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Gustavo Vaéz Rita ou le mari battu IntraText CT - Lettura del testo |
Rita e Beppe. Questi esce dall'albergo infuria e come
disperato; alla vista di Rita, si ferma spaurito.
BEPPE
È dessa... quale orror! quando sappia il malanno,
che la mia mano or fe' storditamente.
Dio sa quale che la sua nel concitato affanno
descriverà dall'est all'occidente!
(si avvicina timidamente)
RITA
(scorgendo Beppe)
Ah! tu se', qui, mio bel
piccin!
O Beppe mio sei pur carin!
BEPPE
Son io, son io tesoro mio,
(fra se)
(Ma in verità, tanta bontà
mi fa stupor, da uom d'onor!)
RITA
(con affabilità)
Mio Geppin! Mio Geppin!
BEPPE
(come sopra)
(Eh! che vuol dir!)
RITA
Hai messo tutto a posto laggiù?
BEPPE
Mi par di sì.
RITA
Ah! sei davvero un gran gioiel!
Di te son io contenta...
BEPPE
(fra se')
(Che alcuno non la senta!)
RITA
Di gioia ha pieno il sen...
BEPPE
(come sopra)
(Ah! il ciel si fa seren.)
RITA
Sei pieno di premura...
BEPPE
(come sopra)
(Che amabil creatura!)
RITA
Abbracciami, Geppino!
BEPPE
(come sopra)
(È lieto il mio destino!)
RITA
Sei pur, sei pur carin,
mio bel Geppin!
(Guarda un po' che babbeo, che faccia stralunata!)
(tendendogli la guancia)
Lesto! Scocchi un bacino.
BEPPE
(fra se)
(A or or la grandinata?)
RITA
Ma... perché mai sì gran terror?
T'accosti a me bocchin d'amor!
(Beppe la bacia)
RITA
Io son di te contenta.
BEPPE
(fra sé)
(Che alcuno non la senta!)
A spiattellar il mio marrone
mi par propizia l'occasione.
RITA
Che vai tu masticando, Beppe mio?
BEPPE
Gli è che fra me mi preoccupava...
D'un guaio fatto per gofferia...
RITA
Che vuoi tu dir?
BEPPE
La colpa è mia...
No mi sgridare, per carità!...
RITA
La vuoi finire?
BEPPE
(fra se')
(Ho la quartana.)
(a voce alta)
La tazza verde di porcellana
mi scappò, patatrac e in cento pezzi andò.
RITA
La tazza istoriata?
BEPPE
È un guaio, anch'io lo so!
RITA
Silenzio, o un'infilzata
per te di schiaffi avrò.
Noioso, citrullo,
corbello, zuccon!
Sei scemo, sei nullo,
non sei che un babbion!
Ho avuto un gran torto,
ne piango di cor;
Oh! il primo che è morto
quegli era un amor!
BEPPE
(fra se)
M'avesse la balia,
strozzato bambino,
o in fasce buttato
nel fiume vicino!
Mi fossi accoppato
più tardi da me,
o a un chiodo impiccato
con qualche perché!
Ma stretto ho il gran nodo,
non posso disfar;
mi torco, mi rodo,
e nulla so far.
Mariti, a diporto,
passate per qua!
E il caso che il morto
invidia mi fa!
(mettendosi in ginocchio davanti a Rita,
la quale si è messa a sedere, presso alla
tavola, a sinistra)
Una non hai, ma due mila ragioni
che un bel bacin sulla guancia adorata...
RITA
(alzandosi e dandogli uno schiaffo)
Sol di questi per te n'ho una fornata.
BEPPE
(piangendo)
Ahi! Ahi! Ahimè!
RITA
(contraffacendolo)
Ahimè! Ahimè!
Di baci e di pane,
tue pene a calmar,
per due settimane,
a stecco dèi star.
BEPPE
Che modi, che gergo!
Vuoi farmi arrabbiar?
Da fronte, o da tergo
non sai che picchiar.
RITA
Ho avuto il gran torto,
ne piango di cuor!
Oh! il primo che è morto
quegli era un amor.
BEPPE
È il caso ché il morto
invidia mi fa!
Rita, sulla soglia dell'albergo, manda baci a Beppe,
che non la vede.