Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Silvano Tomasi – Gianfausto Rosoli Migrazioni moderne IntraText CT - Lettura del testo |
3 -
Scalabrini a Leone XIII 4
(traduzione italiana)
Mi ha colmato della più viva gioia la Vostra Lettera, che avete inviato ai Vescovi dell’America, sul problema della salvezza degli immigrati italiani5: in essa infatti rifulgono mirabilmente sia la grandezza apostolica della carità sia l’eccellenza veramente regale del Vostro animo, per cui vi mostrate degno dei più illustri Predecessori Vostri. Tutti vedranno nella Vostra Lettera, se non vado errato, un monumento insigne della pietà apostolica e una nobilissima gloria del Vostro Pontificato.
Il fatto che la Sede Apostolica, come il sole che risplende, emani la forza della sua luce e della sua bontà su tutti i popoli, è noto a tutti da secoli; ma non sarebbe stato giusto che la medesima Sede Apostolica, avesse lasciato privi del suo amore e della sua premura, una volta partiti per lontane regioni, quelli che aveva educato e sostenuto quando erano vicini.
La Sede di Pietro si professa debitrice a tutti, a tutti apre le sue braccia e, sollecita di tutti, provvede all’utilità e alla salvezza di tutti; ma vi sono di quelli che essa ha sempre considerato giustamente di casa, le popolazioni italiane, e in esse ha sempre posto la sua compiacenza.
Se dunque Vostra Santità viene opportunamente in soccorso della
grande moltitudine di italiani, lontani e oppressi da un’estrema penuria di risorse spirituali sia per la perversità dei tempi sia per l’incuria dei governanti, la Vostra parola è veramente fedele e degna di ogni accoglienza, specialmente da parte degli Italiani. Simile atteggiamento, o Beatissimo Padre, si addice sommamente a Voi come sovrano italico, ed esalta all’età nostra la maestà della Sede Apostolica.
Mentre infatti non pochi Italiani, fuorviati da uno spirito malsano, dimenticando quanta dignità derivi all’Italia dalla Sede Apostolica, o, quel ch’è peggio, dissimulando ingratamente quanta larga messe di bene abbiano da essa ricevuti, non si vergognano di ordire macchinazioni inqualificabili contro Voi e contro codesta Sede Apostolica, Voi, Padre pietoso, non badando alla loro nequizia, ricolmate i fratelli di ancor più abbondanti benefici. In tal modo dimostrate d’impersonare non solo nella potestà, ma anche nella pietà, il Cristo che passò facendo del bene.
Godo vivamente di questa nuova luce di cui risplende, per merito Vostro, la Sede Apostolica, poiché una buona volta tutti i miei fratelli Italiani, edotti dalla forza della verità e da una triste esperienza, comprendendo che dalla nuova via, per cui si sono incamminati, non hanno ricavato che rovina e infelicità, impareranno più facilmente a riporre le loro speranze, non in chi bugiardamente promette felicità umana, ma in Voi solo, Beatissimo Padre, e nella Sede Apostolica, nella quale si trova ogni speranza di vita e di forza. Essa è l’albero della vita, piantato in mezzo alle genti, e sotto le sue fronde i popoli trovano salute.
Questi i motivi della mia somma letizia; ringrazio senza fine Dio, autore di ogni bene, per avere suscitato e accresciuto nel mio cuore il proposito di aiutare i fratelli emigrati, e per averlo poi fatto come Vostro, con la conferma della Vostra autorità. Ora infatti m’è lecito augurarmi che Voi porterete a termine quest’opera, nella magnificenza del Vostro animo. Perciò ringrazio anche Voi, Beatissimo Padre, che agli innumerevoli benefici che mi avete accordato, abbiate aggiunto quest’ultimo, d’avere appagati i miei voti e di avermi affidato la parte principale in quest’opera salutare. Per quanto sta in me, tutto quello che valgo, tutto quello che posso, mi dedicherò indefessamente a quest’opera come pure all’amore della Santa Sede, e vi spenderò volentieri tutte le mie forze e la mia stessa vita.
Se altre volte mi presentai a Voi per protestare il mio assiduo amore per Voi, in modo tutto speciale lo faccio in questo momento; e dopo aver invocato dal Salvatore degli uomini, ora nato, l’abbondanza dei carismi celesti sulla Santità Vostra e sull’opera da Voi intrapresa a beneficio della Chiesa e di tutta la famiglia umana, in questo giorno
dell’Epifania del Signore, nel quale il Divino Missionario illuminò per la prima volta le genti, prostrato ai Vostri piedi, impetro la Benedizione Apostolica sopra di me, sugli alunni della Congregazione e su tutta la diocesi piacentina.
Scalabrini ringrazia il Sommo Pontefice per la lettera, quale gesto di amore della Sede Apostolica verso tutti i popoli, ma soprattutto verso i fedeli ora lontani che sono stati educati nella fede, come gli italiani.