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Bartolomeo Merelli Zoraida in Granata IntraText CT - Lettura del testo |
ZORAIDA
Lasciami: invan pretendi
col tuo pianto cangiarmi.
Rispetta il mio dolor. Sola qui voglio
gemere in libertà.
INES
Ma guarda... mira
tutto è deserto il bosco;
alta, e profonda
cade l'ombra notturna.
ZORAIDA
Ombra, e silenzio
son cari a questo cor. Lasciami: io voglio
fra le dolci memorie
del mio tenero amor, la volta estrema
qui sospirar. Un aborrito nodo
sai che m'aspetta intanto,
e perderò la libertà del pianto.
INES
Ma pensa...
ZORAIDA
E tu vorresti
togliere a un cor trafitto
questo conforto estremo!
Parti, mi lascia: io te l'impongo.
INES
Io tremo.
(parte)
ZORAIDA
(dopo qualche momento di silenzio)
Questo, sì questo è il bosco ove sovente
fra il tacito notturno amico orrore
io sospirai d'amore...
comme tutto cangiò! Sospiro, e piango;
ma disperato duol l'alma m'agghiaccia.
Ove guardo, s'affaccia
qualche cara memoria.
Là piangere la intesi:
qui... qui amor mi giurò. Fu sotto questi
già fioriti, e ridenti
vaghi rami di rose,
che ai nostri giuramenti eco rispose,
ah! dolci a un core amante,
fresche odorose piante,
quelle di pria non siete:
e forse al mio dolor, meste piangete,
rose, che un dì spiegaste
sì vivido colore,
simbolo dell'amore
emblema della fé.
Perché la viva porpora
oggi più in voi non è?
All'ombra vostra
dilette piante,
giurai, giuravami
il caro amante,
e un casto zeffiro
placido, placido,
facea le tremule
fronde agitar...
quasi volessero
d'amor parlar.
Rose, su i vostri rami
all'alba mattutina
la rugiadosa brina
pioveva amico il ciel.
E vi nutriva il limpido
tributo del ruscel.
Già da quest'alma
sparve ogni incanto
o rose, bagnavi
solo il mio pianto.
Voi siete languide
pallide, pallide!
Quanto v'invidio
pronte a mancar;
invano io misera
vorrei spirar.
(nell'eccesso della disperazione si abbandona sul
sedile)