeva una maniera soave d'internarsi nel cuore dei penitenti per farli accusare ogni più enorme peccato ad onta di qualunque rossore, ma sapeva lor suggerire tali e sì incalzanti motivi sulla bontà di un Dio offeso, che penetrava i cuori più duri, e li discioglieva in lagrime di vera contrizione; dimodoché chiunque a lui presentavasi, benché ostinato, doveva compungersi: e queste conversioni, che egli otteneva così animato dallo spirito di Dio, non furono soltanto sincere, ma stabili ancora e permanenti.

Quindi il santo apprezzava grandemente l'uffizio di confessore, come quello, che promuove soprattutto il bene delle anime, siccome può rilevarsi da una sua risposta ad un nostro congregato, il quale per i suoi scrupoli era renitente a confessare. "Dite ai piedi di Gesù Cristo: io voglio fare quel che piace a voi, non quel che piace a me. Gesù Cristo vi risponderà: quel che piace a me è che tu faccia l'ubbidienza dei superiori: Qui vos audit, nie audit. Ma io trovo scrupoli a far quest'uffizio.

Ma trovatemi un confessore timorato di coscienza, il quale confessi senza scrupoli. Se valesse quel che  scrivete, niuno avrebbe da confessare più. La regola è che dopo aver confessato non si pensi più a quel che si è fatto, basta che avvertitamente non si è voluto fare un errore, dico deliberatamente. Voi eravate morto, e Dio vi ha restituita la sanità, acciò l'impiegate a far la sua volontà, e voi ve ne volete esimere? Quando poi vi sentite qualche incomodo corporale, spiegatelo al superiore, e poi fate l'ubbidienza, e non dubitate per gli scrupoli. Come potete pensare, che Dio voglia mandare all'inferno uno che fatica per dargli gusto ? Via su fate quel che vi dice l'ubbidienza, e non dubitate " c .

Da questo conforto del santo, il quale fa a proposito per tutti i confessori e direttori di anime, si raccoglie altresì, qual fosse lo spirito di Alfonso nell'adempimento dell'uffizio di confessore.


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Zelante del pari e ripieno di sapienza celeste fu il ministero di Alfonso nel dirigere le anime per la via della perfezione; ed i suoi ammaestramenti per l'esercizio delle virtù evangeliche infiammarono tutti coloro, che si diressero a lui negli affari di loro coscienza per il buon andamento della vita spirituale. Per queste anime predilette a Gesù Cristo nutriva il santo la più scrupolosa sollecitudine; risparmiava fatica per istruirle, per confortarle, per condurle a maggior perfezione.

Ripieno qual era dello spirito di Dio comunicava a chiunque gli si accostasse quel fuoco, che internamente lo bruciava. I suoi affetti erano così puri, le sue massime così savie che tutti ne riportavano l'avanzamento nella vita spirituale, e desiderio di crescere vieppiù nell'amor di Dio. Però le anime soggettate dal Signore alle prove dell'amor suo formavano la parte più interessante del suo zelo.

I suoi documenti intorno alla condotta da tenersi nelle desolazioni di spirito, nelle afflizioni, nei turbamenti venivano così opportuni, che la serenità ritornava subito allo spirito oppresso, e la calma dava luogo a maggior fervore nel divino servizio. Non potendo qui registrare il numero incalcolabile delle anime dirette da lui nella via della perfezione, farò menzione solo di alcune, e degli ammaestramenti, con cui ne regolò lo spirito, onde la sua saviezza risplenda vieppiù, e sia di utile istruzione ai lettori.

La prima, che mi si presenta, è suor Maria Maddalena Desio del Crocifisso religiosa nel Conservatorio di s. Maria Maddalena sopra Gesù e Maria in Napoli. Quest'anima eletta si pose sotto la direzione del Santo nella sua tenera età di anni 12, fin da che egli conviveva nella Congregazione dei cinesi; e seguitò a regolarsi con lui nello spirito per tutto il tempo, che stette in Napoli, ed anche per qualche anno dopo aver fondata la sua Congregazione; giacché in quel tempo ritornava di quando in quando nella capitale per l'avviamento del suo istituto. Di poi per suo consiglio fu regolata prima dal padre D. Nicola Vinaccia, e morto questo, dal padre D. Gennaro Fatigati, ammende compagni ed amici del santo nella suddetta


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Congregazione de' cinesi, ed a lui poco dissomiglianti nello spirito. Ora quest'anima singolarmente a Dio cara fu sottoposta alla dura prova di una infermità, che la tenne inchiodata nel letto per anni trentaquattro. Dopo cinque o sei mesi, dacché già stava confinata nel letto, ebbe la consolazione di rivedere il suo antico confessore, e di conferire con lui.

Ora in questa visita raccomandandosi la paziente ad Alfonso per la sanità corporale, egli illustrato supernamente le rispose: Non pensate alla salute. E come, ripigliò la religiosa, non debbo pensare alla salute ? Ma replicò il santo: Io vi dico di non pensare alla salute: da questo letto dovete passare al paradiso. Partito il santo dalla stanza dell'inferma, s'intese per tre giorni continui da chi vi entrava un odore molto grato, ma che non sapevasi distinguere; di modo che le religiose dimandavano all'inferma, che sorta di odore avesse sparso nella sua stanza. E poiché non mai la medesima avea usato odore alcuno, si comprese essere ciò avvenuto in confermazione di quanto aveva il santo manifestato all'inferma. E si noti, che l'infermità di lei non gli era nota qual fosse, mentre né essa, né altre gliene avevano parlato; anzi allora non era ancor disperato il caso della guarigione. Dopo altri due anni ritornò Alfonso a visitare la detta sua penitente inferma. Eletto vescovo di sant'Agata, prima di partire per Roma la visitò di nuovo.

Finalmente fatto decrepito il santo, poiché la suddetta oltre le pene corporali fu sottomessa da Dio a molte tribolazioni spirituali, mandò a Pagani un sacerdote, il quale in suo nome conferito avesse con Alfonso. Il santo le mandò la sua benedizione con molti ricordi, che le alleggerirono i travagli, e ne ricavò gran sollievo il suo spirito. Questa religiosa carteggiavasi sovente col suo direttore, e n'ebbe sempre mirabili ed utilissime risposte; ma non si è rinvenuta, che una sola lettera, ed è appunto quella da noi trascritta nel capitolo della conformità alla volontà di Dio.

L'altra religiosa lungamente diretta dal santo viveva nel monastero di Camigliano. Intorno al regolamento di lei esistono


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molte lettere specialmente nella raccolta delle medesime però ne trascrivo qui una sola inedita, la quale in complesso racchiude lo spirito di Alfonso circa la norma della perfezione; e fu scritta da lui, mentre stava nella Villa degli schiavi. "Mi confondo nel sentire il profitto, che opera Gesù Cristo nell'anima vostra per mezzo delle mie lettere: sappiate però che quantunque io debba da qui partire, nulladimeno non voglio lasciare di aiutarvi come posso. Avvertite da oggi avanti a discacciar la pena, che vi la vista delle vostre imperfezioni: meglio è allora con pace più fidarvi di Dio, e più abbandonarvi nelle sue braccia amorose; mentre tutta la nostra confidenza non sta nelle opere nostre, ma nella sua bontà infinita, che non discaccia alcuno, il quale lo cerchi di vero cuore.

Per l'orazione non v'inquietate affatto delle distrazioni: quando vi avvedete delle distrazioni, tornate a Dio, ma con soavità e senza sollecitudine: cercate sempre di unirvi con Dio con la volontà, ma sempre con atti soavi e senza violenza. Leggete un poco, e poi lasciate; e contentatevi di camminare per quella via di fede oscura, che è la più sicura per farvi santa, né cercate di trovare Dio coi sensi, basta trovarlo coll'amor puro e con la volontà; e nell'orazione raccomandate sempre i peccatori, specialmente quando state desolata, e le anime del purgatorio, specialmente le più divote del santissimo Sacramento e di Maria santissima.

Per ora non posso venire, contentatevi della volontà di Gesù Cristo; tanto più che ora non istimo necessaria la mia venuta pel vostro spirito, benché vedo, che vi sarebbe di consolazione sensibile; ma tutte queste consolazioni dovete sempre sacrificarle all'amore di Gesù Cristo, che visse sempre desolato su questa terra. Attendete come maestra delle novizie ad insegnare più colle opere, che colle parole; e le parole siano sempre con dolcezza, sfuggendo per lo più di correggere in pubblico, e dopo le correzioni fate sempre seguire le parole di dolcezza " d .

Si sa, che questa


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religiosa così guidata da Alfonso pervenne ad alto grado di perfezione, che il santo se ne prese tutta la cura, né tralasciò di andare personalmente a dirigerla, finché gli fu permesso, cioè fino alla sua elezione al vescovado.

Singolare parimente fu la direzione praticata verso un'altra religiosa del monastero di s. Marcellino in Napoli per nome D. Brianna Carafa. Nella raccolta delle lettere del santo si trova il lungo suo carteggio con la medesima. I sentimenti di distacco, di umiltà, di mortificazione, di ubbidienza, di annegazione, di rassegnazione sono tanto sublimi e savi, che ben si scorge, qual fosse lo spirito di Alfonso nel dirigere le anime per la via della perfezione.

Ma oltre il carteggiarsi con lei, il santo ogni qual volta andava in Napoli, si recava a dirigerla nel confessionale. Questa religiosa ebbe la vocazione straordinaria di andarsi a racchiudere fra le eremite perpetue di suor Orsola. Alfonso esaminò la vocazione di lei con molta ponderazione, e conobbe essere da Dio: lo stesso opinarono vari altri insigni direttori di spirito, ai quali fu affidata dal santo. Nondimeno si suscitò un'aspra battaglia contro di lei nel suo monastero per tale risoluzione: quindi l'arcivescovo fu sempre avverso; né potette la religiosa conseguire il suo divisamento.

E' ammirabile la condotta del santo in tale congiuntura. Mentre è convinto della celeste vocazione, vuole non per tanto, che la religiosa sia tranquilla nella negativa ricevuta, certa di adempiere la divina volontà, sia allorquando manifestò la divina chiamata, e si esibì pronta di ubbidirvi, come allorquando le ne fu impedita l'esecuzione. Non rare volte il Signore si compiace d'infondere nelle anime il desiderio ed anche la vocazione ad uno stato più perfetto, o a compiere qualche opera straordinaria di sua gloria, benché nei suoi eterni decreti non siane fissato l'adempimento. Ciò non ostante sempre meritevole di ugual maniera si è la prontezza dello spirito alla sua divina chiamata.

Soprattutto risplende però la saviezza di Alfonso nella direzione di suor Maria Celeste religiosa nel monastero del santissimo


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Salvatore in Scala. Ognuno sa, che il Signore si servi dell'organo di questa sua serva per ispirare al santo la sua volontà intorno alla fondazione di una nuova Congregazione, la quale avesse per fine principale di attendere alla coltura spirituale delle anime più abbandonate e disperse nei villaggi. Niuno ignora, che se Alfonso s'intese spinto nel suo interno ad intraprendere quest'opera di somma gloria di Dio, non si risolse tuttavia a riconoscere nei detti della medesima il volere del cielo, se non allorquando ne fu assicurato dal suo direttore spirituale monsignor Falcoia, e da tutti i più savi e santi ecclesiastici del suo tempo, i quali furono consultati da lui in Napoli.

Questa occasione legò in intima amistà di spirito Alfonso e la predetta religiosa; la quale incominciò da quel momento a dipendere da lui nelle cose di sua coscienza, e da monsignor Falcoia per avviso dell'istesso santo. Ma inoltratasi l'opera della fondazione, ed aggregati ad Alfonso alcuni compagni, i quali si prefiggevano altro fine, la detta religiosa lasciò la direzione del santo, e di monsignor Falcoia; e sedotta in certo modo dalle idee stravaganti di uno di essi compagni, pretese di aver parte nel formare le regole del nuovo Istituto.

Appena si avvide Alfonso, che la sua penitente era in pericolo d'invanirsi, e di perdere intieramente il fervore dello spirito col deviare dalla retta strada dell'umiltà, armatosi di zelo le dirige una lettera, in cui si ammira non meno la libertà del suo cuore, che la somma perizia nello scorgere gli agguati, a cui l'infernal nemico può tradurre le anime anche più ferventi nel divino amore. Le raccomanda da prima, anzi le ordina di leggere il suo foglio con tutta rassegnazione, e di far l'orazione mentale sul contenuto di esso almeno per tre giorni. Indi così comincia ad incalzare la infedeltà di lei con una veemenza straordinaria di zelo: " Ditemi, perché avete lasciato monsignor Falcoia, il quale è santo, è illuminato, come tante volte mi avete detto, e sapete certo, che ve l'ha dato Dio e per tanti anni vi ha guidato così bene da doverne sempre ringraziare Dio colla faccia per terra? Che male avete scoperto


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nell'anima sua? In qual precipizio vi ha fatto cadere? L'avete lasciato, perché vi inquietava col tenervi umiliata? Ma questo, sorella mia, non vedete, che era assolutamente necessario per soggiogare il vostro spirito altiero, e per non farvi affezionare al vostro giudizio proprio, difetto conosciuto non solo da lui, ma dagli altri ancora; difetto, di cui diceva s. Filippo Neri, che non vi è cosa più pericolosa per la vita spirituale; e s. Giovanni Crisostomo diceva, che sta in maggior pericolo un santo, il quale si fida di , che ogni altro il quale si fa guidare? Ed un altro santo diceva, che chi crede a sé stesso, non ha bisogno di demoni, che lo tentino. Chi dunque vi ha approvato di lasciare monsignor Falcoia ? I lumi di Dio, la quiete dello spirito, gli affetti? Ma chi vi approva questi lumi, questa quiete, questi affetti per veri e buoni? Forse vi ha assicurata N. N. ?

Ma se vi è sospetto Falcoia, il quale vi ha sempre umiliata; molto più dovete tener per sospetto il giudizio di N. N., mentre sapete, che questi vi stima più che santa Teresa, e vi è andata decantando per tutto, che vi approva tutto, che dipende da voi; dal che dovrebbe guardarsi ogni padre spirituale. Ah ! come è avvenuta questa rovina? Come vi siete così allucinata? Dov'è la vostra antica e bella ubbidienza? Dove quella umiltà, con cui desideravate di essere disprezzata e disapprovata da tutti?" e

Questa parenesi, la quale per lo stile, per la forza, ed eloquenza sembra trascritta dalle opere del grande Ambrogio nei suoi rimproveri ad una vergine caduta dall'illibato candore di sua purità, viene di poi seguita da documenti così salutari e sublimi, che appalesano Alfonso qual eccellente maestro di spirito fin dai primordi del suo ministero, giacché contava allora pochi anni del suo sacerdozio.

Ma per far meglio ravvisare lo spirito e la saviezza di Alfonso nella direzione delle anime, stimo opportuno di rassegnare una breve analisi dei suoi documenti per l'avanzamento


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nella perfezione, e per la custodia gelosa dell'amor di Dio. La prima lezione, che egli dava da chi dirigevasi da lui, si era il distacco da tutto, ed anche dal proprio direttore.

Appena si accorgeva, che alcuno prendeva molto interesse della sua sanità, ovvero desiderava di vederlo, immantinente si scagliava con tutto zelo a reprimere e rintuzzare ogni sensibile tendenza del cuore umano, volendo che si amasse solo Dio, ed a lui solo fosse rivolta tutta la volontà. Tanta inquietudine, che io sto ammalato, così scriveva ad una monaca sua penitente, la quale si affliggeva, che egli stava infermo, non va bene. ogni affetto, che si porta alle creature, quando è soverchio, benché onesto, impedisce l amore a Gesù Cristo: onde bisogna staccarvi da ogni affetto, altrimenti non sarete tutta di Dio. E perciò se volete essere tutta di Dio, bisogna che non ci pensate, se io sto bene, o infermo, basta che vi stia bene Gesù Cristo, il quale si merita tutto l'amore  f .

Ed alla medesima, che anche si affliggeva di non vederlo, quando andava in Napoli, replicava in una lettera: Io voglio, che tutto l'affetto lo mettiate a quell'immenso bene, il quale merita tutto l'amore, tanto più, che quando io vengo a Napoli, vengo pieno di affari, e procuro di fuggire al più presto; e non vedoparenti, né amici  g .

Ad un'altra poi che aveva perduto il padre spirituale, dava i seguenti avvisi: "Già so, che il Signore vi ha privata del vostro padre spirituale, e sapeva ancora, che state molto afflitta: ma dovete sapere, che quanto noi abbiamo di buono in questa terra, tutto ci viene da Dio; onde se Dio vi aveva mandato questo buon padre spirituale, e poi lo stesso Dio ve l'ha tolto, perché tanta afflizione? Se vogliamo aver parte al paradiso, dobbiamo volere quel che vuole Dio. Onde se Dio ha voluto togliervi quel che egli vi aveva dato, perché non dovete starne contenta? E' vero, che era la vostra guida spirituale, ma non dovete affliggervi;


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poiché quello stesso Dio non mancherà di mandarvene un altro, il quale vi guiderà per la via del paradiso " h .

Esigeva poi dalle anime, che a lui si dirigevano, un fervore sempre crescente nel divino servizio. Perciò non cessava di spronarle al desiderio della maggior perfezione sia con la voce sia con le lettere. "Il Signore vi chiama alla perfezione (ecco come si esprimeva con una religiosa nel monastero di Cava), onde state attenta a non intiepidirvi, perché le anime chiamate da Dio con amore speciale alla perfezione, ed a camminare per la via stretta della virtù, se si abbandonano alla vita tiepida, stanno in gran pericolo di perdersi. Oltre il distacco, vi raccomando la delicatezza della santa povertà e dell'ubbidienza: qui consiste la maggior perfezione religiosa. Vi raccomando anche la carità con tutte, e la mansuetudine nel sopportare con pace le riprensioni e i disprezzi; e render bene a chi vi perseguita. E nell'orazione apparecchiatevi alle cose contrarie "i

Queste erano le virtù, che il santo inculcava sempre alle religiose in modo particolare, come che su di esse sta poggiato l'edificio della perfezione.

Difatti una monaca di santa Maria dei miracoli, la quale sin da educanda era stata istruita da Alfonso nella vita religiosa, attestava dopo la morte di lui, che egli le insegnava il perfetto distacco da tutti e da tutto. Le scriveva, che soffrisse tutte le contraddizioni e le avversità con rassegnazione, dicendole, che il paradiso si acquista coi disprezzi e non con le carezze: le inculcava di non calare alle grate: l'animava ad ubbidire ciecamente ai superiori e direttori, insinuandole di essere forte nelle grandi afflizioni, che avrebbe avute, come difatti avvenne. Finalmente asseriva, che essendo ella caduta nella tiepidezza dello spirito, il santo la fece rimettere sul sentiero della perfezione, e ripigliare l'antico fervore: dopo di che partì per Roma a consacrarsi vescovo.


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Dal tenore serbato da Alfonso nella direzione di queste anime elette si scorge ad evidenza non solo la sua somma sapienza ma altresì quello zelo, che lo animava a promuovere la santificazione di tutti, ed in particolar modo di quelli, che si erano consacrati al Signore. Quindi benché tante gravi occupazioni lo trattenessero, sapeva nondimeno trovare il tempo opportuno per scrivere le sue lettere di direzione, le quali erano sempre ripiene di salutari documenti giusta il bisogno di quelli, a cui scriveva. Che se egli protestavasi di essere pronto a dar la vita per una verginella, che si consacra tutta a Dio, chi potrebbe esprimere i suoi sentimenti divini sulla vocazione religiosa e sui mezzi di conservarla?

Chi potrebbe abbastanza ridire il suo zelo per incamminare, e condurre nella via della perfezione tutte le religiose, che gli scrivevano per consiglio, ovvero che dipendevano da lui negli affari del loro spirito? Questo santo ardeva tanto del divino amore, che avrebbe voluto incendiarne tutti i cuori; perciò trovando in queste anime una terra ben disposta, vi gettava con alacrità il seme divino dei suoi santi ammaestramenti; onde gran fiamma di carità accendeva nei loro cuori. Alle volte non potendo rattenere gl'impeti del suo fervore, aspergeva le sue lettere di questo santo fuoco con una vivezza, e con un linguaggio tutto particolare, e che non può ascoltarsi senza la commozione e vantaggio dello spirito.

Ne registrerò un solo tratto preso da una lettera alle religiose di Scala: " Di quando in quando mi rivolgo verso il vostro paese, e vi dico: o anime innamorate, amate Gesù. Amate dunque, non perdete un momento; gli potete dare gran gusto: e ricordatevi, che egli vi sta amando ogni momento. Parlategli spesso specialmente al coro, quando lo visitate nel Sacramento, e parlategli di amore più che di ogni altra cosa, giacché egli gode, che gli si parli di amore. Amate Gesù, e soprattutto amate il suo bel cuore divino, la sua bella volontà: né poi vi curate, se siete derelitte o accarezzate da questo sposo divino. Unitevi tutte alla sua volontà, e poi dite: Signore, ci basta il tuo gusto, la tua


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gloria. Questo sia l'unico vostro interesse, che Dio resti intieramente glorificato su di voi, e poi vengano le disgrazie, gli abbandoni, le croci, le tempeste, le tenebre, le desolazioni; tutto sia benvenuto, perché così piace a Dio: sempre è l'istesso Dio buono, degno d'esser amato, e benedetto per tutti i secoli " "j. Che sublimità di sentimenti! Che forza di carità!

Non è dunque a maravigliare, se quest'uomo così savio e tanto zelante andasse da per tutto in gran fama di santità, e tutti gli ordini di persone ne apprezzassero grandemente il consiglio e la direzione, specialmente nelle agitazioni del loro spirito. Le sue parole avvalorate dalla sapienza celeste, accompagnate dall'unzione divina, avevano l'abilità di quietar la coscienza, restituire la calma, e dirigere santamente.

Andato un sacerdote di Vitolano a ritrovarlo in Arienzo per avere suoi consigli, e per dar sollievo al suo spirito, dopo averlo inteso gli disse: Prega, prega assai, e chi dice che chi prega non ottiene è un eretico: prega che avrai la grazia, e sarai consolato. E dopo alcuni regolamenti lo rimandò tutto consolato. Nella missione di Amalfi viveva angustiata una signora da molti scrupoli, né alcun altro direttore aveva potuto tranquillizzarne la coscienza. Confessandosi al santo, egli la consolò, e poi le impose, che ogniqualvolta si sentisse agitata, ripetesse queste parole: D. Alfonso mi ha ordinato di non pensarvi più; e da quel punto non fu più angustiata.

Un'altra molto scrupolosa, ma non sottomessa alla voce dei confessori, essendosi anche confessata al santo sentì intimarsi: Figlia, tu morirai pazza. E così verificossi, perché ritrosa sempre a far l'ubbidienza, benché molte volte si carteggiasse con lui, e ne avesse la medesima risposta, finalmente impazzì. Con questa sua penetrazione e con la sua inarrivabile carità rendeva Alfonso facile e piana la via della santità: le sue belle maniere lo facevano insinuare in tutti i cuori, e li guadagnava a Gesù Cristo, per lo che tanta messe poté presentare al gran Padre celeste di anime convertite e santificate.

 

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Posizione Originale Nota - Libro V, Cap. 23, pagg. 214, 216, 219, 222, 223, 224, 226




a Sap. c. 7



b Sap. c. 7



c Lett. Ined.



d Lett. Ined.



e Lett. Ined.



f Raccolt. di lett.



g Raccolt. di lett.



h Raccolt. di lett.



i Lett. Ined.



j Lett. Ined.






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