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Ángel Pardilla, CMF
La vita consacrata, memoria vivente…

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  • 2. LA VITA CONSACRATA "MEMORIA VIVENTE" DEL CRISTO CONSACRATO, OBBEDIENTE, CASTO, POVERO, ORANTE E MISSIONARIO
    • 2.3. La vita consacrata "memoria vivente" del Cristo casto
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2.3. La vita consacrata "memoria vivente" del Cristo casto

La Chiesa non loda la rinuncia alla vita matrimoniale fatta per motivi di egoismo e per ragioni discutibili. Il Magistero loda giustamente la castità "consacrata", cioè l'impegno a vivere con coerenza il valore evangelico della castità scelta per il motivo "sacro" del Regno dei cieli.

Il programma di vita della castità consacrata non è solo né prioritariamente un progetto caratterizzato dalla rinuncia. "La rinuncia viene fatta in vista di un bene più grande, di valori più elevati, riassunti nella bella espressione evangelica di 'Regno dei cieli'. Il dono completo di sé a questo Regno giustifica e santifica il celibato" (Giovanni Paolo II, 16 novembre 1994). Il consiglio evangelico della castità consacrata e gli altri consigli evangelici "prima e più che una rinuncia, sono una specifica accoglienza del mistero di Cristo, vissuta all'interno della Chiesa" (VC 16a). È fuorviante pertanto caratterizzare la castità consacrata con definizioni come questa: la castità delle persone consacrate non è altro che il precludersi l'esercizio attivo della propria sessualità.

La scelta della castità consacrata non è la conclusione o il risultato di un ragionamento filosofico. È da Cristo che imparano le persone consacrate il vero senso e l'attuazione armonica della castità consacrata. Assumendo nella propria carne umana la forma di vita verginale, il Cristo che approvò pure la dignità della vita matrimoniale rivelò, come valore evangelico migliore, "il pregio sublime e la misteriosa fecondità spirituale della verginità" (VC 22b).

Sulla base dei dati biblici la Chiesa insegna che Gesù è stato concepito verginalmente e confessa la perpetua verginità di Maria. Il dinamismo profondo della verità su Maria "sempre Vergine" porta armonicamente alla certezza sul Cristo "sempre Vergine".

Il testo più specifico sul celibato consacrato è quello di Mt 19, 11-12, che contiene il detto di Gesù sul dono e sulla libera scelta degli "eunuchi per il Regno dei cieli". Prima, durante e dopo il Concilio Vaticano II, il testo è stato interpretato dalla Chiesa in un senso forte e ritenuto valore evangelico di libera scelta: "Nella dottrina della Chiesa vige la convinzione che queste parole non esprimono un comandamento che obbliga tutti, ma un consiglio che riguarda alcune persone (cfr LG 42)" (Giovanni Paolo II, 10 marzo 1982) .

I migliori studi esegetici attuali confermano e rafforzano l'interpretazione della Chiesa. Dall'analisi delle parole e dell'ambiente del tempo, emerge che molto probabilmente la parola "eunuco" è stata usata dai nemici di Gesù come un insulto contro di lui. Ma Gesù difese magistralmente la sua scelta e quella dei suoi intimi dichiarando che era un onore vivere da "eunuchi per il Regno dei cieli".

Nei Vangeli troviamo anche una confessione di Gesù che esprime un aspetto della sua povertà e la sua decisione di vivere nella castità consacrata: "Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo" (Mt 8, 20; Lc 9,58). La struttura ternaria del detto indica in maniera molto semitica che Gesù non ha una sua tana umana, una sua casa-nido (cfr Sal 84,4), una sua casa-focolare, riscaldata dall'amore di una sposa (cfr Sal 128,3), che gli faccia da "colonna di appoggio" (Sir 36,26). Di nido in quanto nido, cioè di focolare domestico in quanto tale, Gesù non ha assolutamente niente. Docile anche in questo al Padre, Gesù non ha paura di essere insultato proprio per questa sua scelta:

"Chi si fida di un ladro (...)? Così dell'uomo che non ha un nido" (Sir 36,28).

La vita consacrata, mediante la testimonianza evangelica e cristo logica della verginità consacrata e del celibato per il Regno dei cieli, è "memoria vivente" del Cristo casto.




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