I.
VERA IDEA DELLA CONDIZIONE VERGINALE
Anzitutto vogliamo osservare che
la parte essenziale del suo insegnamento circa la verginità, la chiesa l'ha
ricevuta dalle labbra stesse dello Sposo divino.
Quando infatti i discepoli si
mostrarono colpiti dai gravissimi obblighi e fastidi del matrimonio che il
Maestro aveva loro esposto, gli dissero: «Se tale è la condizione dell'uomo
verso la moglie, non conviene sposarsi» (Mt 19,10). Gesù Cristo rispose che non tutti capiscono questa parola,
ma solo coloro ai quali è concesso; alcuni infatti sono impossibilitati al
matrimonio per difetto di natura, altri per la violenza e la malizia degli
uomini, altri invece si astengono da esso spontaneamente e di propria volontà
«per il regno dei cieli»; e concluse: «Chi può comprendere, comprenda» (Mt 19,11-12).
Il Maestro divino allude non agli
impedimenti fisici per il matrimonio ma al proposito della libera volontà di
astenersi per sempre dalle nozze e dai piaceri del corpo. Facendo il paragone
tra coloro che spontaneamente rinunciano ai piaceri del corpo e quelli che sono
costretti a rinunciarvi dalla natura o dalla violenza umana, non c'insegna
forse il divin Redentore che la castità deve essere
perpetua, affinché sia realmente perfetta?
I santi padri, inoltre, e i
dottori della chiesa hanno insegnato apertamente che la verginità non è una
virtù cristiana se non la si abbraccia «per il regno dei cieli» (Mt 19,12), cioè per poter attendere più facilmente alle
cose celesti, per conseguire più sicuramente l'eterna salvezza, per poter
condurre infine più speditamente, con diligente operosità, anche gli altri al
regno dei cieli.
Non possono, quindi, arrogarsi il
merito della verginità quei cristiani e quelle cristiane che si astengono dal
matrimonio o per egoismo o per sfuggirne gli oneri, come avverte sant'Agostino, 10 o anche per ostentare con
superbia farisaica l'integrità dei loro corpi: il concilio di Gangra (Asia Minore) condanna chi si astiene dal matrimonio
come da uno stato abominevole, e non per la bellezza e la santità della
verginità. 11
L'apostolo delle genti, ispirato
dallo Spirito Santo, ammonisce: «Chi non è sposato, è sollecito delle cose di
Dio, del modo di piacere a lui... E la donna non sposata e vergine pensa alle
cose di Dio per essere santa di corpo e di spirito» (1Cor 7,32.34). Ecco lo
scopo principale, la prima ragione della verginità cristiana: aspirare
unicamente alle cose divine e dirigervi la mente e lo spirito; voler piacere a
Dio in tutto; pensare a lui intensamente, e consacrargli totalmente corpo e
spirito.
I santi padri hanno sempre
interpretato in questa maniera la parola di Cristo e la dottrina dell'apostolo
delle genti: fin dai primi tempi della chiesa si stimava verginità la
consacrazione fatta a Dio del corpo e dell'anima. San Cipriano
richiede dalle vergini «che, per essersi consacrate a Dio, si astengano da ogni
piacere carnale, consacrino a Dio il corpo e l'anima ... e non siano sollecite
di abbigliarsi o di piacere ad alcuno, tranne che al loro Signore».12
Il vescovo di Ippona precisa: «La verginità non è
onorata perché tale, ma perché consacrata a Dio ... e noi non lodiamo le
vergini perché tali, ma perché sono vergini consacrate a Dio con devota
continenza». 13 I prìncipi dei teologi, san
Tommaso d'Aquino14 e san Bonaventura15
si richiamano all'autorità di sant'Agostino per
insegnare che la verginità non ha la fermezza della virtù, se non si fonda sul
voto di conservarla sempre illibata. Difatti la dottrina di Cristo intorno
all'astinenza perpetua del matrimonio viene praticata nel modo più ampio e
perfetto da coloro che si obbligano con voto perpetuo alla sua osservanza: né
si può giustamente affermare che sia migliore e più perfetto il proposito di
coloro che intendono riservarsi la possibilità di liberarsi dall'impegno.
I santi padri hanno considerato
questo vincolo di castità perfetta come una specie di matrimonio spirituale fra
l'anima e Cristo; alcuni di essi, anzi, sono giunti fino a paragonare con
l'adulterio la violazione del voto fatto. 16 Perciò sant'Atanasio
scrive che la chiesa cattolica è solita chiamare le vergini: spose di Cristo.
17 E sant'Ambrogio, scrivendo concisamente
della vergine esclama: «La vergine è sposa di Dio».18 Gli scritti del
dottore di Milano attestano, 19 già al VI secolo, la grande somiglianza
tra il rito della consacrazione delle vergini e quello della benedizione
nuziale, ancora in uso oggi. 20
Perciò i santi padri esortano le
vergini ad amare il loro Sposo divino più di quanto amerebbero il proprio
marito e a conformare sempre i loro pensieri e le loro azioni alla sua volontà.
21 «Amate di tutto cuore il più bello dei figli degli uomini - scrive
loro sant'Agostino - voi ne avete tutta la facoltà:
il vostro cuore è libero dai legami del matrimonio... Dal momento che avreste
dovuto portare un grande amore ai vostri sposi, quanto più dovete amare Colui
per amore del quale voi avete rinunziato agli sposi? Sia fisso nel vostro cuore
Colui che per voi è stato infisso sulla croce».22 Tali sono, d'altra
parte, i sentimenti e le risoluzioni che la chiesa stessa richiede dalle
vergini il giorno della loro consacrazione, quando le invita a pronunciare le
parole rituali: «Ho disprezzato il regno del mondo e tutto il fasto del secolo
per amore di nostro Signore Gesù Cristo, che ho
conosciuto, che ho amato, e nel quale ho amorosamente creduto».23 È
quindi solo l'amore di lui che spinge con dolcezza la vergine a consacrare
interamente il suo corpo e la sua anima al divin
Redentore, secondo le bellissime espressioni che san Metodio d'Olimpo fa dire a
una di esse: «O Cristo, tu sei tutto per me. Io mi conservo pura per te e,
portando una lampada splendente, vengo incontro a te, o Sposo mio».24
Sì, è l'amore di Cristo che spinge la vergine a ritirarsi, e per sempre, dentro
le mura del monastero per contemplarvi e amare con maggiore speditezza e
facilità il suo Sposo celeste, e la stimola potentemente a impegnarsi con tutte
le forze fino alla morte nelle opere di misericordia in favore del prossimo.
Riguardo poi agli uomini «che non
si sono contaminati con donne, poiché sono vergini» (Ap
14,4) l'apostolo san Giovanni afferma che essi seguono l'Agnello dovunque egli
vada. Meditiamo l'esortazione che fa loro sant'Agostino:
«Seguite l'Agnello, perché la carne dell'Agnello è anch'essa vergine... voi
avete ben ragione di seguirlo, con la verginità del cuore e della carne,
dovunque vada. Che cos'è infatti seguire se non imitare? perché Cristo ha
sofferto per noi, lasciandoci un esempio, come dice san Pietro apostolo,
"affinché seguiamo le sue orme" (1Pt 2,21)». 25 Tutti questi
discepoli infatti e tutte queste spose di Cristo hanno abbracciato lo stato di
verginità, come dice san Bonaventura, per la conformità allo Sposo Cristo, al
quale esso rende conformi i vergini».26 La loro ardente carità verso
Cristo non poteva contentarsi di semplici vincoli di affetto con lui: essa
aveva assoluto bisogno di manifestarsi con l'imitazione delle sue virtù e, in
modo speciale, con la conformità alla sua vita tutta consacrata al bene e alla
salvezza del genere umano. Se i sacerdoti, se i religiosi e le religiose, se
tutti quelli che in un modo o nell'altro hanno consacrato la vita al servizio
di Dio, osservano la castità perfetta, questo è in definitiva perché il loro
divino Maestro è rimasto egli stesso vergine fino alla morte. «È proprio il
Figlio unico di Dio - esclama san Fulgenzio - e Figlio unico della Vergine,
l'unico Sposo di tutte le sacre vergini, frutto, ornamento e ricompensa della
santa verginità, che lo ha dato alla luce e spiritualmente lo sposa e dal quale
è resa feconda senza lesione dell'integrità, ornata per rimanere sempre bella,
incoronata per regnare gloriosa nell'eternità».27
Qui crediamo opportuno, venerabili
fratelli, spiegare più diffusamente e con maggiore accuratezza per quali
ragioni l'amore di Cristo spinga le anime generosamente a rinunciare al
matrimonio e quali legami segreti esistano fra la verginità e la perfezione
della carità cristiana. L'insegnamento di Cristo, ricordato più sopra, faceva
già capire che la perfetta rinunzia al matrimonio libera gli uomini da oneri
pesanti e da gravi doveri. Ispirato dallo Spirito di Dio, l'apostolo dei
gentili ne dà la ragione in questi termini: «Io vorrei che voi foste senza
inquietudini... Chi invece è sposato, si preoccupa delle cose del mondo, del
modo di piacere alla moglie ed è diviso» (1Cor 7,32-33). Si deve tuttavia
notare che l'apostolo non biasima gli uomini perché si preoccupano delle loro
consorti, né le spose perché cercano di piacere al marito; ma afferma piuttosto
che il loro cuore è diviso tra l'amore del coniuge e l'amore di Dio e che sono
troppo oppressi dalle preoccupazioni e dagli obblighi della vita coniugale, per
potersi dare facilmente alla meditazione delle cose divine. Poiché s'impone
loro la legge chiara e imperiosa del matrimonio: «saranno due in una carne
sola» (Gn 2,24; cf. Mt 19,5). Gli sposi infatti sono legati l'uno all'altro
negli avvenimenti tristi e in quelli lieti (cf. 1Cor
7,39). Si comprende quindi facilmente perché le persone, che desiderano
consacrarsi al servizio di Dio, abbraccino lo stato di verginità come una
liberazione, per potere cioè servire più perfettamente Dio e dedicarsi con
tutte le forze al bene del prossimo. Per citare infatti alcuni esempi, come
avrebbero potuto affrontare tanti disagi e fatiche quell'ammirabile
predicatore dell'evangelo che fu san Francesco Saverio, quel misericordioso
padre dei poveri che fu san Vincenzo de' Paoli, un san Giovanni Bosco, insigne educatore dei
giovani, una santa Francesca Saverio Cabrini,
instancabile «madre degli emigranti», se avessero dovuto pensare alle necessità
materiali e spirituali del proprio coniuge e dei propri figli?
Vi è però un'altra ragione per la
quale le anime che ardentemente desiderano consacrarsi al servizio di Dio e
alla salvezza del prossimo, scelgono lo stato di verginità. Essa è addotta dai
santi padri, quando trattano dei vantaggi di una completa rinunzia ai piaceri
della carne allo scopo di gustar meglio le elevazioni della vita spirituale.
Senza dubbio - come essi hanno chiaramente notato - tali piaceri, legittimi nel
matrimonio, non sono per sé da condannarsi; anzi il casto uso del matrimonio è
nobilitato e santificato da un sacramento speciale. Tuttavia, bisogna
egualmente riconoscere che in seguito alla caduta di Adamo le facoltà inferiori
della natura resistono alla retta ragione e talora spingono l'uomo ad agire
contro i suoi dettami. Secondo l'espressione del dottore angelico, l'uso del
matrimonio «trattiene l'animo dal darsi interamente al servizio di
Dio».28
Proprio perché i sacri ministri
possano godere di questa spirituale libertà di corpo e di anima e per evitare
che si immischino in affari terreni, la chiesa latina
esige da essi che si assumano volontariamente l'obbligo della castità perfetta.
29 «Se poi una tale legge - come affermava il Nostro predecessore
d'immortale memoria Pio XI - non vincola nella stessa misura i ministri della
chiesa orientale, anche presso di essi il celibato ecclesiastico è in onore, e
in certi casi - soprattutto quando si tratta dei gradi più alti della gerarchia
- è necessariamente richiesto e imposto».30
I ministri sacri, però, non
rinunciano al matrimonio unicamente perché si dedicano all'apostolato, ma anche
perché servono all'altare. Se i sacerdoti dell'Antico Testamento già dovevano
astenersi dall'uso del matrimonio mentre servivano nel tempio per non contrarre
un'impurità legale, come gli altri uomini (cf. Lv 15,16-17; 22,4; 1Sam 21,5-7), 31 quanto maggiore
non è la necessità della perpetua castità per i ministri di Gesù
Cristo, i quali offrono ogni giorno il sacrificio eucaristico? Riguardo a
questa perfetta continenza dei sacerdoti ecco quanto dice in forma
interrogativa san Pier Damiani: «Se il nostro
Redentore ha amato tanto il fiore del pudore intatto che non solo volle nascere
dal seno di una Vergine, ma volle essere affidato anche alle cure di un custode
vergine, ciò quando, ancora fanciullo, vagiva nella culla, a chi, dunque, ditemi,
vuole egli confidare il suo corpo, ora che egli regna, immenso, nei cieli?».
32
Per questo motivo soprattutto,
secondo l'insegnamento della chiesa, la santa verginità supera in eccellenza il
matrimonio. Già il divin Redentore ne aveva fatto un
consiglio di vita più perfetta ai discepoli (cf. Mt 19,10-11). E l'apostolo san Paolo, dopo aver detto di un
padre che dà a marito la sua figlia «egli fa bene», aggiunge subito: «Chi però
non la dà a marito, fa meglio ancora» (1Cor 7,38). Nel corso del suo paragone
tra il matrimonio e la verginità, l'apostolo più di una volta mostra il suo
pensiero, soprattutto quando dice: «Io vorrei che tutti voi foste come me...
dico poi ai celibi e alle vedove: è conveniente per essi restare come sono io»
(1Cor 7,7-8; cf.1 et 26).
Se dunque la verginità, come abbiamo detto, è superiore al matrimonio, questo
avviene senza dubbio, perché essa mira a conseguire un fine più eccelso;
33 essa poi è un mezzo efficacissimo per consacrarsi interamente al
servizio di Dio, mentre il cuore di chi è legato alle cure del matrimonio resta
più o meno «diviso» (cf. 1Cor 7,33).
L'eccellenza della verginità
risalterà ancor maggiormente se ne consideriamo l'abbondanza dei frutti:
«poiché dal frutto si riconosce l'albero» (Mt 12,33).
Il Nostro animo si riempie di
immensa e soave letizia al pensiero della falange innumerevole di vergini e di
apostoli che, dai primi tempi della chiesa fino ai giorni nostri, hanno
rinunciato al matrimonio per consacrarsi più liberamente e più completamente
alla salvezza del prossimo per amore di Cristo, e hanno sviluppato iniziative
veramente mirabili nel campo della religione e della carità. Non vogliamo certo
disconoscere i meriti di quelli che militano nell'Azione cattolica, né i frutti
del loro apostolato: con le loro opere, essi possono spesso raggiungere delle
anime che sacerdoti e religiosi o religiose non avrebbero potuto avvicinare.
Ma, senza alcun dubbio, si deve far risalire a questi ultimi la maggior parte
delle opere di carità. Costoro, infatti, con grande generosità seguono e
dirigono la vita degli uomini in ogni età e condizione; e quando vengono meno
per la stanchezza o per malattia, lasciano ad altri, come in eredità, la
continuazione della loro missione. Così avviene che il bambino, appena nato,
trova sovente delle mani verginali che l'accolgono e non gli fanno mancare
quanto l'intenso amore materno potrebbe dargli; fatto grandicello
e giunto all'età della ragione, è affidato a educatori o educatrici che
vegliano alla sua istruzione cristiana, allo sviluppo delle sue facoltà e alla
formazione del suo carattere. Se si ammala, troverà sempre qualcuno che, spinto
dall'amore di Cristo, lo curerà premurosamente. L'orfanello, il misero, il
prigioniero, non mancheranno di conforto e aiuto: i sacerdoti, i religiosi, le
sacre vergini vedranno in lui un membro sofferente del corpo mistico di Gesù Cristo, memori delle parole del divin
Redentore: «Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato
da bere, ero pellegrino e mi avete ospitato, nudo e mi avete rivestito, malato
e mi avete visitato, prigioniero e siete venuti a trovarmi... In verità vi
dico, tutto ciò che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, l'avete fatto
a me» (Mt 25,35-36.40). Che diremo in lode di tanti
missionari, che si consacrano, a costo delle maggiori fatiche e lontani dalla
loro patria, alla conversione delle masse infedeli? Che delle spose di Cristo,
le quali dànno loro una preziosa collaborazione? A
tutti e a ciascuno di essi ripetiamo volentieri le parole della Nostra
esortazione apostolica Menti Nostrae: «Per la
legge del celibato, il sacerdote, ben lontano dal perdere interamente la
paternità, l'accresce all'infinito, perché egli genera figliuoli, non per
questa vita terrena e caduca, ma per la celeste ed eterna».34
La verginità non è solamente
feconda per le opere esteriori a cui permette di dedicarsi più facilmente e più
pienamente; essa lo è anche per le forme più perfette di carità verso il
prossimo, quali sono le ardenti preghiere e i gravi disagi volontariamente e
generosamente sopportati a questo scopo. A ciò hanno consacrato tutta la loro
vita i servi di Dio e le spose di Cristo, quelli specialmente che vivono nei
monasteri.
Infine, la verginità consacrata a
Cristo è per se stessa una tale espressione di fede nel regno dei cieli e una
tale prova d'amore verso il divin Redentore, che non
c'è da meravigliarsi nel vederla arrecare frutti così abbondanti di santità.
Numerosissimi sono le vergini e gli apostoli, votati alla castità perfetta, che
sono l'onore della chiesa per l'alta santità della loro vita. La verginità,
infatti, dà alle anime una forza spirituale capace di condurle fino al martirio
e questo è l'insegnamento della storia che propone alla nostra ammirazione
tante schiere di vergini, da Agnese di Roma a Maria Goretti.
A tutta ragione la verginità è
detta virtù angelica; san Cipriano scrivendo alle
vergini afferma giustamente: «Quello che noi saremo un giorno, voi già
cominciate ad esserlo. Voi fin da questo secolo godete la gloria della
risurrezione, passate attraverso il mondo senza contagiarvene. Finché
perseverate caste e vergini, siete eguali agli angeli di Dio».35
All'anima assetata di purezza e arsa dal desiderio del regno dei cieli, la
verginità viene presentata «come una gemma preziosa», per la quale un tale
«vendette tutto ciò che aveva e la comprò» (Mt
13,46). Coloro che sono sposati e perfino quelli che stanno immersi nel fango
dei vizi, quando vedono le vergini, ammirano spesso lo splendore della loro
bianca purezza e si sentono spinti verso un ideale che superi i piaceri del
senso. Lo afferma l'Aquinate scrivendo: «Alla
verginità ... si attribuisce la bellezza più sublime»,36 e questo è
senza dubbio il motivo per cui le vergini sono di esempio a tutti. Difatti
tutti costoro, uomini e donne, con la loro perfetta castità non dimostrano
forse chiaramente che il dominio dell'anima sul corpo è un effetto dell'aiuto
divino e un segno di provata virtù?
Ci piace ancora sottolineare un
altro frutto soavissimo della verginità: le vergini manifestano e rendono
pubblica la perfetta verginità della stessa loro madre la chiesa, e la santità
dei loro vincoli strettissimi con Cristo. A ciò sapientemente si ispirano le
espressioni del pontefice nel rito della consacrazione delle vergini e nelle
preghiere rivolte al Signore: «Affinché vi siano anime più sublimi che,
disdegnando nel matrimonio i piaceri della carne, ne cerchino il significato
recondito, e invece di imitare ciò che si fa nel matrimonio, amino quanto in
esso è simboleggiato».37
Gloria altissima per le vergini è,
certo, l'essere delle immagini viventi in quella perfetta integrità, che unisce
la chiesa al suo Sposo divino. Esse inoltre offrono un segno mirabile della
fiorente santità e di quella spirituale fecondità, in cui eccelle la società
fondata da Gesù Cristo, alla quale è motivo di una
gioia quanto mai intensa. A questo proposito sono magnifiche le espressioni di
san Cipriano: «La verginità è un fiore che germoglia
dalla chiesa, decoro e ornamento della grazia spirituale, gioia della natura,
capolavoro di lode e di gloria, immagine di Dio che riverbera la santità del
Signore, porzione più eletta del gregge di Cristo. Se ne rallegra la chiesa, la
cui gloriosa fecondità in esse abbondantemente fiorisce: e quanto più cresce lo
stuolo delle vergini tanto più grande è il gaudio della Madre».38
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