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Pio XII
Sacra virginitas

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  • III. LA VERGINITÀ È UN SACRIFICIO
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III.
LA VERGINITÀ È UN SACRIFICIO

Passiamo ora, venerabili fratelli, alle conseguenze pratiche della dottrina della chiesa circa l'eccellenza della verginità.

Innanzi tutto, bisogna dire chiaramente che, dalla superiorità della verginità sul matrimonio, non segue che essa sia mezzo necessario alla perfezione cristiana. È possibile giungere alla santità anche senza consacrare a Dio la propria castità, come lo prova l'esempio di tanti santi e sante, fatti oggetto di culto pubblico dalla chiesa, i quali furono coniugi fedeli, eccellenti padri e madri di famiglia; e non è raro incontrare anche oggi persone coniugate, che tendono alla perfezione, con grande impegno.

Si osservi, inoltre, che Dio non impone la verginità a tutti i cristiani, come insegna l'apostolo san Paolo: «Intorno alle vergini non ho nessun comando di Dio, ma do un consiglio» (1Cor 7,25). La castità perfetta, quindi, non è che un consiglio, un mezzo capace di condurre più sicuramente e più facilmente alla perfezione evangelica e al regno dei cieli quelle anime «a cui è stato concesso» (Mt 19,11). «Essa non è imposta, ma proposta», nota sant'Ambrogio. 46

La castità perfetta come, da parte dei cristiani, esige una libera scelta prima della loro offerta totale al Signore, così, da parte di Dio, richiede un dono e una grazia. Già lo stesso divin Redentore l'aveva annunciato: «Non tutti comprendono questa parola, ma solo quelli a cui è concesso. ... Chi può comprendere, comprenda» (Mt 19,11.12). Commentando le parole di Cristo, san Girolamo invita «ciascuno a valutare le proprie forze, e vedere se gli sarà possibile adempiere gli obblighi della verginità e della castità. Di per sé, infatti, la castità è soave e attira a sé tutti. Ma bisogna ben misurare le forze, affinché chi può comprendere, comprenda. È come se la voce del Signore chiamasse i suoi soldati e li invitasse alla ricompensa della verginità. Chi può comprendere, comprenda: chi può combattere, combatta, vinca e trionfi».47

La verginità è una virtù difficile. Perché la si possa abbracciare, non basta solamente aver fatta la risoluzione ferma e decisa d'astenersi per sempre dai piaceri leciti del matrimonio: bisogna anche saper padroneggiare e domare con una vigilanza e una lotta costanti le rivolte della carne e le passioni del cuore; fuggire le allettative del mondo e vincere le tentazioni del demonio. Aveva ben ragione san Giovanni Crisostomo di affermare: «La radice e il frutto della verginità è una vita crocifissa».48 Al dire di sant'Ambrogio, la verginità è quasi un sacrificio e la vergine è «l'ostia del pudore, la vittima della castità».49 San Metodio d'Olimpo giunge a paragonare le vergini ai martiri50 e san Gregorio Magno insegna che la castità perfetta sostituisce il martirio: «Il tempo delle persecuzioni è passato, ma la nostra pace ha un suo martirio: anche se non mettiamo più il nostro collo sotto il ferro, tuttavia noi uccidiamo con la spada dello spirito i desideri carnali della nostra anima».51 La castità consacrata a Dio esige, quindi, anime forti e nobili, pronte al combattimento e alla vittoria, «per il regno dei cieli» (Mt 19,12).

Prima di incamminarsi per questo arduo sentiero, chi per propria esperienza si sentisse impari alla lotta, ascolti umilmente l'avvertimento di san Paolo: «Coloro che non possono contenersi, si sposino: è meglio sposarsi che bruciare» (1Cor 7,9). Per molti, infatti, la continenza perpetua sarebbe un peso troppo grave, per poterla ad essi consigliare. Così i sacerdoti, direttori spirituali di giovani che credono di avere una vocazione sacerdotale o religiosa hanno lo stretto dovere di esortarli a studiare attentamente le loro disposizioni e di non lasciarli entrare per tale via, qualora presentino poche speranze di poter camminare fino alla fine con sicurezza e buon esito. Tali sacerdoti esaminino prudentemente le attitudini dei giovani e - se parrà opportuno - chiedano il consiglio dei medici. Se, infine, restasse ancora qualche serio dubbio, soprattutto nei riguardi della loro vita passata, intervengano con fermezza per farli desistere dall'abbracciare lo stato di castità perfetta o per impedire la loro ammissione agli ordini sacri o alla professione religiosa.

Benché la castità consacrata a Dio sia una virtù ardua, la sua pratica fedele, perfetta, è possibile alle anime che, dopo aver bene considerato ogni cosa, hanno risposto con cuore generoso all'invito di Gesù Cristo e fanno quanto è loro possibile per conservarla. Infatti, per l'impegno assunto nello stato di verginità o di celibato esse riceveranno da Dio una grazia sufficiente per poter mantenere la loro promessa. Perciò, se vi fosse qualcuno che non sentisse d'aver ricevuto il dono della castità (anche dopo averne fatto voto), 52 non cerchi di mettere innanzi la sua incapacità di soddisfare all'obbligazione assunta. «Perché "Dio non comanda l'impossibile, ma, comandando, ammonisce di fare quanto puoi e di chiedere quello che non puoi"53 e ti aiuta affinché possa».54 Ricordiamo questa verità, tanto consolante, anche a quei malati che sentono infiacchita la loro volontà in seguito ad esaurimenti nervosi e ai quali certi medici, talora anche cattolici, consigliano troppo facilmente di farsi dispensare dai loro obblighi, sotto pretesto di non poter osservare la castità senza nuocere al proprio equilibrio psichico. Quanto invece più utile e più opportuno sarebbe aiutare tali infermi a rinforzare la volontà e convincerli che la castità non è impossibile neppure per essi! «Fedele è Dio, il quale non permetterà che siate tentati sopra le vostre forze, ma con la tentazione provvederà anche il buon esito dandovi il potere di vincere» (1Cor 10,13).

I mezzi raccomandati dal divin Redentore stesso per difendere efficacemente la nostra virtù sono: una vigilanza continua, con la quale facciamo quanto ci è possibile da parte nostra e una costante preghiera con la quale chiediamo a Dio ciò che noi non possiamo fare a causa della nostra debolezza: «Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione, lo spirito è pronto, ma la carne è debole» (Mt 26,41).

Una tale vigilanza, che si estenda ad ogni tempo e circostanza della nostra vita, ci è assolutamente necessaria: «la carne, infatti ha desideri contrari allo spirito, e lo spirito desideri contrari alla carne» (Gal 5,17). Se alcuno cedesse, anche leggermente, alle lusinghe del corpo, facilmente si sentirebbe trascinato a quelle «opere della carne» (cf. Gal 5,19-21), enumerate dall'apostolo, che costituiscono i vizi più abominevoli dell'umanità.

Perciò dobbiamo anzitutto vigilare sui movimenti delle passioni e dei sensi, dobbiamo dominarli anche con una volontaria asprezza di vita e con le penitenze corporali, in modo da renderli sottomessi alla retta ragione e alla legge di Dio: «Quelli che sono di Cristo, hanno crocifisso la loro carne con i suoi vizi e le sue concupiscenze» (Gal 5,24). Lo stesso apostolo delle genti confessa di sé: «Maltratto il mio corpo e lo rendo schiavo, perché non avvenga che, dopo aver predicato agli altri, io stesso diventi reprobo» (1Cor 19,27). Tutti i santi e le sante hanno vegliato attentamente sui movimenti dei sensi e delle loro passioni e li hanno rintuzzati, talora con somma asprezza, secondo il consiglio del divin Maestro: «Ma io dico a voi, che chiunque avrà guardato una donna con cattivo desiderio, in cuor suo ha già peccato con lei. Se il tuo occhio destro ti scandalizza, stràppalo e bùttalo via da te: è meglio per te che perisca una delle tue membra piuttosto che mandare tutto il tuo corpo all'inferno» (Mt 5,28-29). Con tale raccomandazione è chiaro quello che richiede da noi il divin Redentore: non dobbiamo, cioè, neppur col pensiero cedere mai al peccato e dobbiamo allontanare energicamente da noi tutto ciò che possa macchiare, anche leggermente, questa bellissima virtù. E in questo nessuna diligenza è troppa; nessuna severità è esagerata. Se la salute malferma o altre cause non permettono a qualcuno maggiori austerità corporali, non lo dispensino mai tuttavia dalla vigilanza e dalla mortificazione interiore.

A questo proposito giova anche ricordare quello che i santi padri55 e i dottori della chiesa56 insegnano: è più facile vincere le lusinghe e le attrattive della passione, evitandole con una pronta fuga, che affrontandole direttamente. A custodia della castità, dice san Girolamo, serve più la fuga che la lotta aperta: «Per questo io fuggo, per non essere vinto».57 E tale fuga consiste non solo nell'allontanare premurosamente le occasioni del peccato, ma soprattutto nell'innalzare la mente, durante queste lotte, a Colui al quale abbiamo consacrato la nostra verginità. «Rimirate la bellezza di Colui che vi ama»,58 ci raccomanda sant'Agostino.

Tutti i santi e le sante hanno sempre considerato la fuga e l'attenta vigilanza per allontanare con diligenza ogni occasione di peccato come mezzo migliore per vincere in questa materia: purtroppo, però, sembra che oggi non tutti pensino così. Alcuni sostengono che tutti i cristiani, e soprattutto i sacerdoti, non devono essere segregati dal mondo, come nei tempi passati, ma devono essere presenti al mondo e, perciò, è necessario metterli allo sbaraglio ed esporre al rischio la loro castità, affinché dimostrino se hanno o no la forza di resistere. Quindi i giovani chierici devono tutto vedere, per abituarsi a guardare tutto tranquillamente e rendersi così insensibili ad ogni turbamento. Per questo permettono loro facilmente di guardare tutto ciò che capita, senza alcuna regola di modestia; di frequentare i cinematografi, persino quando si tratta di pellicole proibite dai censori ecclesiastici; sfogliare qualsiasi rivista, anche oscena; leggere qualsiasi romanzo, anche se messo all'Indice o proibito dalla stessa legge naturale. E concedono questo perché dicono che ormai le masse di oggi vivono unicamente di tali spettacoli e di tali libri; e, chi vuole aiutarle, deve capire il loro modo di pensare e di vedere. Ma è facile comprendere quanto sia errato e pericoloso questo sistema di educare il giovane clero per guidarlo alla santità del suo stato. «Chi ama il pericolo, perirà in esso» (Eccli 3,27). Viene opportuno l'avviso di sant'Agostino: «Non dite di avere anime pure, se avete occhi immodesti, perché l'occhio immodesto è indizio di cuore impuro».59

Un metodo di formazione così funesto, poggia su un ragionamento molto confuso. Certo, Cristo nostro Signore disse dei suoi apostoli: «Io li ho mandati nel mondo» (Gv 17,18); ma prima aveva anche detto di essi: «Essi non sono del mondo, come neppure io sono del mondo» (Gv 17,16), e aveva pregato con queste parole il suo Padre divino: «Non ti chiedo che li tolga dal mondo, ma che li liberi dal male» (Gv 17,15). La chiesa quindi, che è guidata dai medesimi principi, ha stabilito norme opportune e sapienti per allontanare i sacerdoti dai pericoli in cui facilmente possono incorrere, vivendo nel mondo; 60 con tali norme la santità della loro vita viene messa sufficientemente al riparo dalle agitazioni e dai piaceri della vita laicale.

A più forte ragione i giovani chierici, per essere formati alla vita spirituale e alla perfezione sacerdotale e religiosa, devono venire segregati dal tumulto secolaresco, prima di essere inseriti nella lotta della vita; restino pure a lungo nel seminario o nello scolasticato per ricevervi un'educazione diligente e accurata, imparando poco alla volta e con prudenza a prendere contatto con i problemi del nostro tempo, conforme a quanto scrivemmo nella Nostra esortazione apostolica Menti Nostrae. 61 Quale giardiniere esporrebbe alle intemperie delle giovani piante esotiche, col pretesto di sperimentarle? Ora, i seminaristi e i giovani religiosi sono pianticelle tenere e delicate, da tenersi ben protette e da allenare progressivamente alla lotta.

Gli educatori del giovane clero faranno opera ben più lodevole e utile, inculcando a questi giovani le leggi del pudore cristiano. Non è forse il pudore la migliore difesa della verginità, tanto da potersi chiamare la prudenza della castità? Esso avverte il pericolo imminente, impedisce di esporsi al rischio e impone la fuga in occasioni, a cui si espongono i meno prudenti. Il pudore non ama le parole disoneste o volgari e detesta una condotta anche leggermente immodesta; fa evitare attentamente la familiarità sospetta con persone di altro sesso, poiché riempie l'anima di un profondo rispetto verso il corpo, che è membro di Cristo (cf. 1Cor 6,15) e tempio dello Spirito Santo (cf. 1Cor 6,19). L'anima veramente pudica ha in orrore il minimo peccato di impurità e tosto si ritrae al primo risveglio della seduzione.

Il pudore inoltre suggerisce e mette in bocca ai genitori e agli educatori i termini appropriati per formare la coscienza dei giovani in materia di purezza. «Pertanto - come in una recente allocuzione abbiamo ricordato - tale pudore non deve essere spinto fino ad un silenzio assoluto, sino ad escludere dalla formazione morale qualsiasi prudente e riservato accenno a tale problema».62 Tuttavia, troppo spesso, ai giorni nostri, alcuni educatori si credono in dovere di iniziare fanciulli e fanciulle innocenti a segreti della procreazione, in una maniera che offende il loro pudore. Ora proprio il pudore cristiano esige in questa materia una giusta misura.

Esso poi è alimentato dal timore di Dio, quel timore filiale che si basa su una profonda umiltà e che ispira orrore per il minimo peccato. San Clemente I, Nostro predecessore, già l'aveva affermato: «Chi è casto nel suo corpo, non se ne vanti, ben sapendo che da un altro gli viene il dono della continenza».63 Nessuno forse, meglio di sant'Agostino, ha dimostrato l'importanza dell'umiltà cristiana per salvaguardare la verginità: «La perpetua continenza, e molto più la verginità, sono uno splendido dono dei santi di Dio; ma con somma vigilanza bisogna vegliare che la superbia non lo corrompa... Quanto maggiore è il bene che io vedo, tanto più temo che la superbia non lo rapisca. Tale dono della verginità nessuno lo custodisce meglio di Dio che l'ha concesso; e "Dio è carità" (1Gv 4,8). La custode, quindi, della verginità è la carità, ma l'abitazione di tale custode è l'umiltà».64

Un altro consiglio ancora è da ricordarsi: per conservare la castità non bastano né la vigilanza né il pudore. Bisogna anche ricorrere ai mezzi soprannaturali: alla preghiera, ai sacramenti della penitenza e dell'eucaristia e ad una devozione ardente verso la santissima Madre di Dio.

La castità perfetta, non dimentichiamolo, è un eccelso dono di Dio. «Esso è stato dato (cf. Mt 19,11) - osserva acutamente san Girolamo - a quelli che l'hanno chiesto, a quelli che l'hanno voluto, a quelli che si sono preparati a riceverlo. Perché a chi chiede sarà dato, chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto (cf. Mt 7,8)». 65 Sant'Ambrogio aggiunge che la fedeltà delle vergini al loro Sposo divino dipende dalla preghiera. 66 E, come insegna sant'Alfonso de' Liguori, così ardente nella sua pietà, nessun mezzo è più necessario e più sicuro per vincere le tentazioni contro la bella virtù, che un ricorso immediato a Dio. 67

Alla preghiera, tuttavia, bisogna aggiungere la pratica frequente del sacramento della penitenza: esso è una medicina spirituale che ci purifica e ci guarisce. Così pure bisogna nutrirsi del pane eucaristico: il Nostro predecessore d'immortale memoria Leone XIII lo additava come il migliore «rimedio contro la concupiscenza».68 Quanto più un'anima è pura e casta, tanto più ha fame di questo Pane, da cui attinge forza contro ogni seduzione impura e col quale si unisce più intimamente al suo Sposo divino: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, rimane in me e io in lui» (Gv 6,57).

Ma per custodire illibata e perfezionare la castità, esiste un mezzo la cui meravigliosa efficacia è confermata dalla ripetuta esperienza dei secoli: e, cioè, una devozione solida e ardentissima verso la vergine Madre di Dio. In un certo modo, tutti gli altri mezzi si riassumono in tale devozione: chiunque vive la devozione mariana sinceramente e profondamente, si sente spinto certamente a vegliare, a pregare, ad accostarsi al tribunale della penitenza e all'eucaristia. Perciò esortiamo con cuore paterno i sacerdoti, i religiosi e le religiose a mettersi sotto la speciale protezione della santa Madre di Dio, Vergine delle vergini; ella, che - secondo la parola di sant'Ambrogio69 - è «la maestra della verginità» e la madre potentissima soprattutto delle anime consacrate al servizio di Dio.

Sant'Atanasio osserva che la verginità è entrata nel mondo per Maria, 70 e sant'Agostino insegna: «La dignità verginale ebbe i suoi esordi con la Madre di Dio».71 Seguendo il pensiero di sant'Atanasio, 72 sant'Ambrogio propone alle vergini la vita di Maria vergine come modello: «O figliuole, imitate Maria! 73 La vita di Maria rappresenti per voi, come in un quadro, la verginità; in tale vita contemplate la bellezza della castità e l'ideale della virtù. Prendetene l'esempio per la vostra vita: poiché in essa, come in un modello, sono espresse le lezioni della santità; vedrete ciò che avete da correggere, copiare, conservare... Essa è l'immagine della verginità. Maria, infatti, fu tale che basta la vita di lei sola a formare l'insegnamento per tutti... 74 Sia, dunque, Maria a regolare la vostra vita».75 «Tanto grande fu la grazia sua, che ella non riservava solo per sé il dono della verginità, ma anche a quelli che vedeva conferiva il pregio dell'integrità».76 Sant'Ambrogio aveva ben ragione di esclamare: «O ricchezze della verginità di Maria!». 77 A motivo di tali ricchezze, ancora oggi alle sacre vergini, ai religiosi e ai sacerdoti è quanto mai utile contemplare la verginità di Maria, per osservare con più fedeltà e perfezione la castità del loro stato.

La meditazione delle virtù della beata Vergine non vi basti, tuttavia, dilettissimi figli e figlie: ricorrete a lei con una confidenza assoluta, e seguite il consiglio di san Bernardo che esorta: «Chiediamo la grazia e chiediamola per mezzo di Maria».78 In modo particolare durante quest'anno mariano affidate a Maria la cura della vostra vita spirituale e della perfezione, seguendo l'esempio di san Girolamo che asseriva: «Per me la verginità è una consacrazione in Maria e in Cristo».79

 




46 S. AMBROSIUS, De viduis, c. 12, n. 72: PL 16,256; cf. S. CYPRIANUS, De habitu virginum, c. 23: PL 4, 463.



47 S. HIERONYMUS, Comment. in Matth., XIX, 12: PL 26,136. 



48 S. IOANNES CHRYSOSTOMUS, De virginitate, 80: PG 48, 592



49 S. AMBROSIUS, De virginibus, lib. I, c. 11, n. 65: PL 16,206.



50 Cf. S. METHODIUS OLYMPI, Convivium decem virginum, orat. VII, c. 3: PG 18, 128-129. 



51 S. GREGORIUS MAGNUS, Hom. in Evang., lib. I, hom. 3, n. 4: PL 76, 1089.



52 Cf. CONC. TRID., sess. XXIV, can. 9: COD 755(12-13).



53 Cf. S. AUGUSTINUS, De natura et gratia, c. 43, n. 50: PL 44, 271.



54 CONC. TRID., sess. VI, c. 11: COD 675(16-18).



55 f. S. CAESARIUS ARELAT., Sermo 41: ed. G. Morin, Maredsous 1937, vol. I, p. 172.



56 Cf. S. THOMAS, In Ep. I ad Cor. , VI, lect. 3; S. FRANCISCUS SALESIUS, Introduction à la vie dévote, part. IV, c. 7; S. ALPHONSUS A LIGUORI, La vera sposa di Gesù Cristo, c. 1, n. 16; c. 15, n. 10.



57 S. HIERONYMUS, Contra Vigilant., 16: PL 23, 352.



58 S. AUGUSTINUS, De sancta virginitate, c. 54: PL 40, 428.



59 S. AUGUSTINUS, Epist. 211, n. 10: PL 33, 961.



60 Cf. CIC, cann. 124-142. Cf. PIUS X, Exhort. ad clerum cath. Haerent animo: ASS 41(1908), pp. 565-573; EE 4/app.; PIUS XI, Litt. enc. Ad catholici sacerdotii: AAS 28(1936), pp. 23-30; EE 5/1038-1051; PIUS XII, Adhort. apost. Menti Nostrae: AAS 42(1950), pp. 692-694; EE 6/1899-1907.



61 Cf. AAS 42(1950), pp. 690-691; 6/1894-1897.



62 Alloc. Magis quam mentis, 23 sept. 1951: AAS 43(1951), p. 736.



63 S. CLEMENS ROM., Ad Corinthios, XXXVIII, 2: ed. Funk-Diekamp, Patres Apostolici, vol. I, p. 148.



64 S. AUGUSTINUS, De sancta virginitate, cc. 33 et 51: PL 40, 415 et 426; cf. cc. 31-32 et 38: PL 40, 412-415 et 419.



65 S. HIERONYMUS, Comm. in Matth., XIX, 11: PL 26, 135.



66 Cf. S. AMBROSIUS, De virginibus, lib. III, c. 4, nn. 18-20: PL 16, 225



67 Cf. S. ALPHONSUS A LIG., Pratica di amar Gesù Cristo, c. 17, nn. 7-16.



68 LEO XIII, Enc. Mirae caritatis, 28 maii 1902: Acta Leonis XIII, XXII (1902-03), p. 124; EE 3.



69 S, AMBROSIUS, De institutione virginis, c. 6, n. 46: PL 16, 320.



70 Cf. S. ATHANASIUS, De virginitate: ed. Th. Lefort, Muséon, XLII, 1929. p. 247.



71 S. AUGUSTINUS, Serm. 51, c. 16, n. 26: PL 38, 348.



72 S. ATHANASIUS, De virginitate: ed. Th. Lefort, Muséon, XLII, p. 244.



73 S. AMBROSIUS, De institutione virginis, c. 14, n. 87: PL 16,328.



74 S. AMBROSIUS, De virginibus, lib. II, c. 2, nn. 6 et 15: PL 16, 208 et 210



75 S. AMBROSIUS, De virginibus, lib. II, c. 3, n. 19: PL 16, 211.



76 S. AMBROSIUS, De institutione virginia, c. 7, n. 50: PL 16, 319



77 S. AMBROSIUS, De institutione virginia, c. 13, n. 81: PL 16, 339.



78 S. BERNARDUS, In nativitate B. Mariae Virginia, Sermo de aquaeductu, n. 8: PL 183, 341-342.



79 S. HIERONYMUS, Epist. 22, n. 18: PL 22, 405.






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