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Antonio Balsemin Ve conto… IntraText CT - Lettura del testo |
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18 LA VOLPE E LA CICOGNA*
Un giorno una volpe ed una cicogna, che girovagavano per il bosco cercando qualcosa di buono da magiare, fecero conoscenza e subito nacque una grande amicizia. Infatti, esse avevano le stesse aspirazioni, vale a dire, d’essere invitate a cene, a pranzi, a festini, insomma, bramavano di frequentare l’alta società. Però, in più che ambiziose erano anche tanto intelligenti, intuirono che, in caso d’inviti da parte di gente di sangue blu, per far bella figura dovevano essere più che preparate non solamente con vestiti decorosi, ma, anche, nei modi di fare convenevoli e di conversazioni ben forbite. Questi problemi, non li passarono proprio per nulla sottogamba, ma, anzi, giunsero alla conclusione d’autoinvitarsi nelle proprie abitazioni, così da impratichirsi. A dare il via al primo invito fu la volpe che invitò la cicogna a casa sua per la sera dopo. La cicogna si presentò all’appuntamento ben agghindata che meglio non sarebbe stato possibile e, con un agire di donna nobile, entrò nel sottotetto. Dopo i saluti, i convenevoli, i ringraziamenti, i complimenti, le congratulazioni, si accomodarono a tavola. Dovete sapere, cari miei, che la volpe aveva preparato un brodo di gallina vecchia, che avrebbe fatto resuscitare anche i morti e l’aveva scodellato in un piatto tanto largo ma poco fondo. Dopo l’augurio di ‘buon appetito’, la volpe cominciò a sorbirsi la sua minestra e la cicogna a puntare il lungo becco sul fondo del piatto. Però, per quanto aspirasse o allungasse la lingua sul fondo del piatto, non era capace di far giungere in gola neppure mezza goccia di quel prelibato cibo. La volpe, com’ebbe svuotato il suo piatto, diresse gli occhi sull’amica che, tutta impegnata a mantenere un contegno riservato, indifferente s’atteggiava davanti al suo piatto ancor colmo. “Com’è, cara amica mia, che non ti sei bevuto il tuo buon brodo?” “Sai, cara amica mia, temo che sia eccessivamente nutriente ed io, per Bacco, ci tengo alla mia linea e non voglio diventare una cicciona”. “Che peccato, non sai quello che ti perdi. Comunque, se tu non lo sorbisci, lo bevo io. Possiamo far scambio di posto?” “Ma certamente, accomodati pure; in fin dei conti tu sei la padrona di casa!” “Ma quant’è gustoso, ma quant’è saporito questo brodo di gallina vecchia insaporita con i profumi delle verdure lessate, un brodo così succulento non mi riuscirà mai più. Per il prossimo invito, cara amica, ti preparerò gli gnocchi di patate, burro, formaggio e qualche foglia di salvia. Sei contenta?” La cicogna, poveretta, che, per la fame e per la rabbia dentro di sé, stava quasi per dare in escandescenze, riproponendosi che bisognava salvare i bei modi di persona educata, faceva la complimentosa lodando i bei momenti trascorsi, la ben riuscita serata ed asseriva d’essere più che soddisfatta di come si era svolto il trattenimento. Prima di darsi il bacio di commiato, le ultime parole della cicogna furono: “Cara amica, ti voglio ricambiare l’invito e dopodomani ti aspetto a casa mia. Mi raccomando, conto tantissimo sulla tua venuta!” Dopo questi saluti, si lasciarono definitivamente ed entrambe, finalmente, andarono a riposarsi nei propri giacigli. Però, anche se adesso non vi racconto tutte le rabbie che turbinarono nel cervello della cicogna finché ritornava dalla casa della volpe alla propria, vi assicuro che essa, per tutta la notte, non chiuse occhio rimuginando una tremenda vendetta contro la volpe. La mattina seguente, di buon’ora, la cicogna si recò al mercato per comperare due graziose bottiglie, quelle più economiche, ma con il vetro il più trasparente possibile e fornite di un collo molto lungo ma molto angusto. Il giorno successivo, mentre stava imbrunendo, ecco farsi viva la volpe. Non appena la cicogna la scorge, le spalanca le ali e la invita ad entrare. La volpe, come mise zampa dentro casa, si profuse in una sfilza di complimenti e la cicogna ringraziava con studiate espressioni ed appropriati inchini. Finiti i convenevoli, si sistemarono a tavola. La cicogna aveva preparato un identico vitto per entrambe le bottiglie ed era composto di: piselli, fagioli rossi, fagioli bianchi, fagioli neri, fagioli grossi, noccioline, fagiolini nani, uva bianca, uva nera, uva ribes, uva americana, grani di granturco giallo e grani di granturco bianco, grani di frumento, ciliegie, ciliegie selvatiche, amarene, ravanelli, more di rovo, more di gelso e tante altre prelibatezze. La cicogna, bella come il sole e, però, con la coda dell’occhio volto verso l’ospite, infilava il suo becco all’interno del collo della bottiglia e, volta per volta, estraeva quello che più gradiva. La volpe, invece, continuava a leccare il vetro con la lingua, ma, infelice, non arrivava nulla di nulla in bocca. Per salvare la situazione e per sostenere la parte della gran signora, ripeteva: ‘ma che bella frutta hai comperato, ma che belle verdure hai preparato, ma quali mai leccornie vedono i miei occhi’, ma, sventurata, neppure una volta disse: ‘quant’è buona questa o questo....’. Trascorsi alcuni minuti e svuotata la bottiglia, la cicogna chiese come mai la volpe non avesse ancora mangiato la sua porzione e questa, che per la fame aveva perso il lume dei sentimenti, senza mezzi termini, le urlò sul muso che era una gran maleducata, altro che una gran signora. La cicogna, che ancora non aveva digerito tutta la bile patita due sere prima, le rispose per le rime e, credetemi, poco mancò che con le unghie, il becco, i denti si cavassero peli, penne ed occhi.
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* Mia fantasiosa rivisitazione della favola XXVI ‘Vulpes et ciconia’ (La volpe e la cicogna), dal libro primo di Fedro. |
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