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Antonio Balsemin
Ve conto…

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  • 8          IL LATTE, LA VECCHIA E IL GATTO
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8          IL LATTE, LA VECCHIA E IL GATTO*

 

Adesso desidero raccontarvi una storia vera, che accadde alla vecchia Giuseppina una sera di tanti anni fa, quando stava preparandosi qualcosa per la cena. Questa Giuseppina, da molti anni era rimasta vedova, ma non aveva più desiderato risposarsi e di figli non n’aveva avuti. Lei viveva da sola, tirando avanti come meglio poteva. Poco distante da Giuseppina viveva la signora Maria la quale, nel suo cuore, ringraziava il Signore perché l’aveva aiutata per l’intero anno. In verità, il tempo era stato favorevole: pioggia e sole ai tempi giusti e, per di più, la Bisa, avendo avuto un vitello, aveva le mammelle gonfie di latte. La signora Maria, ricordandosi delle parole dette dall’arciprete nella predica della domenica appena trascorsa, quando aveva spiegato che bisognava compiere opere cristiane, decise di compiere una buon’azione regalando un po’ di latte a Giuseppina. Proprio quando Maria stava maturando questi buoni propositi, passa per la strada la Giuseppina, che rincasava dalla chiesa dove era stata a recitare il rosario. Maria la chiama e le dice: “Giuseppina, voglio regalarti un goccio di latte”. Alla Giuseppina non sembrò vero di questo piacevole fatto che le stava capitando e così pensò fra sé: ”Vedi che il Signore è sempre attento ai poveri come me?” E, felice come una pasqua, prese il recipiente d’alluminio. Dopo aver ringraziato Maria, corse difilata a casa sua. Intanto, pian piano, s’insinuò un’apprensione nel suo cervello e, perché la mucca aveva da poco tempo partorito, non si sa mai, il latte poteva essere non buono. Allora pensò di farlo bollire ben bene e, così, tutti i microbi sarebbero morti. Dopo aver sistemato al centro della tavola il suo piccolo tesoro, si affrettò a cercare alcuni rametti secchi per accendere il fuoco. In casa c’era anche il gatto che, annusando il profumo del latte, faceva le fuse alla padrona sperando che gli desse qualcosa di quella bontà. Così esso pensava: “Questa sera la mia padrona fa festa, spero che pensi un poco anche a me!” La nostra vecchiotta stava tutta intenta nei preparativi: il fuoco mandava le prime fiammelle e pian piano cominciava a scaldare i cerchi e la piastra della stufa. Giuseppina, tutta contenta, estrasse dal cassetto un tozzo di pane e depose sopra la tavola la scodella grande con un cucchiaio. Nel tempo che stava sbrigando tutti questi preparativi, spostandosi dalla tavola alla stufa, inciampò in una pezzo di legno fuori posto. Colta da spavento, gridò ma, fortunatamente, riuscì ad afferrarsi ad un angolo del tavolo. Lei rimase in piedi, ma il latte si riversò per terra! Il gatto, che dentro il suo cuoricino sperava sempre che la padrona gli desse un goccio di quel buon vitto, impaurito dall’urlo, spiccò un salto alto mezzo metro ma, perché una goccia di quella nevicata era andata a posarsi su un suo baffo, avendolo leccato, lo gustò quale buon latte. Per Bacco, parve impazzire e, tutto felice, si mise a lappare quel ben di Dio. La sfortunata Giuseppina, invece, era scoppiata in un pianto a dirotto, come una bambina alla quale fosse scivolata dalle mani la sua unica bambola e diceva: “Il diavolo, questo perverso, ha voluto mettere la coda e io, questa sera, che cosa mangio?” E, così, l’infelice Giuseppina, anche per quella sera, dovette accontentarsi della solita minestrina, condita con un cucchiaio d’olio.

In ogni modo, ecco come finì la storia. Quella sera, sotto la volta del cielo, c’erano tre esseri che ringraziavano, ognuno a proprio modo, il Creatore:

- la signora Maria perché il tempo era stato propizio, i campi avevano fruttato abbondantemente, la Bisa aveva partorito un vitello e lei aveva avuto l’opportunità di compiere un’opera buona;

- la Giuseppina perché, anche se il latte era andato a terra, lei, sostenendosi ad un angolo della tavola, non cadde per terra, rischiando di rompersi qualche osso;

-         il gatto perché, con quell’abbondante manna caduta dal cielo, aveva mangiato a sazietà e tanto di gusto e, più felice di tutti, prima di addormentarsi, rimuginò: “Oh, se tutti i giorni fossero così!”

 




* Una favola






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