Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Antonio Balsemin
Ve conto…

IntraText CT - Lettura del testo

  • 7          MIA NONNA E L'OCA MASCHIO
Precedente - Successivo

Clicca qui per attivare i link alle concordanze

7          MIA NONNA E L'OCA MASCHIO

 

La nonna di quei tempi me la ricordo né vecchia né giovane ed io avrò avuto circa cinque-sei anni. Un giorno restai con tanto d’occhi quando la vidi uscire dal recinto delle galline, messo tra il porcile e il capanno della latrina, tirandosi dietro un’oca maschio. Lei lo teneva stretto con entrambe le mani e, poiché l’animale era molto grosso e robusto, più che portarlo lo trascinava. Io la seguivo, ma non tanto vicino, perché avevo timore che quel bestione sfuggisse di mano della nonna. Nel caso si fosse liberato, non si sa mai, avrebbe potuto darmi una dolorosa beccata. Non appena la nonna giunse all’interno della cucina, salì sopra lo scalino del caminetto e, preso il tubo di ferro (quello che serviva per soffiare sul fuoco quando stava per spegnersi), lo sistemò, di traverso, fra testa e collo. Quindi, calzate le ciabatte, montò sopra a questo tubo di ferro vuoto e, con tutte le sue forze, cominciò a tirare il collo del pennuto. Il bestione, infelice, si dibatteva, gemeva e, sbattendo le ali, perdeva gran quantità di piume che volavano ovunque. Per Bacco, la nonna, nonostante tutti i suoi sforzi, non era in grado di soffocare il bestione! La povera bestia, ogni volta che la nonna allentava la stretta, riprendeva fiato e, rinvigorito, continuava a difendersi con forze, via via sempre più fiacche. La nona mi diceva: “Aiutami, Tonino, ché non ce la faccio”, ma io avevo molta paura e non m’avvicinavo e, intanto, per l’agitazione avevo mollato un filino di pipì. Non trovavo il coraggio di darle una mano, però, con la voce: “Tira, nonna, tira ché ne sei capace”. Lei, poveretta, tirava più che poteva e, ad un certo momento, ci fu come un getto di sangue: fu come se fosse scoppiato un fuoco d’artificio. La nonna, che sapeva quello che faceva, già aveva preparato tutto: aveva acceso il fuoco ed appeso il paiolo alla catena all’interno della cappa del camino. Quando si staccò la testa dal collo, lei gettò, immediatamente, il pennuto dentro l’acqua bollente, quasi scottandosi una mano. Asciugandosi il sudore della fronte, mi spiegò: “Se non lo spenno fin che il sangue è fresco, dopo non è più possibile levare le penne e, così, si è costretti a bruciargliele con il fuoco. Ma, così facendo, la carne puzza di bruciaticcio!” Quando il malcapitato, bello, forte, grosso non dava più segni di vita, lo posò, ancor fumante, sulla tavola sopra un canovaccio ben pulito e, con un’abilità da non credere, a piene mani cominciò a spennarlo. In quattro e quattr’otto l’animale si presentava in tutta la sua ‘maestà’, nudo, levigato, lucido come una statua di marmo. La nonna, munitasi di forbice da potatura, gli aprì il ventre asportandone le budella, il fegato, il fiele, la milza, il cuore, lo stomaco, i polmoni e i rognoni. Dopo, con il coltello pesante, quello con il manico di corno di bue, lo ridusse in piccoli pezzi. Alcuni giorni dopo, (poiché ricorreva una festa solenne) giunse molta gente: zie, zii, cugini, nipoti, i compari di matrimonio, i padrini e altri parenti di gradi diversi e, tutti, si complimentavano con mia nonna per la minestra di brodo d’oca maschio con le tagliatelle alle uova, proprio saporita e, anche, per l’arrosto gustoso e croccante, da leccarsi le dita.

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License