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Antonio Balsemin Ve conto… IntraText CT - Lettura del testo |
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6 IL 'SABBIONARO'*
Mi vedo bambino di sotto a otto anni, ancor prima che la mia famiglia facesse cambio di residenza, trasferendosi da Castello a Arzignano. A quei tempi là, non erano usati tutti i detersivi d’adesso e per pulire le pentole, i coperchi, le teglie e tutto quello che era di metallo si usava il saldame1. Una volta il mese faceva il giro un sabionaro2 che arrivava sempre dalla parte bassa della valle, dove vi erano le fontane che ai miei tempi esistevano, ma, adesso, non esistono più perché demolite e l’ampia cisterna è stata occlusa e livellata. Quando il sabionaro stava ancora lontano e si trovava al di là della curva della strada che saliva dalla piccola valle, si sentiva gridare a squarciagola: “Sabionarooo, sabionarooo...”. Aveva un tal vocione che lo avresti udito anche a duecento metri. Dopo, molto lentamente, arrivava alla sommità della salita con il suo carretto, carico di sabbia, trainato da un somarello poco più grande di una pecora. Esso era piccolo piccolo, il carretto grande grande, sproporzionato. Il carretto aveva nella parte anteriore due stanghe infilate negli anelli di ferro inseriti nei finimenti di cuoio. L’imbracatura dei finimenti pendeva dalla sella sistemata sopra la groppa del piccolo animale. Il somarello, così imprigionato, fungeva da contropeso. Infatti il carretto era sostenuto da solo due ruote, una al di qua e una al di là con le bronzine incentrate allo stesso perno di ferro. Il piano del carretto era perfettamente piatto, come se fosse stato un’enorme tavola piallata. Ai bordi di detto piano, fungevano da spalletta quattro assi poste di taglio ed erano alte una ventina di centimetri. Queste quattro assi, di coltello e ben bloccate agli angoli da ganci di ferro, creavano lo spazio che sarebbe stato riempito di saldame. Sentendo le grida del sabionaro, la mamma mi diceva: “Corri, Antonio, corri dal sabionaro. Prendi questo secchiello e questo soldo. Guarda di non perderlo”. Una volta che ero giunto vicino al sabionaro, gli dicevo: “La mamma mi ha detto che tu mi dia del saldame”. “Quanto devo dartene? Mostrami i soldi che ti ha dato la tua mamma”. Ed io aprivo il piccolo pugno e mostravo il soldino. “Sarebbero quattro misure, ma te ne do cinque. Tu sei un bel bambino e la tua mamma è una donna brava. Diglielo che una misura e in regalo”. Tornato indietro: “Il sabionaro mi ha detto che ti dica che mi ha dato una misura in più, per regalo”. Dopo salivo sul marciapiede a guardare il somarello e l’uomo. Perché non si faceva più vivo nessuno, il sabionaro dava un colpo di frusta sulle natiche dell'asinello comandando: “Ìii.., tiraa..”. Il somarello, dando uno strattone, partiva all’istante e l’uomo ricominciava: “Sabionarooo, sabionarooo...”.
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* Un ricordo vero e un mestiere perso.
1 saldàme, s. m. = it., sabbia. (È un tipo di sabbia particolare, di colore rossastro, che serviva per strofinare le pentole e rendere lucidi oggetti ed utensili di rame o di altri metalli). 2 sabionàro, s. m. = it., uomo addetto alla vendita del ‘saldame’. |
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