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P. Giocondo Pio Lorgna, O.P.
Discorsi di formazione religiosa alle Imeldine

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39.     (18 agosto 1921)

 

Osservando il Sacro Cuore di Gesù, Padre Giocondo spiega alle sue figlie il significato della piaga sanguinante. Essa è la ribellione della carne nella natura creata da Dio; in modo particolare è il peccato dell'impurità. Come rimediarvi? Con la mortificazione costante e con la devozione eucaristica. Così hanno fatto tutti i santi.

Testo in AL V 723 (6)

 

 

Il cuore di Gesù si presenta a noi con in alto la croce simbolo dell'obbedienza; circondato da spine che ci ricordano la povertà, ci mostra ancora la piaga sanguinante e che cosa essa ci dice?

Mie care figlie, noi tutti portiamo una ferita tremenda nel nostro cuore: è una ferita di natura. Iddio, nell'Eden, aveva creato l'uomo perfetto, tutto un'armonia: la mente soggetta a lui, e la carne soggetta alla mente. Finché l'uomo rimase fedele a Dio, nessuna ribellione nella sua carne; ma, commessa la colpa, subito sentì il fremito delle passioni sì che egli stesso ebbe vergogna di sé e si nascose e ricoperse.

Questa ferita, ossia, ribellione della natura, come è descritta bene  da  S.  Paolo  allorquando  esclama: "Sento due leggi: l'una che è dello spirito e tende a Dio; l'altra che è della carne e tende alla


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terra e ai piaceri immondi" (cf Rm VII passim). E che faceva l'apostolo S. Paolo per dominare la legge della carne con quella dello spirito? Si armava di flagelli e castigava il suo corpo: "Castigo corpus meum et in servitutem redigo" (1Cor 9, 27).

Anche S. Girolamo, quando lo turbava il pensiero delle fanciulle danzanti, estenuava le sue forze coi digiuni e con una grossa pietra si percuoteva il petto.

S. Francesco, nelle tentazioni, era solito avvolgersi tra le spine e quelle spine prodigiosamente si convertivano in rose tutte chiazzate di sangue.

S. Domenico prima di dare l'ultimo anelito confessò che sempre aveva conservata l'innocenza... ma che spirito di penitenza! Il suo cibo era scarso e povero, terribili le sue flagellazioni notturne. S. Domenico, prima di morire, raccomandò ai suoi figli quale testamento, la purezza: "si castitatem custodieritis maxime in populis promovebimini" e la purezza quanto risplende nel giardino gusmano: tutti i vergini sono dottori e tutti i dottori sono vergini: vergine S. Tommaso, S. Raimondo, S. Pietro Martire, S. Giacinto e S. Caterina da Siena.

Vogliamo anche noi, sorelle mie, fiorire quasi gigli nel giardino gusmano? Circondiamo il fiore della purezza nostra delle spine della mortificazione; ma, ricordiamolo, ciò non basta. Il Savio disse: "Io so di non potermi mantenere casto se Dio non mi concede questa grazia". E la sorgente della grazia non è in mezzo a noi? Non è l'Eucaristia? Non è del pane eucaristico che la Chiesa canta: "Ecco il pane dei forti e il vino dei vergini?".

O mie buone figlie, crescete quasi fiori di paradiso... fate a gara nel risplendere di bellezza immacolata dinanzi a Gesù, ma non dimenticate i grandi mezzi per crescere pure e caste: la verga della mortificazione e la devozione eucaristica. Gesù ci offre il Suo cuore ferito e sanguinante: quella ferita e quel sangue, mentre ci rammentano la ferita della nostra natura corrotta, ci insegnano ancora come, uniti a quel cuore divino per la devozione eucaristica, noi troveremo un asilo di pace, saremo forti nella lotta e trionferemo delle passioni più ribelli e umilianti.

 

 




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