13 LO SPAVENTAPASSERI
I
nostri vecchi dei tempi andati, ragionavano con sentimenti com’era uso nella
loro epoca. In gran parte, allora e adesso, può esser vero che il brutto e il
mal fato possano essere l’incarnazione della cattiveria, ma questa coincidenza
non è sempre la verità. Si poteva e si può correre il rischio di dipingere il
diavolo più brutto di quello che è, quando si parlava e si parla di spettri,
fattucchiere, streghe, orchi, spiriti maligni e dello stesso diavolo. Le
storie, raccontate da padre in figlio, favorivano il nascere di credenze e
superstizioni e, se capitava di imbattersi in una traccia di tali spiacevoli e
negativi avvenimenti, non restava che allontanarsene. La gente di un tempo
credeva che, allo stesso modo nel quale ragionavano gli uomini, ragionassero
anche gli animali e, nel caso in questione, i volatili: passeri, beccafico,
quaglie, allodole, merli, verdoni, tordi e così via. Un particolare trucco per
allontanare questi profittatori, mangiatori a tradimento, dalle zone coltivate
a frumento (quando questo era giunto a maturazione) era, pensavano gli uomini,
quello di collocare un ‘bel-brutto’ spaventapasseri al centro dell’appezzamento
coltivato a frumento. Le donne prendevano dei vestiti disusati, camicie
consunte, pantaloni con eccessive toppe, gilè allentati, giacche logore,
stracci sbrindellati, fazzoletti strappati, mutande sdruciate, cravatte
imbrattate, calze bucate, sciarpe sciupate, guanti sfilacciati e non mancava
mai un gran cappello con le falde molto larghe. Più brutto appariva questa creazione,
meglio era, perché avrebbe terrorizzato, a morte, i pennuti, che si sarebbero
allontanati di gran fretta e ad ali spiegate. Per gli uomini, le donne e,
maggiormente, per i bambini questo figuro incuteva paura, anche se si sapeva
che era un ‘orco’ creato con pezze, un buffone realizzato con vestiti rigonfi
di paglia e con un appariscente turacciolo per naso. Si sa, la fame è
tormentosa per tutti e non solamente per gli esseri umani: il languore è un
tormento anche per gli animali! Gli uccelli, dai vispi ‘tre-tre’1 agli astuti tordi, dopo che,
sospettosamente e con il cuore in gola, avevano ben osservato quel terrificante
mostro, poiché non dava segni di vita, si arrischiavano a compiere un volo in
avanti e uno a ritroso, svolazzandogli attorno ed avvicinandosi sempre più. Una
volta che l’uccello più temerario aveva beccato il primo granello di una spiga,
gli altri lo imitavano facendo processione per riempirsi il pancino. Quando il
padrone passava di lì, batteva sempre le mani per vedere se mai vi fossero
nascosti dei volatili. Sembrava impossibile, ma tutte le volte fuoriuscivano
dal frumento stormi di questi affamati. “Brutte bestie…, via di qua…, che
possiate schiattare… se vi acchiappo vi tiro il collo e vi cucino allo spiedo
con il rosmarino…” sbraitava il contadino! Ma, oltre alle imprecazioni e alle
maledizioni, il derubato non poteva fare alcunché e, allora, scoraggiato se
rivoltava contro lo spaventapasseri: “E tu, che cosa fai lì, buono a niente,
t’atteggi alla bella statuina? Devi guadagnarti il tuo pane, scansafatiche! Ti
ho creato, forse, perché tu stia a guardare? Se non ti rendi utile, a che cosa
serve che t’abbia collocato lì, per vigilare? Svegliati, sciocco! Guarda bene
che come ti ho costruito, ti distruggo, pagliaccio!”
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