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Giovanni Paolo II Dono e mistero IntraText CT - Lettura del testo |
Non posso chiudere queste riflessioni, nell'anno del mio giubileo d'oro sacerdotale, senza esprimere al Signore della messe la più profonda gratitudine per il dono della vocazione, per la grazia del sacerdozio, per le vocazioni sacerdotali in tutto il mondo. Lo faccio in unione con tutti i vescovi, che condividono la stessa preoccupazione per le vocazioni e vivono la stessa gioia quando il loro numero aumenta. Grazie a Dio, è in via di superamento una certa crisi delle vocazioni sacerdotali nella Chiesa. Ogni nuovo sacerdote porta con sé una benedizione speciale: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore». In ciascun sacerdote infatti è Cristo stesso che viene. Se San Cipriano ha detto che il cristiano è un «altro Cristo» — Christianus alter Christus — a maggior ragione si può dire: Sacerdos alter Christus.
Voglia Iddio tener desta nei sacerdoti la coscienza grata ed operosa del dono ricevuto e suscitare in molti giovani una risposta pronta e generosa alla sua chiamata a spendersi senza riserve per la causa del Vangelo. Ne trarranno vantaggio gli uomini e le donne del nostro tempo, così bisognosi di senso e di speranza. Ne gioirà la Comunità cristiana, che potrà guardare con fiducia alle incognite e alle sfide del terzo Millennio, ormai alle porte.
La Vergine Maria accolga come un omaggio filiale questa mia testimonianza, a gloria della Santa Trinità. La renda feconda nel cuore dei fratelli nel sacerdozio e di tanti figli della Chiesa. Ne faccia un seme di fraternità anche per quanti, pur non condividendo la stessa fede, mi fanno spesso dono del loro ascolto e del loro dialogo sincero.