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Antonio Balsemin
Ve conto…

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  • 23        PIPPO E IL SUO AEROPLANO
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23        PIPPO E IL SUO AEROPLANO

 

La mia fanciullezza non è stata proprio bella e neppure tanto felice e d’essa ho più ricordi brutti che belli. Eh sì, mi ricordo che si parlava soltanto di cose autarchiche, de razioni tesserate, di cose contate, di cibo razionato, di risparmiare su questo e su quello. Ci si lagnava del sale con del ghiaino o con polvere di marmo, dell’olio che puzzava, del lardo che sapeva di rancido, della farina gialla ammuffita, della farina bianca con i vermi, de la lisciva non buona, del sapone marcio o andato a male, delle sardine puzzolenti sott’olio o sotto sale, dei crauti troppo acidi, della legna acquistata troppo sottile o troppo fresca o troppo bagnata. Erano pensieri ed affanni fornirsi di gugliate per rammendare i calzini, le toppe ai pantaloni, i tasselli ai gomiti delle giacche e dei cappotti, rigirare i colletti delle camice, scucire l’orlo per allungare i pantaloni ai figli che crescevano. Erano problemi le scarpe chiodate divenute piccole, i tacchi consumati, il tanto freddo, la tanta fame, la gran miseria, la gran paura di tutto e di tutti. In casa e fuori di casa si parlava solamente di guerra, dei soldati, dei mutilati, dei prigionieri, dei dispersi, dei morti, dei partigiani, dei tedeschi, dei fascisti, degli americani, del mercato-nero, del cibo di contrabbando, della svalutazione del danaro. Le autorità ci raccomandavano d’avere pazienza, di pregare, di raccomandarsi alla Madonna di Monte Berico, di Pompei, di Loreto, del Carmine, a Sant’Antonio di Padova, a santa Rita di Cascia, all’angelo custode, a Dio che vede e provvede. Bene, uno di questi miei tristi ricordi è quello di Pippo e del suo aeroplano. Adesso vi racconto. Tutte le sere, dopo d’aver cenato, di solito con caffelatte oppure con una minestra fatta con il lardo, una cipolla, una patata, un po' di fagioli oppure con una zuppa di pane condita con un po’ d’olio ed un pizzico di formaggio grattugiato, si recitavano le orazioni vuoi in casa attorno alla tavola, vuoi nella corte, vuoi al riparo di un portico. Ognuno portava con sé una propria sedia e il proprio rosario.  Conclusa la recita, si parlava del più e del meno e, dopo, ognuno si ritirava alla sua abitazione. C’era chi si coricava subito, c’era chi rimaneva ancora sveglio per far qualcosa al lume di candela oppure della lampada a carburo o di quella a petrolio o di quella che s’alimentava con olio non più commestibile. Bene, quando faceva freddo e in cucina vi era il focolare, si teneva il fuoco acceso e la fiamma non solamente rischiarava tutta la stanza, ma filtrava attraverso i vetri e s’espandeva fuori dell’abitazione. Alle volte, ad un certo punto a notte piena, si sentiva un lievissimo ronzio che, però, si faceva, via via, sempre più vicino e più forte fino a diventare un rimbombo sopra la testa. A ciascuno pareva che quest’oggetto venisse proprio difilato sopra la propria casa. Come si percepiva il primo ronzio, tutti erano intimoriti ed era tutto un vociare a voce sommessa: spegnete il fuoco, spegnete la candela, spegnete la lampada, chiudete la porta, coprite i vetri della finestra con i sacchi, non respirate, non muovetevi e altre raccomandazioni di questo genere. Se un fuoco si trovava a cielo aperto e si poteva vedere dall’alto, per fare più in fretta, si gettavano sopra badilate di terra o secchi d’acqua. “Arriva Pippo, arriva Pippo, se vede le luci dei fuochi sgancia le bombe e ci bombarda, non facciamoci vedere ché ci uccide, stiamo immobili, mettiamoci al riparo”. Per Bacco, ogni notte erano sempre gli stessi spaventi! Se stavo ancora alzato, correvo in braccio alla mamma, ma se ero coricato, mi rannicchiavo sotto le lenzuola e nascondevo le testa sotto le coperte. Tutti pregavano, ma qualcuno imprecava. Dopo che il minaccioso rombare dell’aereo si era allontanato dalle nostre teste e si era affievolito, si respirava con gran sollievo. Qualche volta, però, ricordo che il ronzio dell’aereo si riudiva ed, allora, era tutto un nuovo scappare qua e là. Era un’altra apprensione e qualcuno gridava: “Pippo ci ha visto, qualcuno non ha spento il fuoco, qualcuno ha fatto i segnali, qualcuno ci ha tradito, adesso Pippo ci bombarda”. Alla fine, quando questa confusione s’era acquietata, ricordo che finiva sempre, all'incirca, con queste parole: “Sia ringraziato Dio e la Madonna, per stanotte c’è andata bene”!

 

Nota Scritto nella notte del 01.02.04, dalle ore 3,30 alle ore 4,30.

 

 




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