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P. Giocondo Pio Lorgna, O.P.
Discorsi di formazione religiosa alle Imeldine

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60.     (24 novembre 1927 )

 

Le ultime istruzioni spirituali proposte da Padre Giocondo alle figlie hanno una caratteristica di estrema solidità dottrinale e di una limpida chiarezza d'esposizione. Non si sente per nulla la fatica e la difficoltà di comunicare pensieri profondi e vitali


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con un linguaggio di facile comprensione. Questa luminosa pagina su S. Giovanni della Croce, il mistico del patire e del disprezzo, ne è un convincente esempio.

Testo in AL V 755 (14)

 

 

Il Santo di cui oggi facciamo la festa è una figura di gigante e la Chiesa lo ha coronato dell'aureola di dottore mistico. E di quale mistica profonda, vera non era adorno S. Giovanni della Croce (1542-1591)! A questa mistica devono guardare le anime che aspirano alla vera perfezione.

Studiamone la vita e i suoi esempi: la vita di questo Santo è una vita umilissima, tribolata, tutta nascosta. Lo vediamo nascere da umili parenti e ancora in tenera età consacrato ad assaporare il dolore poiché viene gettato in un pozzo e salvato miracolosamente .

Va a servizio in un ospedale e si distingue nell'amore che ha verso i poveri ammalati, nella generosità nel donarsi a loro per lenire le loro pene e fu in questo ufficio pietoso che si sentì chiamato a santificarsi, a farsi religioso. Chiamato poi a confessore e direttore di S. Teresa, diventa suo compagno, suo consigliere nella riforma carmelitana.

Santa Teresa è la grande riformatrice delle donne e S. Giovanni della Croce, accanto a lei, dei suoi religiosi. E qui non si potrà mai ridire le fatiche che per tale riforma egli sostenne, le contrarietà, le lotte, le sofferenze: ma insieme alla cara santa non si perdette mai di coraggio, né dinanzi al dolore, né alle fatiche, né alle umiliazioni. Anzi un giorno Gesù gli apparve e chiestogli quale premio desiderava per tutto il bene che aveva fatto alla Chiesa nella riforma dell'Ordine, egli semplicemente rispose: "Domine, pati et contemni pro te! Oh, Signore, che io soffra e sia umiliato, disprezzato per te". Ecco il premio che egli voleva: dolore e disprezzo e Gesù lo esaudì, poiché tutta la sua vita fu un patimento, un disprezzo continuo, fino a che lo vediamo disteso sul letto di dolore, infermo, impotente: cinque piaghe dolorosissime appaiono sul suo corpo ed emanano un odore così pestifero che per accostarsi a lui ci vuole un bel grado di virtù. Ma finalmente viene la morte e la sua morte fu bella: appena l’anima si sciolse dal corpo e volò al cielo,


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apparve tutta risplendente di gloria e disse: "Oh, felice penitenza che mi ha procurato tanta gloria!" e disparve.

Con la sua penitenza non soltanto si procurò la gloria del cielo, ma anche quella della terra, ed ora la Chiesa lo addita come un dottore che è il massimo degli onori che possa fare ai suoi santi. E nell'additarcelo ci fa apprendere come la vera perfezione, la vera virtù che piace a Dio e che fa veramente i santi, è il dolore.

Oh! guardate i santi della mistica, mistica non sentimentale, ma reale, guardate quello che ha fatto S. Giovanni della Croce: infatti quante sofferenze, quanti patimenti, quanti disprezzi e con tutto ciò, qual era il desiderio del suo cuore? "Che io soffra, diceva, che io sia disprezzato per te", e questo domandava che così fosse anche dopo la morte, voleva essere dimenticato da tutti. Invece, vedete la Chiesa come lo esalta, essa lo proclama dottore della mistica: il dolore e il disprezzo gli hanno procurato la gloria del cielo e della terra.

Non ci illudiamo, tutti i libri che ci capitano tra le mani e che ci parlano di perfezione e non hanno queste due parole: "dolore e disprezzo", sono libri di una mistica molto comune: lasciamoli da una parte, non sono per noi. Se volete, se bramate tanto di ascendere alla perfezione, ma per una via che non sia il patire e il disprezzo, sbagliate, è una perfezione falsa e, per quanto voi lo desideraste, non giungereste mai alla vera perfezione: la vera perfezione è intessuta di disprezzo.

E questa vera mistica, o figliole, non dovrebbe essere la mistica delle Suore Imeldine? Infatti, se S. Giovanni della Croce si formò mistico pensando alla passione di Gesù e le piaghe di Gesù si ripeterono nel suo corpo, noi abbiamo la S. Eucaristia. Non è essa il monumento che Gesù ha innalzato nella Chiesa? Il monumento vivente che ricorda la sua dolorosa passione? E potremo chiamarci vere Suore e vere Imeldine se non avremo questo spirito di vera perfezione che è basato sul dolore e sul disprezzo? Gesù nella sua passione non ci parla forse di ciò? Chi più sofferente di lui, più disprezzato di lui?

Oh! l'anima veramente devota della S. Eucaristia deve, a somiglianza di S. Giovanni della Croce, pensare, imitare e ricordare sempre la passione di Gesù, adorarla nella S. Eucaristia e vivere sempre col desiderio di patire e di amare il disprezzo.




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