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Silvano Tomasi – Gianfausto Rosoli
Migrazioni moderne

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13 - Scalabrini a Pio X13

 

                                                                                                                                                         S. Paolo (Brasile), 22 Luglio 1904

 

Vogliate, ve ne supplico, scusare nella Vostra immensa bontà l’ardire che mi prendo di indirizzarVi questa mia e di usare di questa carta, la migliore che trovasi in questa casa della Congregazione dei miei Missionarii e che Vi mette sott’occhio un’opera di grande carità da loro compiuta. Sento prepotente il bisogno di ringraziarVi, prostrato in ginocchio innanzi alla Vostra Augusta Persona, della Benedizione con la quale Vi degnate accompagnarmi nel lungo viaggio e della quale ebbi a provare i più salutari effetti.

Grazie a Dio non ebbi a soffrire menomamente durante i 27 giorni di bastimento, sebbene il mare non ci sia stato sempre amico. Ogni


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celebrai la S. Messa, si confessava, si comunicava, si predicava, si insegnava il catechismo, sicché un signore brasilero diceva scendendo in terra: Abbiamo passato tre settimane in un monastero!

Qui fui accolto splendidamente dal Vescovo, uomo degno dell’alta sua posizione, dal Capitolo, dal Clero, e da immenso popolo italiano accorso, sicché turbò non poco i nervi al partito socialista cosmopolita, qui numeroso e forte.

Ho dato gli Esercizi spirituali ai Missionarii e alle Suore ed ho cominciato a visitare le colonie italiane raccolte nelle così dette Fazende. L’incontro con me è qualche cosa d’impossibile a descriversi. Quando mi veggono da lontano gridano gli evviva, ma quando son giunto in mezzo a loro piangono tutti. Ma il momento più solenne e commovente è quando io parlo loro della Santità Vostra e che imparto la Vostra Benedizione Apostolica. Un pianto dolcissimo di gioia viva, intensa. Ieri vidi una colonia quasi interamente di Trevigiani. Che bellezza sentirli parlare del loro Padre Santo, che vanti innocenti di averVi veduto, di averVi parlato, di essersi confessati dal loro Papa, quando era Parroco, Canonico, Vicario ecc. Il padrone della Fazenda che era presente piangeva anche lui come gli altri e mi disse esser quello uno de’ più bei giorni della sua vita.

Continuerò così sino a oggi otto e poi mi metterò in viaggio per gli Stati dello Spirito Santo, del Paranà, di S. Catarina, di Rio Grande do Sul, in visita delle case della Congregazione e, per quanto mi sarà dato, delle colonie dei nostri emigrati.

Parto da S. Paolo assai contento per aver potuto combinare con questo ottimo Prelato varie cose che riusciranno di grande vantaggio alle anime dei nostri poveri espatriati, qui, più che in Italia, assetati di parola di Dio e di Sacramenti. Sono in questa Diocesi più di 2000 fazende che i Missionari di S. Carlo percorrono indefessi, da veri apostoli, colla maggior frequenza possibile, ma non certo più di una volta all’anno, sebben siano in 12. Ma bisognerà che ne aumenti il numero anche per provvedere meglio all’assistenza di queste importanti opere di carità create da loro da una diecina d’anni. Gli orfani italiani finivan tutti  in modo innominabile. I primi Missionari inviati qui conobbero tosto il bisogno di un orfanotrofio italiano; si misero coraggiosamente all’opera e Dio venne in loro aiuto. Sono già 802 i giovani raccolti, istruiti e messi a posto con un’arte in mano; e sono 242 i ragazzi ora qui, divisi in due stabilimenti grandi e ben collocati fuori della città  e che studiano, pregano, apprendono un mestiere qui in casa e si preparano ad essere buoni cristiani. Vivono di elemosine che i Missionari raccolgono nelle loro continue escursioni apostoliche. Quello che mi sorprese di più è che non hanno debiti di sorta. È Dio che vede e provvede.


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Ed ora mi permetto, P.B., di esporle una mia idea. La S.V. si è proposto il sublime e fecondo programma: Instaurare omnia in Christo. Ora la Chiesa, che coll’ammirabile Istituzione di Propaganda Fide spende tanto denaro e consuma tanti preti per la diffusione della fede tra gli infedeli, non farà qualche cosa di simile per la conservazione della fede tra gli emigrati? E parlo degli emigrati di tutte le nazioni e di tutte le religioni cattoliche: italiani, tedeschi, spagnuoli, portoghesi, canadesi ecc. ecc. Una Congregazione speciale dedicata a questo problema, il più grande del nostro secolo, riuscirebbe di onore alla Santa Sede Apostolica, le avvicinerebbe i popoli, come a tenera madre, e produrrebbe un bene immenso. Lassù negli Stati Uniti del Nord le perdite del Cattolicesimo si contano a milioni, certo più numerose delle conversioni degli infedeli fatte dalle nostre Missioni in tre secoli, e nonostante le apparenze, continuano ancora. Il protestantesimo lavora lassù e lavora anche qui a pervertire le anime. Ora una Congregazione che si mettesse in relazione coi Vescovi, dai quali si dipartono e con quelli presso i quali arrivano gli emigranti cattolici, e se non basta coi rispettivi Governi; che studiasse in ogni sua parte l’arduo e complesso quesito dell’emigrazione, giovandosi all’uopo degli studi antichi e moderni, e a nome del Santo Padre imponesse le provvidenze del caso, sarebbe una benedizione pel mondo e basterebbe a rendere glorioso il Vostro Pontificato.

Perdonate, P.B., la mia audacia, audacia di un figlio devoto e riconoscente che darebbe per Voi e per la causa Vostra il sangue e la vita, e degnatevi di continuare la vostra santa Benedizione, che ricevo ogni inginocchiato con profonda commozione, perché possa compiere, col divino aiuto, le opere per le quali sono venuto, e così per la solennità dei Santi trovarmi in mezzo al mio popolo carissimo.

Vi bacio, P.B., i piedi e coi sensi della più viva, antica e sentita venerazione, mi glorio di raffermarmi

della S.V.
Um.mo, Dev.mo, Obbl.mo, Aff.mo figlio

 




13 AGS AB 01-04/41b (minuta).






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