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P. Giocondo Pio Lorgna, O.P.
Discorsi di formazione religiosa alle Imeldine

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81.     (s. a.)

 

Commemorazione funebre di Emilia Malusa (+ 9 giugno 1922), una delle prime cinque sorelle imeldine riunite a vita comune. Padre Giocondo ha scritto e pronunciato un profilo biografico che è un gioiello di vita spirituale eucaristica. Nella Biografia si trovano vari cenni sulla eroica collaborazione di questa giovane che si è offerta a Dio per il bene dell'opera.

Testo in AL V 746 (2)

 

 

Mie figlie, questa mattina io celebro la santa messa e voi fate la comunione per Emilia Malusa. Chi era costei? Era una parrocchiana


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che dette il suo nome a quel piccolo gruppo di anime pie che furono l'inizio della Congregazione della B. Imelda. Queste anime prima si adunavano privatamente o in canonica, o in sagrestia o in qualche cappella della Chiesa e poi alcune di esse vennero nel 1916 in questa stessa casa convivendo come se fossero religiose.

La Malusa vi stette pochi mesi, perché colpita da un male che, probabilmente, fu il seme funesto che la condusse al sepolcro. Ritornata a casa andò poi esule a Milano, con la famiglia, durante il famoso profugato in cui la città di Venezia divenne un vero deserto, la cui solitudine era rotta continuamente, notte e giorno, dagli orrori della guerra specialmente per le incursioni degli aeroplani.

Cessata la guerra, anche l'Emilia Malusa ritornò a Venezia ma per poco, perché il male sempre più incrudeliva sì che una sera fu portata in fretta e furia all'ospedale, per una operazione chirurgica umiliantissima e pericolosissima: l'operazione fu assai lunga; ebbe un esito, in parte felice, perché non estirpato del tutto il male dovette sottostare a cure assai dolorose, poi ritornare sotto i ferri e soccombere di notte tempo, in una corsia dell'ospedale, senza la presenza di nessuno dei suoi cari!

La vita della Malusa fu una delle più provate: ancora di giovane età perse la madre ed essa divenne coma la mamma dei numerosi fratelli; il babbo suo in un naufragio perdette la nave da lui stesso guidata e che formava tutta la sua ricchezza. Se l'Emilia l'avesse voluto, avrebbe potuto benissimo cambiare le sue condizioni e quelle della famiglia, accogliendo per sé un altro stato; ma essa aveva promesso a Gesù perenne verginità e preferì, a tutte le ricchezze, l'essere sposa fedele di Gesù. E notate che, venendo meno al voto, non solo avrebbe migliorato assai le sue condizioni ma anche quelle della famiglia!

E mentre la buona Emilia attendeva alla sua famiglia, era un apostolo per la parrocchia: assidua alla dottrina cristiana quale maestra e zelatrice dell'Opera S. Dorotea; tutte le mattine alla messa e alla comunione, e le feste mai mancava di assistere le fanciulle che frequentavano i sacramenti, perché compissero quegli atti così solenni della confessione e della comunione nel miglior modo possibile.


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Anche fra le figlie di Maria, al Pianto, era zelatrice fervida e amorosa e nei ritagli di tempo andava ora in una casa ora in un'altra per avere indumenti ed aiuti che poi, ordinariamente, portava a me perché li distribuissi ai poveri.

Che vita provata non fu quella dell'Emilia! Orfana di madre; da agiata precipitata nella povertà; da fibra robustissima colpita da una malattia terribile; delicatissima come una vergine sposa di Gesù soggetta a operazioni e cure che la resero in balia di tutti; di cuore tenerissimo passa, isolata dai suoi cari, i lunghi mesi nelle corsie di un ospedale e, senza i suoi cari, muore di notte tempo senza quasi che l'infermiera se ne accorgesse.

Eppure lo credereste? Era una delle anime più gioviali che mai abbia visto… la gioia fioriva nel suo volto, l'allegria risuonava sul suo labbro nel facile riso o nel canto. Tutta accesa dell'amore di Gesù era completamente abbandonata al divino volere e la sua giaculatoria prediletta era questa: "Sia fatta la divina volontà, fiat voluntas tua". Nei dolori più acuti, non le bastava il ripetere la giaculatoria prediletta, ma esprimeva la gioia dell'abbandono al divino volere con il canto e spesso ripeteva: "Magnificat anima mea; Dominum laudamus; Te Deum laudamus”.

Mentre la nostra cara era all'ospedale a Milano, il Card. Ferrari, che essa aveva veduto in quella città e mi diceva che ogni volta che lo sentiva parlare provava un sentimentopio che non sperimentava dagli altri predicatori, commuoveva il mondo con l'eroismo della sua virtù rivelata lungo la malattia penosissima; ebbene lo credereste? Nei giornali io leggevo le descrizioni di quel santo sofferente... mi recavo dall'Emilia all'ospedale ed essa, inconscia di ciò che accadeva a Milano, manifestava a me quei medesimo sentimenti e perfino, talvolta, le stesse espressioni dell'Eminentissimo Principe, morto in concetto di santo.

Mie care figlie, io a quando a quando mi recavo all'ospedale ma più che consolare era per consolarmi! L'Emilia, anche uscendo dalle Imeldine, volle rimanere ad esse unita spiritualmente ed io acconsentii; perciò recitava ogni giorno l'atto di Consacrazione e dal cielo, prima di morire, promise che tanto avrebbe pregato per le sorelline della terra e in modo speciale per la Casa dei Miracoli che


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riteneva per certo che l'avremmo avuta.

La Casa dei Miracoli l'abbiamo avuta tra immense difficoltà: l'Emilia no, non è stata estranea a tanta grazia. Lo dico candidamente, io non dubito punto della sua gloria: ebbe, lo posso dire con tutta certezza, l'eroismo delle virtù. Sì, continuiamo pure a pregare per essa... la nostra preghiera più che di suffragio servirà per impetrare quelle grazie di cui abbiamo bisogno.

La cara sorellina che, insieme a Gesù tanto amava la Madonna, ci ottenga anche la Chiesa dei Miracoli e quindi tutte quelle virtù che tanto rifulsero in lei e che ci renderanno degni di tanta grazia: ci ottenga di avere, come lei, il vero spirito eucaristico, e essere, come lei, apostole dell'Eucaristia tra le anime dell'infanzia e della gioventù.

 




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