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Giovanni Paolo II Dono e mistero IntraText CT - Lettura del testo |
All'inizio del luglio 1948 discussi la tesi di dottorato all'Angelicum e subito dopo mi misi sulla strada del ritorno in Polonia. Ho accennato prima che in quei due anni di soggiorno nella Città Eterna avevo «imparato» intensamente Roma: la Roma delle catacombe, la Roma dei martiri, la Roma di Pietro e Paolo, la Roma dei confessori. Ritorno spesso a quegli anni con la memoria piena di emozione. Partendo portavo con me non soltanto un accresciuto bagaglio di cultura teologica, ma anche il consolidamento del mio sacerdozio e l'approfondimento della mia visione della Chiesa. Quel periodo di studio intenso accanto alle Tombe degli Apostoli mi aveva dato molto da ogni punto di vista.
Certo potrei aggiungere molti altri dettagli circa tale decisiva esperienza. Preferisco riassumere tutto dicendo che attraverso Roma il mio giovane sacerdozio si era arricchito di una dimensione europea e universale. Tornavo da Roma a Cracovia con quel senso di universalità della missione sacerdotale che è stato magistralmente espresso dal Concilio Vaticano II, soprattutto nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium. Non soltanto il vescovo, ma anche ogni sacerdote deve vivere in sé la sollecitudine per la Chiesa intera e sentirsi di essa, in qualche modo, responsabile.