2.6. La vita consacrata "memoria vivente" del Cristo
missionario
Per descrivere l'identità e
la spiritualità del "missionario" è necessario illuminare il campo
semantico della parola. In italiano, ad esempio, hanno fondamentalmente lo
stesso significato biblico questi cinque vocaboli di origine greca e latina:
apostolo, messo, missionario, mandato, inviato.
Nella Sacra Scrittura, quando il termine è
usato in senso religioso, il soggetto mandante è Dio. La missione è prima di
tutto una realtà ricevuta da Dio. È lui che, conferendo la missione, crea
l'identità del missionario. Una persona non può presentarsi come apostolo o
missionario di Dio se non è stata inviata da lui. Ogni missionario deve
accettare le condizioni e le regole di comportamento stabilite da Dio.
Certo, Dio rispetta la libertà e la responsabilità
del suo inviato. Gli chiede un coinvolgimento personale nell'adempimento della
missione. Vuole che diventi collaboratore o soggetto agente nella realizzazione
della missione.
Questa dinamica biblica, teologica e
spirituale del missionario è quella che troviamo anche nella figura evangelica
di Cristo. I testi neotestamentari indicano, infatti, che Cristo può
giustamente essere definito il "missionario del Padre" (VC
22a; 77), "l'Apostolo del Padre" (VC 9b), "mandato nel
mondo" (VC 72a), "inviato al mondo" (VC 72c),
"inviato in missione" (VC 76).
Cristo si è proclamato apostolo di Dio,
inviato per compiere nel suo nome e con la forza dello Spirito la missione di
profeta e di evangelizzatore (cfr Lc 4,18-19). Nella parabola dei
vignaioli, egli si presenta come l'inviato-Figlio (cfr Mt 21,33-37).
Cristo è l'Apostolo della pienezza del tempo: "quando venne la pienezza
del tempo, Dio mandò il suo Figlio" (Gal 4, 4-5; cfr Rm 8,3).
Ogni cristiano deve avere un atteggiamento di fede, amore e suprema fedeltà al
"Figlio" (Eb l, 2), che è l'Apostolo" (Eb
3, l) della nuova alleanza (cfr Eb 8,6).
La sorgente del movimento apostolico si
trova in Dio Padre, e più concretamente nel suo amore misericordioso. In perfetta
sintonia col Padre, il Figlio si fa Apostolo per amore all'umanità, per portare
agli esseri umani la vita eterna: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da
dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia
la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo,
ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui" (Gv 3, 16-17).
La missione apostolica di Gesù non può
essere ridotta ai soli limiti della sua attività di predicatore o taumaturgo.
Tutta la sua vita di testimonianza di amore e di servizio rientra nella
categoria del suo apostolato.
Questa testimonianza raggiunge il grado
più alto nell'ora del sacrificio supremo a favore dell'umanità. Sulla croce
Gesù risplende come il più grande Apostolo-Martire dell'amore verso il Padre e
verso l'umanità.
Ogni fedele deve realizzare la missione
affidatagli dalla Trinità nel battesimo. Affermare, tuttavia, che tra i membri
del popolo di Dio non esiste diversità nella missione, perché tutti i cristiani
hanno una stessa e identica missione, significa non rispettare né i dati
biblici, né l'insegnamento della Chiesa sulla missione.
Le persone consacrate sono
chiamate, con "speciale vocazione" (VC 14b) a una vita dl
"totale conformazione" (VC 18c) a "colui che il Padre
ha consacrato e mandato nel mondo" (Gv 10, 36) e "che è
insieme il consacrato alla gloria del Padre e l'inviato al
mondo per la salvezza dei fratelli e delle sorelle" (VC 72c). In
armonia quindi con la loro "speciale consacrazione" (VC
30t; 31d), le persone consacrate ricevono e compiono una "speciale
missione" (VC 17a; 35c), "una missione peculiare"
(VC 31c), che ha un particolare carattere positivo ed eminentemente
cristologico: "Nella loro chiamata è quindi compreso il compito di dedicarsi
totalmente alla missione; anzi la stessa vita consacrata (...)
diventa missione, come lo è stata tutta la vita di Gesù" (VC 72a) .
Quanto più perfetta è la configurazione
della persona consacrata con il Cristo Apostolo, tanto più feconda diventa la
sua presenza apostolica: "Più ci si lascia conformare a Cristo più lo si
rende presente e operante nel mondo per la salvezza degli uomini" (VC 72d).
Quanto più ci si lascia configurare dal Cristo Servitore, tanto meglio si
esercita il servizio apostolico: "La vita consacrata dice eloquentemente
che quanto più si vive di Cristo, tanto meglio Lo si può servire negli
altri" (VC 76).
La varietà del mistero del Cristo-Apostolo
è la fonte immediata e inesauribile dei carismi apostolici nella Chiesa. Un
singolo fondatore o un singolo Istituto non può abbracciare tutta la ricchezza
di tale mistero. È necessario saper coltivare con cura il particolare dono
cristologico ricevuto e dedicare le proprie energie e la propria organizzazione
a rappresentare con particolare incisività alcuno o alcuni degli aspetti del
poliedrico mistero del Cristo Apostolo. Per esempio: alcune persone consacrate
si dedicano in modo specifico a testimoniare "la misteriosa fecondità
apostolica" (VC 8b) del Cristo "orante" (cfr VC 8a;
14c; 24b; 32d); altre, chinandosi sulla sofferenza umana, offrono una limpida
testimonianza di Cristo, "divino Samaritano" (VC 83b),
che nel suo ministero di misericordia rivelò all'umanità sofferente l'amore
misericordioso del Padre; altre, sono la presenza viva del Cristo Maestro (cfr VC
96a; 97a).
In tal senso, le persone consacrate sono
chiamate a rendere presente nella Chiesa lo splendore evangelico della forma di
vita missionaria di Cristo. "Le persone consacrate, infatti, hanno il
compito di rendere presente (...) il Cristo casto, povero,
obbediente, orante e missionario (cfr LG 44; 46)" (VC 77).
La vita consacrata, quindi, è "memoria vivente" anche del
Cristo missionario.
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