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Quinto Settimio Florente Tertulliano
De spectaculis

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CAPUT IX. 

Anche nei giochi equestri s'annida un principio idolatra.

Ora parlerò del modo in cui si vanno svolgendo i giochi Circensi: l'uso dei cavalli era prima un esercizio usato in tutta semplicità, come cosa naturale, ed appunto rome quello che rivestiva un carattere così comune, non aveva in sé neppure la più lontana traccia di colpabilità; ma quando un tale uso entrò nel dominio dei pubblici giochi, da un dono concesso e permesso da Dio, rivestì il carattere di qualcosa in servigio di potenze demoniache: Stesicoro (15) dice che [51] da Mercurio furono i cavalli assegnati a Castore e a Polluce ed a questi appunto si riporta l'uso degli spettacoli equestri: ma c'è anche un Nettuno equestre che è detto dai Greci Ippio e altre simili corse a lui dedicate. Dissero poi che le quadrighe si riportavano al sole e le bighe alla luna e chi ebbe ardimento attaccare al cocchio — quattro destrieri e su veloci rotespinto dalla gloria, correre alla vittoria pare fosse Erittonio (16) figlio di Minerva e di Vulcano, che il capriccio amoroso di una divinità fece nascere sulla terra; mostro diabolico costui, e forse più che serpente, quegli era il diavolo in persona; se poi l'inventore del carro sia stato Trochilo di Argo, di questa sua opera volle fare offerta a Giunone che in Argo aveva culto; e se a Roma fu Romolo, che per primo inventò la quadriga, se pure è vero che s'identifichi con Quirino, anche egli è entrato naturalmente a far parte delle potenze idolatre. Furono questi dunque, che inventarono le quadrighe, ma [52] il carattere idolatra si manifestò poi anche nei colori dei quali furono ornati coloro che le guidavano: da principio furono due colori soli: il bianco e il rosso: il bianco era dedicato, diciamo, all'inverno, per il ricordo del candor della neve; il rosso all'estate, perché richiamava il fulgore del sole; ma la cosa col tempo prese un ulteriore sviluppo, il principio superstizioso portò che ci furono alcuni che il rosso lo dissero il colore di Marte, il bianco lo consacrarono agli Zeffiri; alla Madre Terra dedicarono quel colore fra verde e giallo, e così pure alla primavera, al cielo, al mare, all'autunno fissarono come proprio, l'azzurro. Ma è pur vero che Iddio ha detto la sua parola di condanna ad ogni forma d'idolatria e quindi anche a quella che comprende, che abbraccia elementi naturali che appunto da essa vengono profanati e falsati nella loro semplice e primitiva natura.




15. (1) Stesicoro visse fra il 629 e il 553 A. C.: fu di Imera colonia dorica sulle coste settentrionali della Sicilia: si chiamava veramente Tisia, ma fu denominato Stesicoro, ordinatore di cori, per l'innovazioni che arrecò nella lirica corale, come l'aggiunta alla strofe e all'antistrofe, dell'epodo. Introdusse per primo nella lirica un elemento epico narrativo e i titoli dei suoi cori, come Scilla, Cicno, Cerbero, Elena, Oreste, Erifile etc. accennano appunto ai miti che egli veniva liricamente svolgendo, al modo stesso che usò più tardi Pindaro in molte odi.



16. (1) Erittonio, figlio di Cardano, fu padre di Troo, da cui discese la Troiana gente: ma qui si ricorda altra tradizione: si racconta che una volta Efesto cercasse di far violenza ad Atena e che in seguito al diniego di lei, dalla terra nascesse Erittonio, che Atena affidò alla cura delle tre figlie di Cecrope, il mitico fondatore di Atene: esse si chiamavano Erse, Fandroso, Agraulo.






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