8 IL
LATTE, LA VECCHIA E IL GATTO*
Adesso desidero raccontarvi una
storia vera, che accadde alla vecchia Giuseppina una sera di tanti anni fa,
quando stava preparandosi qualcosa per la cena. Questa Giuseppina, da molti
anni era rimasta vedova, ma non aveva più desiderato risposarsi e di figli non
n’aveva avuti. Lei viveva da sola, tirando avanti come meglio poteva. Poco
distante da Giuseppina viveva la signora Maria la quale, nel suo cuore, ringraziava
il Signore perché l’aveva aiutata per l’intero anno. In verità, il tempo era
stato favorevole: pioggia e sole ai tempi giusti e, per di più, la Bisa, avendo
avuto un vitello, aveva le mammelle gonfie di latte. La signora Maria,
ricordandosi delle parole dette dall’arciprete nella predica della domenica
appena trascorsa, quando aveva spiegato che bisognava compiere opere cristiane,
decise di compiere una buon’azione regalando un po’ di latte a Giuseppina.
Proprio quando Maria stava maturando questi buoni propositi, passa per la
strada la Giuseppina, che rincasava dalla chiesa dove era stata a recitare il
rosario. Maria la chiama e le dice: “Giuseppina, voglio regalarti un goccio di
latte”. Alla Giuseppina non sembrò vero di questo piacevole fatto che le stava
capitando e così pensò fra sé: ”Vedi che il Signore è sempre attento ai poveri
come me?” E, felice come una pasqua, prese il recipiente d’alluminio. Dopo aver
ringraziato Maria, corse difilata a casa sua. Intanto, pian piano, s’insinuò
un’apprensione nel suo cervello e, perché la mucca aveva da poco tempo
partorito, non si sa mai, il latte poteva essere non buono. Allora pensò di
farlo bollire ben bene e, così, tutti i microbi sarebbero morti. Dopo aver
sistemato al centro della tavola il suo piccolo tesoro, si affrettò a cercare
alcuni rametti secchi per accendere il fuoco. In casa c’era anche il gatto che,
annusando il profumo del latte, faceva le fuse alla padrona sperando che gli
desse qualcosa di quella bontà. Così esso pensava: “Questa sera la mia padrona
fa festa, spero che pensi un poco anche a me!” La nostra vecchiotta stava tutta
intenta nei preparativi: il fuoco mandava le prime fiammelle e pian piano
cominciava a scaldare i cerchi e la piastra della stufa. Giuseppina, tutta
contenta, estrasse dal cassetto un tozzo di pane e depose sopra la tavola la
scodella grande con un cucchiaio. Nel tempo che stava sbrigando tutti questi
preparativi, spostandosi dalla tavola alla stufa, inciampò in una pezzo di
legno fuori posto. Colta da spavento, gridò ma, fortunatamente, riuscì ad
afferrarsi ad un angolo del tavolo. Lei rimase in piedi, ma il latte si riversò
per terra! Il gatto, che dentro il suo cuoricino sperava sempre che la padrona
gli desse un goccio di quel buon vitto, impaurito dall’urlo, spiccò un salto
alto mezzo metro ma, perché una goccia di quella nevicata era andata a posarsi
su un suo baffo, avendolo leccato, lo gustò quale buon latte. Per Bacco, parve
impazzire e, tutto felice, si mise a lappare quel ben di Dio. La sfortunata
Giuseppina, invece, era scoppiata in un pianto a dirotto, come una bambina alla
quale fosse scivolata dalle mani la sua unica bambola e diceva: “Il diavolo,
questo perverso, ha voluto mettere la coda e io, questa sera, che cosa mangio?”
E, così, l’infelice Giuseppina, anche per quella sera, dovette accontentarsi
della solita minestrina, condita con un cucchiaio d’olio.
In ogni modo, ecco come finì la
storia. Quella sera, sotto la volta del cielo, c’erano tre esseri che
ringraziavano, ognuno a proprio modo, il Creatore:
- la signora Maria perché il
tempo era stato propizio, i campi avevano fruttato abbondantemente, la Bisa
aveva partorito un vitello e lei aveva avuto l’opportunità di compiere un’opera
buona;
- la Giuseppina perché, anche se
il latte era andato a terra, lei, sostenendosi ad un angolo della tavola, non
cadde per terra, rischiando di rompersi qualche osso;
-
il gatto perché, con quell’abbondante manna caduta dal
cielo, aveva mangiato a sazietà e tanto di gusto e, più felice di tutti, prima
di addormentarsi, rimuginò: “Oh, se tutti i giorni fossero così!”
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