VIII.
Pochi momenti dopo, la voce del sindaco e del
farmacista risuonava dietro il muro del giardino parrocchiale, in cui dopo la
messa, mi ero venuto a sedere per liberarmi alquanto i polmoni dall'afa
dell'incenso.
Il sindaco diceva:
- Vado
a casa a prendere un libro dove si prova, come due e due fanno quattro, che la
terra della carbonaia era del Comune e deve ritornare al Comune. Ci dò
un'occhiata ancora, mentre voi pranzate e in quattro salti sono qui. Siamo
intesi?
-
Intesi? Di che? Oh! io non c'entro, io! Ne ho abbastanza delle noie della
farmacia, perchè cacci le mani negli impiastri degli altri. Me le lavo io, le
mani, quando esco dalla bottega.....
- Ma
non mi prometteste di venir a pranzo domani?
-
Questo è un altro paio di maniche, e ci verrò senza dubbio, a pranzo. Anzi,
dite pure a Brigida che, o manzo o vitello o pollo che sia, aspetti me per
mettere al fuoco. Vi farò, caro sindaco, un piatticello....
- Allora
ordinerò di uccidere un pollo.
-
Un'anitra varrebbe meglio.
- Vada
per l'anitra.
-
Giovincellina.... se è possibile......
-
Faremo una scorpacciata, e poi vi dirò che razza di curato......
- Tacete!....
A quattrocchi si può emettere un parere; ma qui, in mezzo alla strada, sulla
sua porta..
- Che
porta! Non ho paura io delle cocolle.
- Io
sono amico di Don Luigi.....
- E di
me non lo siete forse?....
- Amico
di tutto il mondo; ma..... capite, oggi pranzo qui, domani pranzo da voi e il
quassio e il tamarindo per farvi digerire lo do a tutti due.
- A
rivederci; e ne sentirete delle belle.
- Mi
raccomando.... giovincellina!.....
Uno scricchiolio non lontano mi fe' volgere il
capo; era il signor Bazzetta che entrava dal cancello. Vedendomi, parve
turbarsi un po', e, toccato il largo cappello di feltro, fece per tornare sui
proprii passi. Ma era troppo tardi; io gli rivolsi la parola:
-
Signor farmacista, gli dissi, permettete che, in assenza del signor curato, io
vi faccia gli onori di casa. Gli amici degli amici sono amici, - voi conoscete
il proverbio, - e poichè (appoggiai su queste parole) voi siete amico di Don
Luigi come lo sono io.... Il farmacista mi guardava con occhio scrutatore. La sua
faccia che in cantoria non mi aveva fatto nessuna impressione, ora mi appariva
improntata di una intelligenza, di un acume che traspariva da tutti i pori. Due
occhietti grigi, un naso aquilino, due baffetti ed un pizzo di un colore
impossibile fra il biondo e il grigio evidentemente resi così mercè qualche
apparato chimico, i capelli appiccicati alle tempia, volti in avanti, divisi da
una dirizzatura inappuntabile. Una certa ricercatezza nel vestire: stoffa alla
buona ma di una tinta, come dire? coquette, - la camicia bianchissima, stirata
alla perfezione; il colletto all'inglese, e i polsini a buffetti uscenti
vezzosamente di un paio d'oncie fuor delle maniche.
Quand'ebbi finito, si avvicinò, mi stese la
mano, ch'io strinsi e mi disse:
- Un
amico di città? Ma, scusi sa, come può essere, se don Luigi, da vent'anni non
si è mosso dal paese?
- Il
tempo non è sempre indispensabile alle amicizie; voi, che siete amico di tutti,
come mi pare di avervi udito dire testè, lo dovete sapere....
- Ah!
il signore ha udito il discorso?.....
- Sì,
signor Bazzetta, qui e in cantoria.
Come il lettore vede, il piccolo mistero di
cui mi aveva messo a parte la collerica eloquenza del sindaco destava in modo
sommo la mia curiosità. L'aspetto da energumeno del nemico del vecchio curato,
il parlar sibillino del suo convitato mi facevano intravedere il filo probabile
di una congiura che la mia stima per don Luigi mi persuadeva ingiusta e
malvagia e che forse il caso e la fortuna mi potevano dar di sventare.
Mi fissò nuovamente, parve riflettere, poi
prendendo una rosa che pendeva lì vicino e fiutandola:
- Che
lusso di fiori, disse sbadatamente, e, abbandonato il ramo che rimbalzò a
raggiungere il cespo, continuò:
- Che
taccola quel sindaco; uh! quando comincia a far danzare la lingua, non
smetterebbe più; è una pioggia d'ottobre; è la mia morte quell'uomo. Alla
messa, in piazza, nella farmacia, dappertutto, la sente la sua voce. E dover
far finta di prenderci gusto! Chè, altrimenti guai! Ha un carattere.....
basta.... le sono seccaggini; pene e tormenti, inerenti alla vita di campagna.
- Pare,
interruppi, che oggi avesse qualche grave affare pel capo.
- Lo so
io? rispose Bazzetta animandosi; lo so io? Mi colga malanno se ho capito una
parola di tutto il suo discorso. Non ha veduto? Dondolavo il capo, tanto per
dargli ad intendere che la ascoltavo, e più di qualche monosillabo così pro
forma, come si suol dire, non ho risposto nè bianco nè nero.
- Gli
consigliaste la prudenza, se non ho male inteso. Trattasi dunque di cosa in cui
è presumibile ch'egli possa dimenticarla, la prudenza?
- È un
affare che s'agita da un gran pezzo.
Il curato possiede un campicello; un prato,
per dir meglio, ombreggiato da una gran quercia. Son pochi metri di terra che
non valgono due scudi, tanto più che il curato li lascia incolti, permettendo
che vi raccolgano l'erba e le ghiande gli accattoni delle montagne. Però, il
perchè lo ignoro, predilige quel luogo stranamente. Ci va, benchè la salita sia
molto erta, quasi tutti i giorni, al tramonto, e vi resta a leggere un libro,
sempre quello, da venti anni in qua. Or son pochi mesi, essendo obligato da
tempo a star a letto per una febbre ostinata, un bel giorno, dopo aver molto e
molto sospirato, gli venne la fantasia di farsi vestire e trasportar da Baccio
fino lassù, sotto la sua quercia. Il giorno dopo era guarito. Ebbene, il
Sindaco, col pretesto che quella poca terra è necessaria per farvi passare una
viuzza, secondo lui indispensabile, vuole e pretende che Don Luigi la ceda al
Comune, vantando non so quali diritti. Per me, ripeto, amico di tutti e
farmacista di tutto il mondo, e così messer Iddio lo volesse. - Che ne dice?
- E
credete che il sindaco riescirà?
- Eh!
se ci si mette.... ha le autorità dalla sua.... ha influenze.... acqua in
bocca..... ecco don Luigi; facciamo sembiante di nulla. Il curato infatti ci
veniva incontro pel viale di mezzo, tutto sorridente, e spalancando le braccia.
Avute le mie congratulazioni per la cameretta, pel giardino e per la chiesa,
don Luigi si rivolse al farmacista che accendeva una lunga pipa di schiuma e:
- Caro
Bazzetta, gli disse amichevolmente, avete data un'occhiata in cucina? Come
vedete, oggi il pranzo è proprio di gala; bisogna farsi onore.
- Non dubitate,
reverendo, rispose l'altro toccandosi il cappello e inchinandosi burlescamente:
ho già impartite le ordinazioncine; ora tocca alla Mansueta ed a Baccio; però
un'altra occhiatinina può giovare. Ci vado.
Quando il farmacista fu partito, don Luigi mi
stese nuovamente la mano, e stringendo con effusione la mia, mi invitò a sedere
sul banco di pietra.
- Mi
sembrate preoccupato, disse guardandomi in faccia dopo uno scambio di parole
che era durato una diecina di minuti. Ditemi, per carità, che cosa vi ha tolto
la ciera contenta di ieri sera? avete dormito male? vi è nata qualche
contrarietà? parlatemi come a un vecchio amico, mio caro, giacchè voi siete già
tale per me...
-
Preoccupato, risposi, oh! no, davvero! È questa lieta novità di spettacolo che mi
distrae: ho dormito a meraviglia, ho visto dei soggetti di pittura magnifici,
tutto mi sorride e mi piace, sono vostro in corpo ed anima, e vi avverto, don
Luigi, che il giorno di lasciar questa casa non è molto vicino.
- E se
occorresse barricarla, per allontanarlo di più, son io quello che la muterei in
fortezza, sclamò il curato, a cui il lettore s'accorgerà che io non avevo detta
tutta intiera la verità.
I miei occhi non potevano togliersi da una
macchia di castagni sovrastante al giardino, sotto la quale, da cinque minuti,
era venuto a sedersi il terribile sindaco, armato di un grosso volume nero
nero, e seguito da un figuro che la lontananza non mi permetteva di ben
definire. Nella posa di quei due uomini raggomitolati sotto quelle fronde,
v'era un non so che di truce, di misterioso, che mi sgomentava. La testa del
sindaco, china sul libro, seguiva affannosamente la mano dell'altro che pareva
leggesse; e di tanto in tanto si alzava verso il presbiterio, ed erano allora
due pugni chiusi che si appuntavano nella stessa direzione.
Per quanto mi fosse doloroso il togliere don
Luigi alla sua calma allegria, non potei resistere al bisogno, che mi pareva
dovere, di additargli quello strano gruppo, pur tacendo delle cose udite in
cantoria.
- Don
Luigi, gli dissi, studiano molto le vostre pecorelle. Guardate lassù quelle
due: si direbbero studenti di Università alla vigilia degli esami.
Il povero vecchio alzò gli occhi, guardò,
ravvisò, e un tremito gli corse sulle labbra, e un pallore, non so se di
collera o di paura, gli coperse la faccia. Balbettò, per rispondermi, poche
parole ch'io non compresi, e si alzò.
-
Entriamo in casa; oggi conoscerete tutti i notabili del villaggio.
E mi precedette passandosi a più riprese la
mano sulla fronte.
Io mi sentiva l'anima oppressa.
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