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Pio XII
Musicae sacrae disciplina

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  • Capitolo I
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Capitolo I

 

2. Fra i molti e grandi doni di natura dei quali Dio, in cui è armonia di perfetta concordia e somma coerenza, ha arricchito l'uomo, creato a sua "immagine e somiglianza" (cf. Gn 1,26), deve annoverarsi la musica, la quale, insieme con le altre arti liberali contribuisce al gaudio spirituale e al diletto dell'animo. A ragione così scrive di essa Agostino: "La musica, cioè la dottrina e l'arte del ben modulare, a monito di grandi cose è stata concessa dalla divina liberalità anche ai mortali dotati di anima razionale".3

3. Nessuna meraviglia, dunque, che il sacro canto e l'arte musicale siano stati usati, come consta da molti documenti antichi e recenti, anche per ornamento e decoro delle cerimonie religiose sempre e dovunque, anche presso i popoli pagani; e che il culto soprattutto del vero e sommo Dio si sia avvalso fin dall'antichità, di quest'arte. Il popolo di Dio, scampato incolume dal Mar Rosso per miracolo della divina potenza, cantò a Dio un canto di vittoria; e Maria, sorella del condottiero Mosè dotata di spirito profetico, cantò al suono dei timpani accompagnata dal canto del popolo (cf. Es 15,1-20). In seguito, mentre si conduceva l'arca di Dio dalla casa di Abinadab alla città di Davide, il re stesso e "tutto Israele danzavano davanti a Dio con strumenti di legno lavorato, cetre, lire, timpani, sistri e cembali" (2Sam 6,5). Lo stesso re Davide fissò le regole della musica da usarsi nel culto sacro e del canto (cf. 1Cron 23,5; 25,2-31); regole che furono ristabilite dopo il ritorno del popolo dall'esilio e conservate fedelmente fino alla venuta del divin Redentore. Che nella chiesa, poi, fondata dal divin Salvatore, il canto sacro fosse fin da principio in uso e onore viene chiaramente indicato da san Paolo apostolo, quando agli efesini così scrive: "Siate ripieni di Spirito Santo recitando tra voi salmi e inni e canti spirituali" (Ef 5,18s; cf. Col 3,16); e che quest'uso di cantare salmi fosse in vigore anche nelle adunanze dei cristiani egli indica con queste parole: "Quando vi adunate alcuni tra voi cantano il salmo" (1Cor 14,26). Che lo stesso avvenisse dopo l'età apostolica è attestato da Plinio, il quale scrive che coloro che avevano rinnegato la fede avevano affermato "che questa era la sostanza della colpa di cui erano accusati, essere soliti adunarsi in un dato giorno prima dell'apparire della luce e cantare un inno a Cristo come a Dio".4 Queste parole del proconsole romano di Bitinia mostrano chiaramente che neppure al tempo della persecuzione taceva del tutto la voce del canto della chiesa; ciò conferma Tertulliano quando narra che nelle adunanze dei cristiani "si leggono le Scritture, si cantano salmi, si tiene la catechesi".5

4. Restituita alla chiesa la libertà e la pace, si hanno molte testimonianze dei padri e degli scrittori ecclesiastici, le quali confermano essere i salmi e gli inni del culto liturgico di uso pressoché quotidiano. Anzi a poco a poco si sono create anche nuove forme ed escogitati nuovi generi di canti, sempre più perfezionati dalle scuole di musica, specialmente a Roma. Il nostro predecessore di f.m. san Gregorio Magno, secondo la tradizione, radunò con cura quanto era stato tramandato e vi diede un saggio ordinamento, provvedendo con opportune leggi e norme ad assicurare la purezza e l'integrità del canto sacro. Dall'alma città la modulazione romana del canto a poco a poco s'introdusse in altre regioni dell'occidente, e non solo vi si arricchì di nuove forme e melodie, ma si incominciò anche a usare una nuova specie di canto sacro, l'inno religioso, talora in lingua volgare. Lo stesso canto corale, che dal suo restauratore san Gregorio cominciò a chiamarsi "gregoriano", a partire dai secoli VIII e IX in quasi tutte le regioni dell'Europa cristiana acquistò nuovo splendore, con l'accompagnamento dello strumento musicale chiamato "organo".

5. A cominciare dal secolo IX a poco a poco a questo canto corale si aggiunse il canto polifonico, di cui nei secoli successivi sempre più si precisarono la teoria e la pratica e che, soprattutto nei secoli XV e XVI, raggiunse per opera di sommi artisti ammirabile perfezione. La chiesa ebbe sempre in grande onore anche questo canto polifonico e di buon grado lo ammise a maggior decoro dei sacri riti nelle stesse basiliche romane e nelle cerimonie pontificie. Se ne accrebbero l'efficacia e lo splendore, perché alla voce dei cantori si aggiunse, oltre l'organo, il suono di altri strumenti musicali.

6. In tal modo, per impulso e sotto l'auspicio della chiesa, l'ordinamento della musica sacra nel decorso dei secoli ha fatto lungo cammino, in cui, sebbene talvolta con lentezza e a fatica, tuttavia è salito a poco a poco a maggior perfezione: dalle semplici ed ingenue melodie gregoriane fino alle grandi e magnifiche opere d'arte, nelle quali non solo la voce umana, ma altresì l'organo e gli altri strumenti aggiungono dignità, ornamento e prodigiosa ricchezza. Il progresso di quest'arte musicale, mentre chiaramente dimostra quanto la chiesa si sia preoccupata di rendere sempre più splendido e gradito al popolo cristiano il culto divino, d'altra parte spiega come mai la chiesa medesima abbia talvolta dovuto impedire che si oltrepassassero i giusti limiti e che, insieme con il vero progresso, s'infiltrasse nella musica sacra, depravandola, alcunché di profano e alieno dal culto sacro.

7. A tale dovere di premurosa vigilanza sempre furono fedeli i sommi pontefici; anche il concilio di Trento saggiamente proscrisse "quelle musiche in cui o nell'organo o nel canto si mescola qualcosa di sensuale o impuro".6 Per tralasciare non pochi altri papi, il nostro predecessore di f.m. Benedetto XIV con lettera enciclica del 19 febbraio 1749, in preparazione all'anno giubilare, con abbondante dottrina e copia di argomenti, esortò in modo particolare i vescovi a proibire con ogni mezzo i riprovevoli abusi che si erano indebitamente introdotti nella musica sacra.7 Seguirono la stessa via i nostri predecessori Leone XII, Pio VIII,8 Gregorio XVI, Pio IX, Leone XIII.9 Tuttavia si può affermare a buon diritto che è stato il Nostro predecessore di i.m. san Pio X a compiere un'organica restaurazione e riforma della musica sacra, tornando a inculcare i principi e le norme tramandati dall'antichità e opportunamente riordinandoli secondo le esigenze dei tempi moderni.10 Infine, come il nostro immediato predecessore Pio XI di f.m., con la costituzione apostolica Divini cultus sanctitatem del 20 dicembre 1929,11 così Noi stessi, con l'enciclica Mediator Dei del 20 novembre 1947, abbiamo ampliate e corroborate le prescrizioni dei precedenti pontefici.12

 




3 Epist. 161: De origine animae hominis, 1, 2: PL 33, 725.



4 PLINIUS, Epist., X, 96, 7.



5 Cf. TERTULLIANUS, De anima, c. 9: PL 2, 701; et Apol., 39: PL 1, 540.



6 CONC. TRID., sess. XXII, Decretum de observandis et evitandis in celebratione Missae: COD 737(7-8).



7 Cf. BENEDICTUS XIV, Litt. enc. Annus qui: Opera omnia, ed. Prati, vol, 17, 1, p. 16; EE 1/213ss.



8 Cf. Litt. apost. Bonum est confiteri Domino (2 aug.1828): Bullarium Romanum, ed. Prati, ex Typ. Aldina, t. IX, p. 139s.



9 Cf. Acta Leonis XIII 14(1895), pp. 237-247; ASS 27(1894), pp. 42-49.



10 Cf. Acta Pii X, vol. I, pp. 75-87; ASS 36(1903-04), pp. 329-339, 387-395.



11 Cf. AAS 21(1929), p. 33s.



12 Cf. AAS 39(1947), pp. 521-595; EE 6/430ss.






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