GERARDO
Grazie, o generoso,
che sei corso a salvarmi.
LUSIGNANO
Altri qualunque,
stranier, t'avria difeso.
GERARDO
Or potrei, spero,
saper, chi sia l'uomo per cui mi corre
debito tanto.
LUSIGNANO
In premio del favore,
concedimi ch'io il taccia.
GERARDO
Almen la patria tua?
LUSIGNANO
È la Francia.
GERARDO
La Francia è patria mia.
Si stringono le destre.
LUSIGNANO
Se d'uopo in qualsisia
tempo avrai del mio braccio,
vieni presso del re.
GERARDO
Del re? Prosegui...
LUSIGNANO
Tu raccapricci? È pur figlio di Francia
re Lusignano.
GERARDO
E ver ma...
LUSIGNANO
(stringendogli la destra)
Franco parla.
GERARDO
Io l'aborro.
LUSIGNANO
Perché?
GERARDO
Perch'ei mi tolse
l'amor mio.
LUSIGNANO
Caterina?
GERARDO
Lo dicesti.
LUSIGNANO
(Che intendo!) Ed ora?
GERARDO
Io voglio i miei tormenti
rinfacciargli.
LUSIGNANO
Sta bene: io mostrerotti
colui.
GERARDO
Dov'è? Su! me l'addita.
LUSIGNANO
Insano!
Eccolo.
GERARDO
Che! Tu stesso!
LUSIGNANO
Io Lusignano.
Parla, ardisci: io son quel desso,
che ti tolsi il primo amore.
Tu non l'osi?
GERARDO
E tanto eccesso
consumar potrebbe un core?
LUSIGNANO
Se di rabbia ardente sei,
facil'opra è l'empio vanto.
GERARDO
Guarda, o re, dagli occhi miei,
come il cor m'hai posto in pianto.
Vedi: io piango. Non por mente
al mio sdegno, io non ragiono.
Se fui stolto e sconoscente,
né un fellon, né un vile io sono.
Oh! perdona a un disperato,
che più senno e cor non ha.
Il martirio che ho durato
solamente il ciel lo sa.
LUSIGNANO
Se tu piangi, e sei pentito,
ti compiango, e ti perdono.
Come te fui pur tradito,
più dite perduto io sono.
E colei, che m'ebbi in patto
d'alleanza e d'amistà;
fu stromento d'un misfatto,
che cader su me dovrà.
GERARDO
(toccandosi il petto)
Che qui non batte un core ingrato
provarti forse a me fia dato.
Vivi felice e congiunto a lei,
che pianser tanto questi occhi miei.
Sacra è la fede, che ti giurai.
LUSIGNANO
Viver felice! Ma tu non sai,
ch'avido il guardo su questa terra
gittò il Leone per farmi guerra?
GERARDO
Bando ai timori!
S'odono avvicinarsi le guardie.
LUSIGNANO
Senti?
GERARDO
(in atto di partire)
La scorta
notturna avanzasi a questa volta.
LUSIGNANO
Mi lasci?
GERARDO
Il deggio: ma sappi, o sire,
che sui tuoi giorni veglia un fratel.
LUSIGNANO
(abbracciandolo)
Non più pavento l'ostile ardire,
se in te un custode mi manda il ciel.
GERARDO
Sì: dall'ardir degli empi
per me difeso andrai,
perché t'è sposa, o principe,
quella che un giorno amai,
della mia vita il debito
sento due volte a te:
e la mia man difendere
dovrà il fratello, e il re.
LUSIGNANO
Dunque tu vuoi dividere
meco ogni mio periglio?
O generoso giovine
sei ben di Francia figlio!
Dal reo mercato sciogliere
potessi almen la fé!
Più Caterina vittima
non io vorrei, né te.
Partono.
Gabinetto della regina: in fondo la camera del re: da un
lato la porta esteriore, dall'altro un poggiuolo, che guarda
sul porto.
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