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Andrea Leone Tottola
La zingara

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  • ATTO PRIMO
    • Scena ottava. Don Ranuccio ed Antonio dal castello, Argilla in ascolto
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Scena ottava. Don Ranuccio ed Antonio dal castello, Argilla in ascolto

 

RANUCCIO
Qui, in questo luogo potremo favellare liberamente, e
senza destar sospetto né miei domestici.

ANTONIO
Parlate pure: la mia fedeltà vi dovrebbe esser nota.

RANUCCIO
Sai pure, che per farti possessore dell'immensa fortuna
di don Sebastiano Alvarez tuo zio, io lo feci dai miei
fidi sorprendere quando egli si ritirò dall'America, e
dal mio castello non lungi da Toledo lo feci di notte
trasportare in questa signoria, ove da più anni nel
fondo d'un sotterraneo vive a tutti ignoto.

ANTONIO
Rammentatevi però, che voi mi prometteste di
rispettare la sua vita.

RANUCCIO
Dimmi ora; qual diedi risposta alla tua richiesta della
mano di mia figlia?

ANTONIO
Che questa dovrà essere il prezzo della mia cieca
dipendenza alla vostra volontà illimitata.

RANUCCIO
Ascolta dunque. Doveva il re scegliere fra suoi
distinti sudditi il più meritevole per innalzarlo alla
luminosa carica di ministro alla visita de' magistrati di
tutto il regno. Fu tanto a me nociva la invidia di
alcuni miei nemici, che mi si fece preferire il duca di
Alziras, e mi fu rapito così quel supremo comando, cui
la mia ambizione aspirava.

ANTONIO
Intesi ciò a dire.

RANUCCIO
Fu necessità allora di sopprimere il mio sdegno;
giurai però a miglior tempo vendetta, ed eccone
fortunatamente appressato il momento.

ANTONIO
Ed in qual modo?

RANUCCIO
Il duca scorre il regno nell'esercizio del suo
ministero. Avvicinandosi a queste contrade, egli ha
divisato, come sai, di trattenersi per qualche giorno
nel mio castello.

ANTONIO
Ebbene?

RANUCCIO
Ebbene alla tua mano è riserbato di compiere la mia
vendetta.

ANTONIO
Alla mia mano? E come?

Ranuccio guarda intorno, brandisce cauto un pugnale,
indi con espressione marcata dice ad Antonio:

RANUCCIO
Ecco un pugnal... su... celalo...
Giunge l'amico istante,
vicina è già la vittima
serbata al mio furor.
Allor che del silenzio
Spande la notte il velo,
scagliati a lui, sorprendilo
nel primo suo sopor.
Aprili il petto, ed avido
Cerca quell'empio cor...
A brano a bran poi strappalo,
o mio vendicator!
Ad animarti il braccio
Avrai l'averno istesso,
che alimentò represso l'antico
mio livor.
(Antonio resta dubbioso)
Ma tu vacilli! Ah, debole!
Palpiti dubbio ancor?
E ben quel ferro rendimi ...
rinunzia alla tua sorte...
d'Ines mai più consorte...
di me... va! Non sei degno...
non manca al mio disegno
più ardito esecutor.

Si sentono voci di pastori da lontano.

VOCI
Il duca! Evviva! Evviva!

RANUCCIO
Quai voci?

VOCI
(come sopra)
Oh, qual favore!
Di così grande onore
esulti ogni pastor.

RANUCCIO
Ah, vile! Ah, iniquo Antonio!

ANTONIO
(risoluto)
Vile non son... mi avrai
fido a' tuoi cenni

RANUCCIO
Abbracciami!
(con tutta l'espressione del piacere)
Sarai felice appieno:
tutte le sue delizie
già ti prepara amor.
Piacer della vendetta!
Tu scendi già in quest'alma!
Raggio d'amica calma
spero del tuo favor.
(abbraccia Antonio e parte con lui verso il
villaggio)

ARGILLA
Che intesi! Ah, mostro! E di tanti delitti puoi esser tu
capace? Trema! Il cielo ha qui mandato Argilla a
render vani i tuoi infami disegni.
(entra nel castello)

Interno del castello come prima.




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