LUSIGNANO
Io!
Indietro! Io, vil carnefice!
difenderò costei:
io farò noto al popolo,
che malfattor tu sei.
Di fato reo lo sdegno
se morto mi vorrà;
chi mi tradisce, indegno!
prima di me morrà!
MOCENIGO
Cerca, se il vuoi, supplizi;
scaglia su me la morte;
ma non per questo un fremito
darà il leon men forte.
Al nunzio dell'estrema
mia sorte ei ruggirà.
E l'ora mia suprema,
l'ultima tua sarà.
CATERINA
Scaglia la giusta folgore
sulla superba fronte:
tronca in costui l'origine
dei danni nostri e l'onte.
Pera chi spregia e insulta
colui, che il punirà:
più non rimanga inulta
l'offesa maestà.
GERARDO
Ti prostra nella polvere
senza levar lo sguardo,
or che del ciel l'anatema
ti fulminò, codardo.
Non sempre arrise il fato
dei Dieci alla viltà.
E il loro ardir scontato
col sangue tuo sarà.
LUSIGNANO
Olà?
MOCENIGO
Gran re, la collera
vendicatrice è tarda.
Un cenno, e di Venezia scoppierà
il tuono. Guarda...
Egli getta in mare, dal poggiuolo, una sciarpa,
e s'ode all'istante un colpo di cannone.
Guerra!
Entrano le guardie del re.
LUSIGNANO
Giacché lo vuoi, guerra fra noi sarà.
Guardie, l'affido a voi.
MOCENIGO
(Oh! rabbia!)
LUSIGNANO
All'armi or va.
LUSIGNANO, GERARDO e CATERINA
Va', fellon: di questa terra
escirà il leon codardo.
Degli oppressi è il braccio in guerra
formidabile e gagliardo:
ed il veneto senato,
che tradir mi/lo s'attentò,
maledetto ed esacrato
alle genti io renderò.
MOCENIGO
Su, di morte alla tenzone
corra pur la gente tutta,
pria d'abbattere il leone
la tua Cipro andrà distrutta,
benché il braccio ho incatenato
pur tremar per me non so.
Osa pur, ma vendicato,
vendicato io morirò.
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