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Quinto Settimio Florente Tertulliano De spectaculis IntraText CT - Lettura del testo |
È nella vita dell'ai di là che i Cristiani troveranno le gioie più intime e più piene.
E di tali soddisfazioni false e mondane provino il maggiore compiacimento i seguaci delle potenze avverse e nemiche: sono queste le cose a loro adatte, queste le circostanze favorevoli; e chi li chiama a tutto ciò, è appunto la potenza del male : i nostri banchetti, le nostre nozze, non sono ancora pronte; non è per noi venuto il nostro momento: noi non sappiamo con loro sedersi a lieto convito, perche neppure essi possono stare con noi: la cosa è a vicenda: costoro ora sono in piena gioia e noi invece siamo aspramente [89] provati. Dice Gesù: il mondo esulterà e voi sarete dolenti (33) ed afflitti. Versiamo lagrime dunque, finche sono in tripudio i pagani, per poter darsi a letizia allora, quando essi piangeranno, e perché appunto non dobbiamo nello stesso tempo con loro e rallegrarsi e soffrire. O cristiano, se tu desideri il piacere che ti può esser dato dal mondo, sei troppo falsato nel tuo pensiero; anzi, debbo dirti che, se stimi veramente piacere quello del mondo, hai un grado di stoltezza e follia. Ci sono dei filosofi che onorano con questo nome il piacere, quello che risponda ad un principio di serenità e di tranquillità: e in questa provano la loro soddisfazione più viva, nel pensiero di essa sono distolti da qualunque altra cosa, in essa anche trovano ragione di vanto. E tu sospireresti invece, le gare vittoriose nel Circo, l'onore della scena, il trionfo e la gloria delle pubbliche gare? Vorrei che tu mi dicessi: dal momento che la morte deve costituirci in tanta serenità e letizia, non possiamo noi forse, almeno in vita, stare senza il piacere? E quale potrebbe essere infatti, il desiderio nostro, se non quello dell'Apostolo (34), [90] che appunto aspira ad uscire dalla vita del mondo che ci circonda e poter salire presso il Signore e godere della sua presenza?