Scena terza. Federico
e Candida
FEDERICO
Deh, non mi fuggite... ascoltatemi per pietà...
CANDIDA
Che potreste dirmi? Osereste giustificarvi
della vostra inescusabile perfidia?
Non contento abbastanza di aver resa infelice una credula donna,
avreste altri lacci da tenderle, per vieppiù tormentarla?
FEDERICO
Ah no! ... io provo invece i più crudi rimorsi,
e rientrato in me stesso, vorrei render la pace
al desolato core di Emilia.
CANDIDA
E come sperarlo? Richiamando dalla tomba
la sua genitrice, vittima del vostro barbaro inganno.
FEDERICO
Riparando in parte i miei torti, mercé la offerta
della mia mano. Ah, voi che tanto amate la vostra
amica, consigliatela al mio perdono. Io non posso,
non so esistere in odio a colei, che ora un sincero
pentimento mi rende tanto cara! Io son pronto a
dare qualunque pruova del mio ravvedimento.
CANDIDA
Con un'altra amante al fianco?
FEDERICO
Luigia mi è indifferente. Emilia ha saputo spegnere
la mia nascente inclinazione per essa.
CANDIDA
(Non sarebbe veramente questo il primo caso di
conciliare tutto il mal fatto con un'imeneo.)
FEDERICO
Voi siete commossa... ah! lo veggo! La vostra
bell'anima è già di me impietosita.
CANDIDA
Di voi non già: son sincera, e vi dico, che il
vostro fallo non merita perdono; ma la sola
speranza di temprare le pene dell'amica
mi determina ad aprire il labbro in vostro favore.
Possano le mie premure produrre il desiato effetto!
FEDERICO
Oh, quanto vi son grato! a sgombrare ogni dubbio
da don Romualdo, e calmarlo sul possesso di
Luigia, ho anche pensato d'implorare i suoi
uffizi presso Emilia.
CANDIDA
Mi sembra difficile, che egli voglia a vostro pro
impiegarsi, mentre voi li avete insidiate due amanti.
FEDERICO
Io conosco il suo core, e mi auguro di riuscirvi.
CANDIDA
Fatelo pure. Io vado in cerca di Emilia: sarei felice,
se potessi tergere le sue lagrime.
(via)
FEDERICO
Giunge opportuno don Romualdo. Coraggio!
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