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Silvano Tomasi – Gianfausto Rosoli Migrazioni moderne IntraText CT - Lettura del testo |
22 - Corrigan a Scalabrini51
Mi giunse in buon tempo il foglio di V. E. de’ 13 Aprile, p.p.: ma sono stato così occupato a casa, e così di frequente fuori di città, come ora, in visita, che finora non potei risponderLe.
La quistione de’ fondi già procurati per fabbricare una Chiesa italiana fu solamente quistione di locale, e non di principio. Il dubbio versava circa l’intenzione degli offerenti, e ci fu d’uopo sapere se loro avevano dato tal somma per fabbricar una Chiesa loro nel ricinto stesso della Parrocchia dove loro abitavano, oppure in qualunque altro sito, purché la Chiesa sarebbe italiana. Quando fu trovato che le offerte furono fatte al fine di stabilir una Chiesa in quei dintorni soltanto, e non precisamente in quella stessa parrocchia, io subito diedi l’ordine di trasferire i fondi al Padre Morelli: e ciò prima dell’arrivo della Sua lettera.
Non occorre a dire che non fu mai la menoma idea di sequestrare tali fondi, molto meno di impadronirsene o di rubarli. Neppure occorre a dire che le minacce non mi fanno impressione di sorta.
Ora mi permetta dirle due cose riservatamente. Prima è lo sbaglio innocentemente fatto da Padre Felice nel comprare la Chiesa attuale. Gli dissi che per parte d’un amico mio intrinseco, potrei acquistarla per scudi 63.000: e che egli non dovrebbe mostrar desiderio di averla. Disgraziatamente ebbe da fare con Giudei, e mostrò nel proposito
avidità grande. Per conseguenza, questi Giudei non vollero vendere il terreno se non per Scudi 73.000, e così abbiamo perduto una somma maggiore de’ risparmi di tutti questi anni, più che questi fondi benedetti di cui si è stato tanto fracasso. P. Felice errò per semplicità cristiana, trattando con Giudei, e per mancanza di sperienza.
Seconda cosa è più seria. Si sono piantati ora anche qui in America i semi di discordia fra i nativi di alta e di bassa Italia. Mi rincresce di dirLe pure in riserva che il nostro ottimo P. Marcellino sia cagione grandissima di ciò. Non mi cessò mai sparlando contro i Napolitani, e lodando sempre coloro dell’Alta Italia. Non Le significai finora, sperando che il male cesserebbe con lui. Quindi dal primo giorno pregai i Sacerdoti Suoi, per amor di Dio, di non mischiar mai questioni tali con la salvezza delle anime. Non li rimprovero: ma Domenica scorsa i poliziotti dovettero intervenire per conservare la pace nella Chiesa, nel tempo stesso del culto divino. Fu cosa mai veduta qui prima. I semi già piantati portano frutto amaro.
Le Sorelle Salesiane52 non sono troppo contente, perché 1° non hanno casa decente; 2° non hanno salario fisso, ma solo la promessa che non mancheranno di nulla. Proverò di combinare le cose con P. Felice. Bisogna assegnare alle Suore almeno un’abitazione salubre, e abbastanza pulita e commoda. Di più, vorrei dar a loro una pensione fissa, come è costume di tutte le altre Sorelle in questa Diocesi. Ma ciò forse potrò combinare. Mi sembra meglio di seguire in queste materie il costume vigente del nuovo paese. Queste cose dico non per lagnarmi, ma solo per palesarLe lo stato attuale.
E dopo
ciò mi segno di V.E. R.ma
Affezionatissimo nel Signore
Michele Agostino Arciv.