XIX
Quando rientrai cominciava ad imbrunire.
Il curato stava seduto nell'orto, appoggiato
al muricciolo, guardava verso la valle. Pensai ch'egli fosse assorto in gravi
riflessioni; non ardii frastornarlo.
Ma dopo qualche tempo si volse e mi vide.
Pareva calmo; con un cenno del capo m'invitò a venirgli d'accanto. Poi
indicandomi le prime stelle che spuntavano in fondo al firmamento, - come
continuasse un discorso cominciato disse:
- Credo
che quei raggi sieno un linguaggio; altrettante voci di un colloquio immenso
attraverso l'infinito, segnali perenni che trasmettono dall'un capo all'altro
dello spazio la parola di Dio.
- Come
i falò che dovevano ad Argo annunziare il ritorno di Agamenone, - dissi, e
tosto arrossii della profana allusione.
Il curato tacque e forse non intese.
Tutt'intorno un silenzio profondo. Nella
cucina Mansueta attendeva alle tranquille faccende della cena e faceva ripetere
le orazioni ai bimbi di Beppe: le loro vocine mimmose, assonnate smozzicavano
le frasi della preghiera. V'era in questa umile scena qualcosa di più augusto
che non fossero tutti i miei ricordi letterarii. Eppure quei ricordi mi
preoccupavano con delle analogie singolari. Come la vedetta argiva attendeva il
re dei re per denunziarlo al pugnale dell'adultera mogliera, mille astronomi
dall'alto delle loro specole, indagano Iddio per tradirlo alle trafitture
micidiali della scienza epicurea.
Ero allora al tempo delle grandi curiosità. A
dieci anni spezzavo i balocchi per osservarne gli interni congegni; a venti
provavo un'irresistibile smania di notomizzar gli ideali in cui m'imbattevo.
Per gli uni e gli altri mi rincresceva poi
d'averli distrutti, - ma ogni volta tornavo daccapo.
La virtù del curato, la sua calma in mezzo a
tante tempeste e a tanta malvagità, la sua fede nel bene erano enigmi che mi
premeva di scandagliare.
Aspettavo con viva ansietà le confidenze, - le
rivelazioni promessemi il giorno innanzi: ma quella sera non vennero: il buon
vecchio pareva aver scordata, nella quietudine della propria contemplazione, la
sua promessa.
Parlò con la sua bonaria argutezza di cose
alte, sublimi; una soave malinconia cresceva prestigio alle sue parole. Era
impossibile dubitare della sua sincerità. Io era un po' distratto; ma a poco a
poco il discorso cattivò la mia attenzione, e vi presi parte anch'io.
Dopo cena Baccio mi accompagnò nella mia
camera.
Gli manifestai la mia meraviglia per la
tranquillità dal curato.
-
Sempre così, mi disse; quando lo colgono dei grandi dispiaceri ha degli accessi
subitanei, violenti, ma che durano poco: egli si ritira in qualche angolo,
passa qualche ora a pensare, - poi torna quel di prima, rassegnato, indulgente
con tutti.
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