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Pio XII
Musicae sacrae disciplina

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  • Capitolo III
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Capitolo III

 

18. Tale essendo, come abbiamo ora detto, la dignità e l'efficacia della musica sacra e del canto religioso, è oltremodo necessario curarne diligentemente la struttura in ogni parte, per ricavarne utilmente i salutari frutti.

19. È necessario anzitutto che il canto e la musica sacra, più intimamente congiunti con il culto liturgico della chiesa, raggiungano l'alto fine loro prefisso. Perciò tale musica - come già saggiamente ammoniva il Nostro predecessore san Pio X - "deve possedere le qualità proprie della liturgia, in primo luogo la santità e la bontà della forma; onde di per sé si raggiunge un'altra caratteristica, la universalità".14

20. Deve essere santa; non ammetta in sé ciò che sa di profano, né permetta che si insinui nelle melodie con cui viene presentata. A questa santità soprattutto si presta il canto gregoriano, che da tanti secoli si usa dalla chiesa, sì da poterlo dire di suo patrimonio. Questo canto, per la intima aderenza delle melodie con le parole del sacro testo, non solo vi si addice pienamente; ma sembra quasi interpretarne la forza e l'efficacia, istillando dolcezza all'animo di chi ascolta; e ciò con mezzi musicali semplici e facili, ma pervasi di così sublime e santa arte, da suscitare in tutti sentimenti di sincera ammirazione e da divenire per gli stessi intenditori e maestri di musica sacra fonte inesauribile di nuove melodie. Conservare con cura questo prezioso tesoro del canto gregoriano e farne ampiamente partecipe il popolo spetta a tutti coloro, ai quali Gesù Cristo affidò di custodire e di dispensare le ricchezze della chiesa. Però, quello che i Nostri predecessori san Pio X, a buon diritto chiamato restauratore del canto gregoriano,15 e Pio XI16 hanno sapientemente ordinato e inculcato, ancor Noi vogliamo e prescriviamo che si faccia, portando l'attenzione a quelle caratteristiche che sono proprie del genuino canto gregoriano; che cioè nella celebrazione dei riti liturgici si faccia largo uso di tale canto, e si provveda con ogni cura affinché sia eseguito con esattezza, dignità e pietà. Che se per le feste introdotte di recente si debbano comporre nuove melodie, ciò si faccia da maestri veramente competenti, in modo da osservare fedelmente le leggi proprie del vero canto gregoriano e le nuove composizioni gareggino per valore e purezza con le antiche.

21. Se queste norme saranno realmente osservate in tutto, si verrà altresì a soddisfare nel modo dovuto a un'altra proprietà della musica sacra, che sia cioè vera arte; e se in tutte le chiese cattoliche del mondo risonerà incorrotto e integro il canto gregoriano, esso pure, come la liturgia romana, avrà la nota di universalità, in modo che i fedeli in qualunque parte del mondo sentano come familiari e quasi di casa propria quelle armonie, sperimentando così con spirituale conforto la mirabile unità della chiesa. È questo uno dei motivi principali per cui la chiesa mostra così vivo desiderio che il canto gregoriano sia intimamente legato con le parole latine della sacra liturgia.

22. Sappiamo bene che dalla stessa sede apostolica sono state concesse al riguardo per gravi motivi alcune ben determinate eccezioni, le quali peraltro vogliamo che non siano estese e applicate ad altri casi, senza la debita licenza della medesima Santa Sede. Anzi anche dove ci si può avvalere di tali concessioni, gli ordinari e gli altri sacri pastori curino attentamente che i fedeli fin dall'infanzia imparino le melodie gregoriane più facili e più in uso e se ne sappiano valere nei sacri riti liturgici, di modo che anche in ciò sempre più risplenda l'unità e l'universalità della chiesa.

23. Dove, tuttavia, una consuetudine secolare o immemorabile permette che nel solenne sacrificio eucaristico, dopo le parole liturgiche cantate in latino, si inseriscano alcuni canti popolari in lingua volgare, gli ordinari permetteranno ciò "qualora giudichino che, per le circostanze di luogo e di persone, tale (consuetudine) non possa prudentemente venire rimossa",17 ferma restando la norma che non si cantino in lingua volgare le parole stesse della liturgia, come già sopra è stato detto.

24. Affinché poi i cantori e il popolo cristiano capiscano bene il significato delle parole liturgiche legate alla melodia musicale, facciamo Nostra l'esortazione rivolta dai padri del concilio di Trento specialmente "ai pastori e ai singoli aventi cura di anime, che spesso durante la celebrazione della messa spieghino o direttamente o per mezzo di altri qualche parte di ciò che si legge nella messa, e tra l'altro illustrino qualche mistero di questo santo sacrificio, specialmente la domenica e nei giorni festivi",18 e ciò facciano soprattutto nel tempo in cui si spiega il catechismo al popolo cristiano. Ciò diviene più facile e agevole oggi che non nei secoli passati, perché si hanno le parole della liturgia tradotte in volgare e la loro spiegazione in manuali e libriccini, che, preparati da competenti in quasi tutte le nazioni, possono efficacemente aiutare e illuminare i fedeli, affinché anch'essi comprendano e quasi prendano parte a quanto dicono i ministri sacri in lingua latina.

25. È ovvio che quanto abbiamo qui esposto brevemente circa il canto gregoriano riguarda soprattutto il rito latino romano della chiesa; ma può rispettivamente applicarsi ai canti liturgici di altri riti, sia dell'occidente, come l'ambrosiano, il gallicano, il mozarabico, sia ai vari riti orientali. Tutti questi riti, infatti, mentre dimostrano la mirabile ricchezza della chiesa nell'azione liturgica e nelle formule di preghiera, d'altra parte per i diversi canti liturgici conservano tesori preziosi, che occorre custodire e impedirne non solo la scomparsa, ma anche ogni attenuazione e depravazione. Tra i più antichi e importanti documenti della musica sacra, hanno senza dubbio un posto considerevole i canti liturgici nei vari riti orientali, le cui melodie ebbero molto influsso nella formazione di quelle della chiesa occidentale, con i dovuti adattamenti all'indole propria della liturgia latina. È Nostro desiderio che una scelta di canti dei riti sacri orientali - a cui sta alacremente lavorando il Pontificio Istituto per gli studi orientali, con l'aiuto del Pontificio Istituto per la musica sacra - sia felicemente condotta a termine, tanto per la parte dottrinale quanto per quella pratica; di modo che i seminaristi di rito orientale, ben preparati anche nel canto sacro, divenuti un giorno sacerdoti, possano validamente contribuire anche in questo ad accrescere il decoro della casa di Dio.

26. Non è Nostra intenzione, con ciò che abbiamo detto per lodare e raccomandare il canto gregoriano, rimuovere dai riti della chiesa la polifonia sacra, la quale, purché ornata delle debite qualità, può giovare assai per la magnificenza del culto divino e per suscitare pii affetti nell'animo dei fedeli. È ben noto infatti che molti canti polifonici, composti soprattutto nel secolo XVI, risplendono per tale purezza d'arte e tale ricchezza di melodie, da essere del tutto degni di accompagnare e quasi illuminare i riti della chiesa. Che se la genuina arte della polifonia nel corso dei secoli a poco a poco è decaduta e non di rado vi si sono mescolate melodie profane, negli ultimi decenni, per l'opera indefessa di insigni maestri, essa felicemente si è come rinnovata, con un più accurato studio delle opere degli antichi maestri, proposte all'imitazione ed emulazione degli odierni compositori.

27. In tal modo avviene che nelle basiliche, nelle cattedrali, nelle chiese dei religiosi si possono eseguire sia i capolavori degli antichi maestri sia composizioni polifoniche di autori recenti, con decoro del sacro rito; sappiamo anzi che anche nelle chiese minori non di rado si eseguono canti polifonici più semplici, ma composti con dignità e vero senso d'arte. La chiesa favorisce tutti questi sforzi; essa, infatti, secondo le parole del Nostro predecessore di b. m. san Pio X, "sempre ha favorito il progresso delle arti e lo ha aiutato, accogliendo nell'uso religioso tutto ciò che l'ingegno umano ha creato di buono e di bello nel corso dei secoli, purché restassero salve le leggi liturgiche".19 Queste leggi esigono che su questa importante materia si usi ogni prudenza e si abbia ogni cura, affinché non si introducano in chiesa canti polifonici che, per il modo turgido e ampolloso, o vengano a oscurare con la loro prolissità le parole sacre della liturgia o interrompano l'azione del sacro rito oppure avviliscano l'abilità dei cantori con disdoro del culto divino.

28. Queste norme devono applicarsi altresì all'uso dell'organo e degli altri strumenti musicali. Fra gli strumenti a cui è aperto l'adito al tempio viene a buon diritto in primo luogo l'organo, perché è particolarmente adatto ai canti sacri e sacri riti e alle cerimonie della chiesa notevole splendore e singolare magnificenza, commuove l'animo dei fedeli con la gravità e la dolcezza del suono, riempie la mente di gaudio quasi celeste ed eleva fortemente a Dio e alle cose celesti.

29. Oltre l'organo vi sono altri strumenti che possono efficacemente venire in aiuto a raggiungere l'alto fine della musica sacra, purché non abbiano nulla di profano, di chiassoso, di rumoroso, cose disdicevoli al sacro rito e alla gravità del luogo. Tra essi vengono in primo luogo il violino e altri strumenti ad arco, i quali, o soli, o insieme con altri strumenti e con l'organo, esprimono con indicibile efficacia i sensi di mestizia o di gioia dell'animo. Del resto, circa le melodie musicali non ammissibili nel culto cattolico, già abbiamo parlato chiaramente nell'enciclica Mediator Dei. "Quando essi nulla abbiano di profano o disdicevole alla santità del luogo e dell'azione liturgica e non vadano in cerca dello stravagante e dello straordinario, abbiano pure accesso nelle nostre chiese, potendo contribuire non poco allo splendore dei sacri riti, a elevare l'animo verso l'alto e a infervorare la vera pietà dell'animo".20 È appena il caso di ammonire che, quando manchino la capacità e i mezzi per tanto impegno, è meglio astenersi da simili tentativi, piuttosto che fare cosa meno degna del culto divino e delle adunanze sacre.

30. A questi aspetti che hanno più stretto legame con la liturgia della chiesa si aggiungono, come abbiamo detto, i canti religiosi popolari, scritti per lo più in lingua volgare, i quali prendono origine dal canto liturgico stesso, ma, essendo più adatti all'indole e ai sentimenti dei singoli popoli, differiscono non poco tra di loro, secondo il carattere delle genti e l'indole particolare delle nazioni. Affinché tali canti religiosi portino frutto spirituale e vantaggio al popolo cristiano, devono essere pienamente conformi all'insegnamento della fede cristiana, esporla e spiegarla rettamente, usare un linguaggio facile e una melodia semplice, aborrire dalla profusione di parole gonfie e vuote e, infine, pur essendo brevi e facili, avere una certa religiosa dignità e gravità. Quando abbiano tali doti, questi canti sacri, sgorgati quasi dal più profondo dell'anima del popolo, commuovono fortemente i sentimenti e l'animo ed eccitano pii affetti; quando si cantano nelle funzioni religiose dalla folla radunata elevano l'animo dei fedeli alle cose celesti. Perciò, sebbene, come abbiamo detto, nelle messe cantate solenni non possono usarsi senza speciale permesso della Santa Sede, tuttavia nelle messe celebrate in forma non solenne possono mirabilmente giovare, affinché i fedeli assistano al santo sacrificio non tanto come spettatori muti e quasi inerti, ma, accompagnando l'azione sacra con la mente e con la voce, uniscano la propria devozione con le preghiere del sacerdote, purché tali canti siano ben adatti alle varie parti del sacrificio, come Ci è noto che già si fa in molte parti del mondo cattolico con grande gaudio.

31. Quanto alle cerimonie non strettamente liturgiche, tali canti religiosi, purché corrispondano alle condizioni suddette, possono egregiamente giovare ad attirare salutarmente il popolo cristiano, ad ammaestrarlo, a formarlo a sincera pietà ed a riempirlo di un santo gaudio; e ciò tanto nelle processioni e nei pellegrinaggi ai santuari, quanto pure nei congressi religiosi nazionali ed internazionali. Saranno utili in special modo quando si tratta di istruire nella verità cattolica i fanciulli e le fanciulle, così pure nelle associazioni giovanili e nelle adunanze dei pii sodalizi, come l'esperienza spesso chiaramente dimostra.

32. Non possiamo perciò fare a meno di esortare vivamente Voi, venerabili Fratelli, a volere con ogni cura e ogni mezzo favorire e promuovere questo canto popolare religioso nelle vostre diocesi. Non vi mancheranno uomini esperti, per raccogliere e riunire insieme, dove già non sia stato fatto, questi canti, perché da tutti i fedeli possano più facilmente venire imparati, cantati con speditezza e bene impressi nella memoria. Coloro cui è affidata la formazione religiosa dei fanciulli e delle fanciulle, non trascurino di avvalersi nel debito modo di questi validi aiuti, e gli assistenti della gioventù cattolica ne usino rettamente nel grave compito loro affidato. In tal modo si può sperare di ottenere anche un altro vantaggio, che è nel desiderio di tutti, che siano tolte di mezzo quelle canzoni profane che o per mollezza del ritmo o per le parole spesso voluttuose e lascive che lo accompagnano, sogliono essere pericolose ai cristiani, ai giovani specialmente, e siano sostituite da quelle altre che danno un piacere casto e puro e insieme nutrono la fede e la pietà; sicché già qui in terra il popolo cristiano incominci a cantare quel canto di lode che canterà eternamente nel cielo: "A Colui che siede sul trono e all'Agnello sia benedizione, onore, gloria e potestà nei secoli dei secoli" (Ap 5,13).

33. Ciò che abbiamo esposto finora vale soprattutto per quelle nazioni appartenenti alla chiesa, nelle quali la religione cattolica è già saldamente stabilita. Nei paesi di missione non sarà certo possibile mettere tutto ciò in pratica, prima che sia cresciuto sufficientemente il numero dei cristiani, si siano costruite chiese spaziose, le scuole fondate dalla chiesa siano convenientemente frequentate dai figli dei cristiani e infine vi sia un numero di sacerdoti pari al bisogno. Tuttavia esortiamo vivamente gli operai apostolici, che faticano in quelle vaste estensioni della vigna del Signore, a volersi occupare seriamente, tra le gravi cure del loro ufficio, anche di questa incombenza. È meraviglioso vedere quanto si dilettino delle melodie musicali i popoli affidati alla cura dei missionari e quanta parte abbia il canto nelle cerimonie dedicate al culto degli idoli. Sarebbe pertanto improvvido che questo efficace sussidio per l'apostolato venisse tenuto in poco conto o addirittura trascurato dagli araldi di Cristo vero Dio. Perciò i messaggeri dell'evangelo nelle regioni pagane, nell'adempimento del loro ministero, dovranno largamente fomentare questo amore del canto religioso, che è coltivato dagli uomini affidati alle loro cure, in modo che questi popoli, ai canti religiosi nazionali, che non di rado vengono ammirati anche dalle nazioni civili, contrappongano analoghi canti sacri cristiani nei quali si esaltano le verità della fede, la vita del Signore Gesù Cristo, della beata Vergine e dei santi nella lingua e nelle melodie famigliari a quelle genti.

34. Si ricordino altresì i missionari che la chiesa cattolica, fin dai tempi antichi, inviando gli araldi dell'evangelo in regioni non ancora rischiarate dal lume della fede, insieme con i sacri riti ha voluto che essi portassero anche i canti liturgici, tra cui le melodie gregoriane, e ciò affinché i popoli da chiamare alla fede, allettati dalla dolcezza del canto, fossero più facilmente mossi ad abbracciare le verità della religione cristiana.

 




14 Acta Pii X, vol. I, p. 78.



15 Lettera al Card. Respighi: Acta Pii X, vol. I, pp. 68-74; v. p. 73s; AAS 36 (1903-04), pp. 325-329, 395-398, v. 398.



16 PIUS XI, Const. apost. Divini cultus: AAS 21(1929), p. 33s.



17 CIC, can. 5.



18 CONC. TRID., sess. XXII, De sacrificio Missae, c. VIII: COD 735(14-15).



19 Acta Pii X, vol. I, p. 80.



20 AAS 39(1947), p. 590; EE 6/616.






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