2.2.
La vita consacrata "memoria vivente" del Cristo obbediente
Cristo è il supremo modello e la più genuina
fonte d'ispirazione per il programma di vita di obbedienza delle persone
consacrate. Secondo i dati biblici e secondo la tradizione della Chiesa, Cristo
"è l'obbediente per eccellenza" (VC 22b).
Nella sua esistenza terrena, Gesù di
Nazaret adottò in tutto la forma di vita del Figlio-Servo. Si lasciò guidare
sempre dal Padre e in ogni momento adempì perfettamente la sua volontà. Ogni
parola, ogni indicazione, ogni desiderio del Padre divenne per lui regola di
vita. In tal senso, si può affermare che tutto il contenuto del consiglio
evangelico dell'obbedienza è stato vissuto e come incarnato dallo stesso
Cristo, maestro di obbedienza soprattutto con l'esempio della propria forma di
vita.
Bisogna rilevare l'importanza di due testi
biblici che, in meravigliosa sintesi, presentano l'opzione che ha dato il senso
più determinante a tutte le fasi e a tutte le decisioni particolari di Gesù in
questo mondo: "Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la
volontà di colui che mi ha mandato" (Gv 6, 38); "(...)
entrando nel mondo Cristo dice: (...) Ecco io vengo (...) per fare, o Dio, la
tua volontà" (Eb 10, 5.7). Questa opzione di totale disponibilità,
mantenuta costantemente in assoluta fedeltà, fu quella che diede un significato
di profondissima obbedienza a tutti i dettagli della vita e della morte di
Cristo. Tutta la sua esistenza è stata un olocausto di amore e di obbedienza al
Padre.
Egli ha descritto così il segreto del suo
dinamismo: "Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere
la sua opera" (Gv 4, 34). La sua perenne comunione di amore col
Padre, vissuta sempre con senso di obbedienza filiale, gli ha permesso di
confessare con l'umiltà del la verità: "io faccio sempre le cose che gli
sono gradite" (Gv 8, 29).
Paolo loda e ringrazia di cuore Cristo,
che con la sua "obbedienza" (Rm 5,19) di nuovo Adamo ha
portato all'umanità "la grazia con la giustizia per la vita eterna" (Rm
5,21). Cristo è stato senza dubbio il sommo obbediente, il Figlio-Servo
che, per la gloria del Padre e la salvezza delle persone umane, "umiliò se
stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Fil
2,8).
Ogni fedele è tenuto a vivere in modo
coerente con la "perfezione del proprio stato" (LG 42d). Deve quindi
praticare l'obbedienza cristiana secondo le esigenze del proprio stato di vita.
Ogni Istituto di vita consacrata è una
comunità di persone consacrate, organicamente strutturata e impegnata a vivere
secondo un peculiare programma di obbedienza, approvato dalla Chiesa. Ogni
Istituto deve cercare di fare sempre la volontà del Padre, nella piena fedeltà
al carisma ricevuto. Il membro di tali Istituti promette di essere obbediente
al Padre e ai suoi legittimi rappresentanti "in ciò che riguarda la perfezione,
al di là del precetto, allo scopo di conformarsi più pienamente al Cristo
obbediente" (LG 42d).
Con la professione del consiglio
evangelico dell'obbedienza, egli abbraccia un programma di obbedienza
evangelica che "il battesimo non comporta per se stesso" (VC
30b). Egli cerca di attuare così il piano di obbedienza della vita consacrata:
essere "memoria vivente" del Cristo obbediente.
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