Pia seduta su uno sgabello, con la testa
appoggiata ad
una rozza tavola: ella è immersa in torbido sopore,
pallida n'è la fronte, difficile il respiro, e sovente un
tremore agita le sue membra. Ubaldo viene, rilegge
tacitamente il foglio di Nello, alzagli occhi alla
finestra:
albeggia: egli si trae dalle vesti una ampolla, e ne versa il
licore entro una tazza colma d'acqua, che sta sulla
tavola.
UBALDO
A questo nappo beverà tra poco
il tuo labbro assetato, e dormirai
ben, altro sonno!
PIA
Eterno Dio!
(con grido acutissimo, e balzando in piedi spaventata)
Respiro...
Il mio pensier deliro
creò nel sonno immagini feroci!
(come riandando a ciò che le apparve in sogno)
A questo sen pentito
il consorte io stringea... quando nel fianco
l'acciaro insidioso
gl'immerse un Guelfo... a' piedi miei lo sposo
cadde spirando: balenò sanguigno
un infernal sorriso
dell'omicida in volto... ed era il volto
di Rodrigo! Frattanto,
spaventevole a dirsi!
La morta spoglia alto levossi, e forme
vestì di truce demone!... Gli artigli
nell'uccisor figgendo,
mise un urlo tremendo
e con la preda si lanciò nell'imo
de' spalancati abissi!... Orribil
sogno!...
Ah! la febbre cocente
più cresce!... Atroce sete mi divora!...
La coppa fatale si presenta al di lei sguardo, ed ella vi
stende ansiosa la mano. Ubaldo rimasto sempre indietro, fa
un moto quasi involontario, per trattenerla, ma ristà
immantinente. Pia beve.
UBALDO
(Meglio è penar brev'ora,
e poi riposo eterno!
Al di novello respirar più liete
aure mi fia concesso.)
PIA
(abbandonandosi a sedere)
Ah! la pietade, o Ghino,
l'ale impenni al tuo corso...
e tu vieni, crudel, che amai cotanto,
a rasciugar d'un infelice il pianto.
Sposo, ah! tronca ogni dimora...
al mio sen, deh! vola, o Nello;
dimmi: t'amo... ed all'avello
questo accento mi torrà.
Ah! la Pia, se indugi ancora,
preda fia d'acerba morte,
ed al bacio del consorte
più risponder non potrà.
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