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Antonio Balsemin
Ve conto…

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  • 11        IL GIOCO NEL FIENILE
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11        IL GIOCO NEL FIENILE

 

Eh sì, da bambini basta poco per divertirsi con giochi, che non abbisognano d’alcun soldo, perché tutto può diventare giocattolo! Noialtri, tra cugine, cugini e i ragazzi della contrada saremo stati una ventina. Il gruppo, formato dai maschietti e dalle femminucce, era ben composito. Quando era necessario prelevare dal fienile il fieno da dar da mangiare alle bestie in stalla, se qualcuno proponeva l’idea di questo gioco, tutti gli altri si univano. Il gioco nel fienile consisteva nel far scivolate dalla parte soprastante del fienile lasciandosi cadere, a peso morto e attraverso un foro (detto bocarolo o fenarolo1) sopra il mucchio sottostante di fieno appena buttato giù nella stalla. Correndo a più non si può e arrampicandosi sui pioli della scala lunga, sistemata nel sottoportico, si compivano dei girotondi: giù sopra, giù sopra e via così, assommando gran quantità di capriole. Il fienile vero e proprio era l’accatastamento della scorta di fieno che, raccolto dai prati, era sistemato lì, ben coperto e all’asciutto. Due volte il giorno si buttava giù, attraverso il foro apposito, quel tanto di fieno sufficiente per sfamare le bestie per mezza giornata. Qualche volta i ragazzi, lasciati a casa da soli perché i grandi dovevano recarsi a terminare i lavori nei campi, avevano il compito di distribuire il fieno nelle greppie delle bestie. Ecco l’occasione favorevole per giocare. Appena conclusa l’operazione di buttare giù il fieno con la forca dal soprastante fienile alla sottostante stalla, poiché s’era formato un gran mucchio di morbido fieno, prima di ripartirlo nelle mangiatoie delle bestie, era giunto il momento propizio per giocare lasciandosi scivolare attraverso l’apposito foro come se si fosse delle palle di gomma. Una volta realizzata la giravolta sopra il mucchio di fieno ammassato nella stalla, tutti frettolosi nuovamente si correva, servendosi della scala lunga, nella parte soprastante per eseguire un’altra bravata. Il tutto era come una buriana, più che al circo. Ad ogni corsa, ci s’imbrattava sempre più del tritume del fieno, che, trovando la colla del sudore, s’impastocchiava sulla faccia e sulla pelle come una seconda sottile epidermide. Il più bravo era quello più svelto, il quale, correndo più celermente, anca dando spintoni o facendo lo sgambetto ai vicini, effettuava più capriole. Ricordo che cercavo sempre di stare a seguito di una mia ‘fiammetta’, così che, quando saliva sulla scala a pioli, le vedevo le mutandine. Che cosa vuoi: insipienti peccati di gioventù acerba! Si correva, si schiamazzava, si rideva, si incespicava, si sudava. Alla fine, dopo svariate slittate, sembravamo maschere impiastricciate di polvere. Quando, sempre troppo presto, arrivava un adulto, questo ci apostrofava dicendoci se eravamo diventati matti. Il fattaccio si concludeva sempre con una severa paternale. Poi ci si recava a lavarci dal pulviscolo impiastricciato sotto il getto del cannello della pompa dell’acqua, che si trovava nell’aia e, lì, si dava inizio alla gara di chi più e più velocemente manovrava la grossa impugnatura della pompa idraulica. Fine del gioco! Al vincitore o alla vincitrice non spettava né coppa, né medaglia, né lecca-lecca, né caramella, né contentino ma solamente la soddisfazione d’asserire: “Ho vinto io!”

 




1 bocarólo, fenarólo, s. m. Trattasi della tromba o della buca attraverso la quale si faceva cadere il fieno dal soprastante fienile nel sottostante luogo apposito della stalla per, poi, con la forca, ripartirlo nelle greppie degli animali. Detta operazione d’approvvigionamento di foraggio, era compiuta tutti i giorni, due volte al giorno, così da poter regolarmente sfamare il bestiame. Il bocarolo (sul tetto) era, anche, l’apertura che serviva per arieggiare ambienti come: cantine, stalle, soffitte ecc. o per accedere, ispezionare e riparare i tetti delle case, dei portici, dei fienili e delle coperture in generale. 






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