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P. Celestino Berruti
Lo spirito di S. A.M. de' Liguori

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  • Cap.17 SPECIALE E TENERA DIVOZIONE DI ALFONSO ALLA GRAN MADRE DI DIO.
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Cap.17

SPECIALE E TENERA DIVOZIONE DI ALFONSO ALLA GRAN MADRE DI DIO.

 

Quantunque tutt'i diletti seguaci del vangelo siano stati teneramente amanti della gran Madre di Dio, perché inseparabile l'amor della madre da quello del figlio; è tuttavia cosa rimarchevole, che quelli l'hanno maggiormente onorata ed amata, i quali ebbero la missione dal Signore di cooperarsi straordinariamente alla santificazione delle anime. Essi sono quei ricchi del popolo cristiano, i quali ebbero sempre rivolto il loro sguardo verso l'augusta Signora del cielo e della terra, per protestarle i loro affetti, per renderle i loro ossequi, per impetrare le sue grazie: Vultum tuum deprecabuntur omnes divites plebis.

Alfonso Maria de Liguori prescelto dal Signore ad essere nel secolo scorso l'organo delle sue misericordie per vantaggio delle anime, a tanti suoi pregi, a tante singolari virtù congiunse una divozione tenerissima e specialissima per la Regina del cielo. Ed oh che bella gara di amore tra Alfonso e Maria! Alfonso fu tutto tenerezza nell'onorare e nell'amare la santissima Vergine; Maria dal suo canto spiegò tutte le finezze dell'amor suo per Alfonso. Quindi se questo santo si distinse mirabilmente per la divozione verso Maria, Maria esaltò in un modo singolare la missione di lui, e concorse al felice compimento delle sue opere per la divina gloria.

Gli ossequi sono la prova del vero amore, ed Alfonso addimostrò primieramente con essi il suo amore per Maria. Era ancor giovanetto in mezzo al secolo, allorché imprese a digiunare in pane ed acqua ogni sabato in onore di lei: pratica da lui costantemente osservata per tutto il corso di sua vita ben lunga; che se vicino al termine per comando del suo direttore dovette mangiare in tal giorno una minestra, la condiva


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con erbe amarissime; e benché per ordine dei medici dovesse prendere la mattina nella sua decrepitezza qualche oncia di cioccolata per sostenere la sua estrema debolezza, non fu mai possibile d'indurvelo in tal giorno consacrato particolarmente ad onore della gran Madre di Dio.

Ma oltre a ciò vi aggiungeva altre molte corporali mortificazioni, e specialmente aspre discipline fino al sangue: il che praticava eziandio in tutte le novene e vigilie, che precedono le sue sette principali festività. Nella sua risposta alla riforma intentata dall'abate Rolli confessa il santo di essere stato divoto della Vergine Maria sin da fanciullo: Onde per onore di essa beata Vergine, per l'affetto e divozione speciale, che fin da fanciullo le professo. E nel fine di detta risposta attesta, che il rosario e lo scapolare gli sono stati cari sin dalla fanciullezza: divozioni, ecco le sue parole, così religiose, e che mi sono state care fin dalla mia fanciullezza.

Qual fosse poi la sua pietà e viva fede nel recitare la salutazione angelica, non è a ridire; avvegnaché niun'azione da lui si cominciasse senza farvi precedere la recita dell'Ave Maria. Ad ogni suono di orologio, quindi ad ogni quarto d'ora la ripeteva; e nella sua vecchiezza avendo perduto l'udito ordinò al fratello serviente, che lo avvertisse, allorché suonava l'orologio. Il quale avvertimento volle, che gli si facesse altresì per l'Angelus Domini nei tre tempi del giorno; giacché immancabilmente l'aveva recitato tutta sua vita in qualunque luogo e con qualunque persona si trovasse, gettandosi subito col ginocchio per terra al tocco della campana, ancorché si trovasse in mezzo a qualunque strada fangosa.

Stando una volta infermo a letto, e tenendo ivi un esame di cherici ordinandi, al tocco della campana pel mezzo giorno si gettò subito dal letto per recitare in ginocchio l'Angelus Domini. Inoltre per avere una continua corrispondenza di affetti e di preghiere coll'amata sua Signora, teneva sempre sul tavolino una immagine della Vergine del Buon Consiglio, verso di cui ora spiccava sguardi amorosi, ora aspirazioni ferventi per essere


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da lei consigliato in tutt'i suoi dubbi, sollevato nelle sue angustie, diretto nelle sue operazioni, seguendo in tal guisa a tutto rigore l'avvertimento di s. Bernardo.

E poiché il culto, che si presta alle immagini venerate nei sacri tempi, e nei santuari specialmente dedicati a Maria, e a lei anche più grato, quindi il nostro santo godeva di visitarla nelle chiese: ed anche si sforzò di andare a Loreto, onde visitare la casa, che fu santificata dall'incarnazione del divin Verbo e dalla dimora della madre di Dio. Quivi elevato con la sua mente a sublime contemplazione della profonda umiltà e degnazione di amore di Dio fatto uomo non fece che struggersi in affetti ardentissimi di carità, di ringraziamento, e di preghiere per tutto quel tempo, che gli fu dato di trattenervisi.

In casa di un suo divoto, ove capitava spesso nel giro delle missioni ed esercizi, avendo adocchiata una bella immagine di Maria santissima si tratteneva da solo a solo innanzi la medesima a sfogare in dolci colloqui i suoi affetti.

Appena giunto in sant'Agata da vescovo, osservando, che nella chiesa cattedrale non vi era alcuna statua della Vergine santissima, ne fece lavorare una molto bella dell'assunzione di lei, e la fece collocare  sull'altare, ove facevasi la visita al santissimo Sacramento per unirvi la visita alla gran Madre di Dio.

In un certo luogo fuori la città di Arienzo, ove s'incrocicchiano quattro strade, era negli antichi tempi una cappella dedicata a Maria. Essendo diruta, la fece rifare da capo, vi situò una commovente immagine dell'Addolorata, e quando usciva a spasso, andava sempre per quella strada per avere occasione di venerare la sua cara madre.

Si sa da tutti, e la tradizione lo ha trasmesso fino ai posteri, qual fosse la divozione del santo verso l'immagine di Maria santissima venerata in Pagani sotto il titolo di Madonna delle galline. Finché fu rettore maggiore non mancava di offrire ogni anno due galline con le proprie mani alla detta statua, che si reca in processione nella Domenica in Albis, e si porta fino alla nostra chiesa. Ora pochi anni prima di morire, essendo già cadente, mentre


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in tal giorno prendeva la sua refezione, al sentire che veniva la Madonna delle galline, lasciò di mangiare, e volle essere condotto in quell'istante alla chiesa per onorare la Regina del cielo.

Ebbe ancora sommamente in pregio, per onorare la gran Madre di Dio, la recita divotissima del Rosario, come che insegnato al patriarca s. Domenico dalla stessa Regina del cielo. Lo portò sempre sospeso al suo fianco anche da vescovo: ordinò, che gli alunni di sua Congregazione facessero altrettanto, ed egli lo volle portare mai sempre pendente altresì dal collo sotto la veste, qual contrassegno del suo amore verso Maria. Né mai omise di recitarlo ginocchione in ogni giorno; e da vescovo lo recitava con tutt'i componenti della sua famiglia, non esclusi i forestieri, che trovati vi si fossero, di qualunque grado e condizione, e ciò con tale impegno, che prima di cominciarlo informavasi bene, se niuno vi mancasse, facendolo chiamare, ed aspettando, quando taluno non era ancor giunto.

Una tal divozione era a lui sì cara, che con essa santificava tutt'i suoi viaggi, o si recasse nelle missioni, o visitasse la diocesi, o facesse moto in carrozza per ubbidire al medico e al direttore. Nella sua grande età, poiché facilmente obbliava le cose, gli venne un giorno il dubbio, se avesse recitato il rosario; e poiché aveva fatto il voto sin dalla gioventù di recitarlo ogni giorno, interrogò il fratello serviente, se l'aveva detto. Il fratello l'assicurò di si, e lo rimproverò sopra i suoi dubbi frequenti. Ma il santo gli rispose con tutto il contegno: Quando sto dubbioso sopra il rosario, non mi contristate, perché la salute dell'anima mia e la mia predestinazione mi preme sopra tutto: e quando sto dubbioso del rosario, è segno, che sto dubbioso della salute. Allora il servo Alessio ripigliò: Facciamo così, tutte le Ave Marie che dite soverchie più del rosario, applicatele per l'anima mia. Al che il santo rispose: Io vorrei, che stessi zitto, perché sono parole oziose ed inutili, delle quali avrai da rendere conto a Dio.

E poiché i servi del Signore si gloriano di esser servi della Madre santissima di lui, Alfonso vestì sempre la divisa di servo divoto, ed affezionato


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a Maria col portare il sacro abitino o scapolare del Carmine dell'Immacolata Concezione, e di Maria santissima addolorata. Ed è cosa ammirabile, perché miracolosa, che facendosi la ricognizione delle sue spoglie mortali, essendo stato sotterra per molti anni il suo sacro cadavere, laddove si trovarono infraciditi e polverizzati tanto il rocchetto, quanto il camice di lino, e tutt'altro, con cui fu vestito nel seppellirsi, tuttavolta il sacro abitino, con cui spirò e fu sepolto, fu ritrovato intatto da ogni tarlo, o corruzione, volendo con ciò l'augustissima Signora far conoscere a tutto il mondo, quanto le fosse grata la divozione del suo servo fedele.

Né limitossi Alfonso ad onorare per sé solo la Regina del cielo. Inviato da Dio a richiamare i peccatori sul retto sentiero della eterna salute, e a dirigere tante anime nella via della perfezione, può dirsi senza esitazione, che il gran mezzo di cui si servì per conseguire lo scopo di sua missione, sia stato il promuovere in tutt'i cuori un tenero amore verso la gran Vergine; ben persuaso, ch'ella qual mediatrice tra Dio e gli uomini è il canale, per cui si dispensano a noi tutte le grazie del cielo. Colla voce, con gli scritti, ed in tutt'i modi possibili s'impegnò per fare amare Maria.

In tutte le missioni introdusse una predica particolare sul patrocinio della gran Vergine, ed era solito dire, che chi non convertivasi a questa predica, dava a divedere una ostinazione singolare. Volle inoltre, che in ogni giorno della missione si desse principio col canto del rosario, e con la spiegazione de' misteri, facendo precedere una breve introduzione per innamorare il popolo a praticare questa divozione.

Ordinò inoltre, che in tutti i sabati dell'anno si facesse nelle chiese di sua Congregazione la solenne esposizione del Sacramento, ed un breve ma fervoroso sermone sulle glorie, sulle virtù, e sulla protezione di Maria; la qual divozione introdusse essendo vescovo anche nelle chiese principali di sua diocesi. Questo sermone se l'avea serbato qual sua privativa, né mai si esentava dal medesimo, sia da missionario e superiore della sua Congregazione, dovunque


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trovato si fosse a risedere, sia da vescovo o in visita o in residenza.

Con qual fervore di spirito ei parlasse della sua amata Signora, dovrebbe ridirsi da quanti lo udirono, e ne furono fino alle lagrime commossi. Allorché predicava Alfonso in onor di Maria, tutto si accendeva nel volto, e le sue espressioni lo facevano ravvisare quale un angelo del paradiso. Avrebbe voluto ispirare ne' cuori di ognuno quegli affetti verso Maria, che sentiva nel suo proprio cuore. Ora la chiamava sua madre, ora sua speranza, ora suo rifugio, ed erano sì tenere le sue espressioni, che bastava sentirlo una sol volta per essere rapito soavemente ad amare l'augusta Regina del cielo.

Né sol predicando s'impegnava di promuoverne la divozione, ma cogliendo ogni occasione era solito dispensare a chiunque portavasi da lui le divote immagini di Maria santissima, raccomandandogli di esserne divoto, di venerarla, di ricorrere a lei in ogni bisogno, e specialmente nelle tentazioni, di riporre in lei dopo Gesù Cristo tutte le speranze.

Oltre la provvisione, che sempre avea delle immagini di Maria per dispensarle, esultava grandemente, allorché andava a visitarlo D. Salvatore Tramontana suo amico, perché questi conoscendo la divozione di Alfonso gli portava sempre una quantità di divote e belle immagini di Maria Vergine.

Egli fu il primo ad introdurre tra i fedeli la visita a questa Vergine santa congiunta a quella del santissimo Sacramento; ed a tale oggetto compose delle preghiere in onore di Maria santissima per tutt'i giorni del mese, che inserì nelle sue opere spirituali.

Che dirò poi dell'aureo libro intitolato: Le glorie di Maria santissima? In quest'opera Alfonso si rassomiglia ai santi più fervorosi ed amanti della gran Madre di Dio, e particolarmente a s. Bernardo, il quale, come ognun sa, e stato tenerissimo verso l'augusta Signora del cielo: tanta e la dolcezza delle espressioni, e tale l'affluenza dei suoi affetti, che questo libro fra tutte le sue opere può dirsi, che abbia incontrato un applauso più generale. Né vi era quindi occasione, ch'egli trascurasse, per insinuare la divozione alla Vergine santa. Siccome giusta il suo costume i suoi discorsi


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erano sempre conditi di avvisi salutari; così a chiunque recavasi a visitarlo, o per averne qualche consiglio, o per altra faccenda, raccomandava sopra tutto l'amore a Maria santissima dicendo: Questa e la mamma nostra, che ci ha da portare in paradiso; questa è quella, che ci ha da aiutare in punto di morte; poveri noi, se non avessimo questa gran Madre di Dio! Inculcava specialmente questa divozione ai giovani.

Essendosi presentato al santo per avere la sua benedizione un giovane ammesso già nella Congregazione, e che doveva partire pel noviziato, al primo incontro gli disse: Siate divoto della Vergine santissima, e del divin Sacramento; e dopo averlo benedetto, soggiunse: Figlio, se volete perseverare siate divoto della Madonna, altrimenti perderete la vocazione; essa è la madre della perseveranza: non vi dimenticate mai di lei, specialmente la mattina quando vi alzate, dite: Vergine Maria, voi siete la madre mia, e la regina, a voi mi raccomando; datemi il vostro aiuto, acciò non perda Dio, e fate, che io ami assai e sempre Dio, lo serva costantemente nella Congregazione, dove mi ha chiamato, e muoia poi in grazia di Dio, e nella grazia vostra, Regina mia.

Il prefetto degli studenti nostri gli disse un giorno, che i medesimi si erano ordinati diaconi, e si portavano bene. Egli se ne consolo, e disse, che li raccomandava a Maria santissima, affinché loro avesse conservato lo spirito di Gesù Cristo e la perseveranza nella Congregazione. Poi raccomandò al detto padre d'insinuare ai medesimi una gran divozione a Maria santissima, dicendo: Questa mi ha fatto crescere: io per tanti peccati miei andava indietro; questa divozione mi ha fatto crescere.

E trovandosi in sant'Agata andava personalmente ogni sabato la sera al seminario, ove ordinato aveva che si leggesse per qualche tempo Auriemma, il quale parla delle grandezze di Maria; indi faceva un sermoncino fervorosissimo ai giovanetti seminaristi, raccomandando loro di pregare sempre la Vergine santa, di ricorrere a lei con tutta la fiducia nelle loro tentazioni, se volevano salvarsi. Molto si deve temere, diceva Alfonso, della salute di colui, che poco stima la divozione


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verso la beata Vergine, e trascura di procurarsi la intercessione di lei, perché costui, secondo il sentimento di s. Bernardo, si chiude il canale delle grazie. Ed altra volta diceva: Si fa mal prognostico di chi vive abitualmente alieno dalla divozione della Gran Madre di Dio.

Nè fu pago solamente di propagare con la voce e con gli scritti la divozione alla Vergine santa; ma la difese eziandio contro coloro, i quali avevano scritto in pregiudizio di tal divozione.

Avendo il Muratori posto in dubbio quel gran privilegio attribuitole da gravissimi padri e dottori della chiesa fra i quali si distinguono s. Agostino e s. Bernardo, che quanto di bene ricevono gli uomini da Dio, tutto lor viene per il canale di Maria, Alfonso scrisse immantinente una dissertazione per opporsi al detto autore, con la quale dimostra esser questo il sentimento antichissimo della chiesa e dei teologi, fondato sopra le più sode ragioni; dimodoché la intercessione di lei non solo ci è utile come quella degli altri santi, ma eziandio necessaria.

Avendo anche saputo, che un ecclesiastico della Puglia insegnava proposizioni contrarie al culto di Maria immantinente si diresse con lettera al suo vescovo, pregandolo e scongiurandolo di condannare quegli errori, e nello scrivere questa lettera fu veduto piangere. Nè a questo solo arrestandosi, scrisse al cappellano maggiore esprimendosi, che avrebbe sparso il suo sangue, se bisognato fosse, ad onore della divina Madre.

Riguardo poi all'eccelso privilegio dell'immacolato concepimento, benché ai suoi di non ancora proclamato fosse qual dogma di fede divina per la voce ed autorità infallibile del supremo gerarca, nondimeno Alfonso lo sosteneva invitto, lodava quei suoi alunni, i quali dopo terminato il corso della sacra teologia facevano il voto di dare il sangue e la vita per sostenerlo. Sebbene la fede non ci obblighi a credere tal privilegio qual mistero, altro però non manca, così ci diceva, che la sola espressa definizione della Chiesa. Ed oh potessi aver la sorte di veder un tal giorno!

Con che venne quasi a predire, che sarebbesi definito quale articolo di fede divina il


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privilegio della Immacolata Concezione. Per infervorare il popolo alla divozione verso Maria Immacolata, faceva predicare nella chiesa dei padri conventuali in sant'Agata ogni sabato sopra il detto mistero; ed istituì ancora una Congregazione di donzelle specialmente dedicata ad onorare l'immacolato concepimento di Maria Vergine.

Non è a maravigliare adunque, che una tenerezza così singolare di affetti per la sua augusta Signora, che uno zelo sì ardente nel promulgare le glorie di lei, fosse rimunerato abbondantemente anche nella presente vita dalla Regina del cielo, la quale non facendosi vincere in cortesia dai suoi amanti, solet maxima pro minimis reddere, come scrive Andrea aretense. Or che avrà fatto per il suo servo, il quale tanto la onorò, ed impegnossi con tutte le sue forze per farla onorare dagli altri? Non mancò di consigliarlo nei suoi dubbi, di regolarlo nelle sue intraprese, e di glorificarlo ancora al cospetto de' popoli.

Alfonso medesimo nella sua decrepitezza si fe' uscir dalla bocca parlando col suo direttore, che quando era giovane parlava spesso con la Madonna, che con lei si consigliava per tutte le cose della Congregazione, e gli diceva tante belle cose. Ed interrogato più volte dal medesimo, quali cose gli dicesse Maria, rispose sempre per umiltà: Mi diceva tante belle cose. Anzi è tradizione, che trattenendosi nella città di Scala, siagli apparsa molte volte la divina Madre, e propriamente allorché faceva orazione, ed esercitava tante austerità in una piccola grotta.

Trovandosi in Napoli mentre era vescovo nel tempo che facevasi la novena della natività di Maria nella chiesa della Redenzion de' cattivi, non mancava di andarvi ogni sera. Una sera, terminata la funzione, afferrò con grande semplicità il manto di Maria santissima, e baciandolo così disse: Questa Madonna mi ha fatto lasciare il mondo. Ed interrogato come fosse ciò avvenuto, rispose: Io era secolare, allorché passando per questa chiesa nella novena dell'Assunta entrai dentro, mentre si predicava, e la Vergine mi ottenne la grazia di lasciare il mondo.


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Nell'ultimo giorno della novena, prevedendo che non sarebbe mai più venuto in Napoli, così si espresse con quelli, che lo accompagnavano: Questa sera ho detto alla Madonna: a rivederci in paradiso.

Ma non posso trasandare per gloria di lui, che Alfonso avendo collocato in tutta la sua vita le speranze di sua salute eterna nella mediazione della Regina del cielo, ed avendola sempre onorata ed amata teneramente negli anni suoi giovanili e nella lunga carriera del suo apostolato, giunto che fu a quell'età così grave, che congiunta ai suoi  duri malanni lo rese impotente, e tante volte svanito di testa, pure non dimenticava mai la sua diletta madre Maria.

Correva l'anno 1786, vale a dire un anno prima di sua preziosa morte, e voleva ancora, che sempre gli si leggesse qualche libro sulle glorie di Maria santissima. Oggi la testa non mi aiuta, disse un giorno, leggetemi il capitolo del mio libro sulla speranza, che abbiamo di salvarci per l'intercessione di Maria. Essendo stato subito ubbidito, mentre si leggeva, stava attentissimo, e ripeteva: Quanto è potente presso Dio la mediazione di Maria, e se ne consolava, dandolo a divedere col riso sulle labbra. Dipoi così esclamò: Madre mia, io son fatto vecchio, non posso più predicare le tue glorie; almeno avessi chi me ne parlasse sempre. Ed una notte non potendo affatto dormire chiamò il suo servo Alessio, e gli disse: Raccontami qualche esempio dei dolori di Maria santissima.

In questo medesimo tempo un giorno dopo la sua confessione si pose a discorrere col confessore del1'amor di Gesù e di Maria. Il medesimo gli domandò, se aveva desiderio di vedere la gran Madre di Dio, come l'avevano veduta vari santi, degnati dalla Vergine di sua comparsa. Egli rispose, che ne aveva gran desiderio, ma che non meritava tale grazia, mentre era gran peccatore. Le quali parole diceva per umiltà, imperocché tante volte, come  abbiam di sopra narrato, era stato favorito dalla Regina del cielo Maria di simile grazia specialissima. Quindi accostandosi il termine di sua vita, vieppiù in lui si accendeva il desiderio di vedere


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nel cielo la sua augusta Signora, e sovente ne parlava. Bella cosa, disse un giorno nel tempo della ricreazione, vedere Maria: io la voglio amare, e nel cielo la voglio vedere. Chi di noi avrà la fortuna di morire in un giorno di festività ad onor di Maria santissima ? Ed un altro giorno dopo la lettura delle Glorie di Maria si pose ad esclamare: Quando si sente parlare della Madonna, ti senti allargare il cuore. Ma lo disse con aria di volto così gioviale, che traspariva l'interna consolazione del suo spirito.

Tralasciò quindi di parlare di quei favori segnalatissimi compartiti dalla Regina del cielo al suo servo fedele, di averlo cioè risanato da gravissima e pericolosa infermità, mentre era ancor diacono; di essergli apparsa nella città di Foggia al cospetto di tutto il popolo, il quale gridò con lagrime dirotte: miracolo, miracolo; di averlo favorito nella istessa guisa, mentre predicava ai galantuomini del patrocinio di lei nella città di Amalfi; di avere replicato il medesimo favore ad Alfonso nella città di Arienzo; tralascio, dico, la narrazione di avvenimenti così onorevoli pel nostro santo, e di molti altri, giacché gli ha descritti diffusamente nella Vita il padre Tannoia.

Sopra tutto però la Vergine santa mostrò, il suo tenero affetto ad Alfonso nel punto della morte di lui. Il santo aveva pregato sempre in sua vita la Regina del cielo dicendole: Signora, perdonate il mio ardire. Prima che io spiri, venite voi stessa a consolarmi colla vostra presenza. Questa grazia l'avete fatta a tanti vostri divoti: la voglio e la spero ancor io. Son peccatore è vero, non la merito, ma son vostro devoto, che vi amo, ed ho una gran confidenza in voi. o Maria, vi aspetto, non mi fate restare sconsolato.

Difatti per ben due volte l'amantissima Signora lo favorì prima che egli spirasse.

Una volta avendo fra le mani l'immagine di Maria santissima, fu veduto tutto giulivo ed acceso nel volto ridere, e parlare con la Vergine santa a guisa di un sano; altra volta animato dal padre assistente di raccomandarsi a Maria santissima


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in quegli estremi, al sentire il dolce nome di Maria, aprì gli occhi, li fissò nell'immagine dell'Addolorata, che stava ai suoi fianchi appesa al muro, e tutto infiammato nel volto cominciò a borbottare con la sua lingua, e ridere per un pezzo contemplando la sacra immagine.




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