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Silvano Tomasi – Gianfausto Rosoli Migrazioni moderne IntraText CT - Lettura del testo |
31 - Corrigan a Scalabrini68
Profittando dei brevi momenti che le continue cure della vastissima Archidiocesi mi consentono, ho con speciale interesse letto la relazione del Primo Congresso Catechistico69 tenuto in Piacenza dietro l’iniziativa dell’Ecc.za V. R.ma. E mentre mi compiaccio assai nel vedere l’Episcopato ed il Sacerdozio italiano prendere tanta parte e tanto vivo interesse al Congresso, devo sommamente congratularmi coll’Ecc.za V. che ha saputo rendere alla sua cara Italia il servizio il più segnalato; poiché, colla sincerità di amico, devo confessare francamente che l’insegnamento del Catechismo in Italia è poco o nulla curato. E devo far ragione all’Eccmo Mons. Vescovo Bonomelli,70 il quale nel suo bellissimo discorso conclusionale afferma una verità dolorosa per un cattolico, dolorosissima per un Pastore. Egli dice: «percorrendo tutte le diocesi dell’Italia nostra, quante migliaia di fanciulli e di fanciulle interrogati non saprebbero fare debitamente il segno della Croce né recitare il Pater né rispondere una parola intorno a Dio e a Gesù Cristo.» (Pagina 231, atti Primo Congr. Catech.)
Eccellenza, (me lo permetta) la sconfortante parola di Mons. Bonomelli pur troppo è vera nella sua triste realtà. In New-York più volte ne ebbi le prove, e non sapevo rendermi ragione come in Italia, in cui non ha a lamentarsi la scarsezza di sacerdoti, abbia a riscontrarsi tanta ignoranza nei figliuoli del popolo. Gl’italiani che lasciano la patria e traversano l’Atlantico per venire tra noi a cercar lavoro e pane, rivelano tale e tanta ignoranza nelle verità più elementari della Religione da recar meraviglia anche ai nostri nemici. Spesso accade che allorquando si presentano per celebrare il matrimonio il parroco è posto in imbarazzo non lieve, perché li trova digiuni del tutto delle verità cristiane. Faccia Iddio che l’opera sì felicemente iniziata dall’Eccellenza
Vostra, benedetta ed incoraggiata dal S. Padre, presieduta dall’insigne Porporato Alfonso Capecelatro, abbracciata dall’Episcopato, coadiuvata da zelanti e pii sacerdoti, abbia a dare all’Italia frutti ubertosi di pietà e di religione. D’altronde nutro ferma fiducia che impresa di tal fatta non potrà mancare al suo ideale, poiché più che in altri casi, qui possiamo a buon diritto applicare il motto della sapienza popolare volere è potere, come egregiamente affermò Mons. Tonietti Vescovo di Massa (Pag. 125) e sotto altra forma espresse Mons. Bonomelli: a chi vuole fortemente tutto è possibile, e Dio è con lui. (Pag. 226).
Non ardisco far parola degli argomenti proposti e trattati con tanta serietà, con tanto studio dai Relatori e dall’intero Congresso; peraltro mi è caro osservare in generale che negli atti del primo Congresso catechistico di Piacenza ciascun parroco potrebbe prendere qualche cosa per sé, e farne tesoro per la sua parrocchia: non è da tutti saper trovare dei mezzi, delle industrie per guadagnarsi l’affetto dei fanciulli, per attirare gli adulti al Catechismo e per ben prepararli alla prima Comunione: la relazione del Congresso raccoglie in sé tutte quelle arti, quelle industrie che la pietà di sacerdote zelante adoperò a bene dei fedeli, e che una felice esperienza sanzionò. Laonde l’avere, a dir così, quasi delineate mille vie per la diffusione e pel rinnovamento dell’insegnamento catechistico, è già un gran vantaggio che il Congresso ha reso all’Italia.
Scendendo poi al particolare, quello che più d’ogni altro merita considerazione si è il secondo argomento, in cui si tratta del Catechismo pei giovani studenti; questo punto è forse il più importante sia per le difficoltà che s’incontrano nell’attuazione, sia perché diretto a quel ceto di fedeli, che un giorno prenderanno parte principale alla vita sociale e politica. Su questo riguardo ammiro le proposte del Relatore Prof. Martinoli, e dell’Oratore Giuseppe Alessi di Acireale, però non sono alieno dall’idea dell’Ecc.mo Mons. Miotti, il quale (per servirmi delle sue parole) invitato a portare nel Congresso il frutto della sua lunga esperienza intorno al modo di promuovere l’insegnamento del Catechismo, afferma che è pur bello discutere quale sia il metodo più facile e più adatto per imprimere nella mente dei fanciulli e della gioventù le massime dell’evangelo; «ma più che delle discussioni e delle molteplici teorie... amerei ci pigliassimo cura a procacciarci degli Apostoli intelligenti, pazienti, inspirati da zelo ardente per l’istruzione della gioventù. Io non domando buoni Catechismi, ma buoni Catechisti.» (Pag. 123).
Le parole di Mons. Miotti salutate con entusiasmo dall’intero Congresso, furono raccolte dall’Ecc.mo Mons. Bonomelli, il quale nel suo bellissimo discorso le riassume, le svolge, e determina pur anco il carattere indispensabile di un buon Catechista: «Una cosa sola, (Egli dice)
e questa è bastevole: la Carità di Gesù Cristo... È la Carità che guadagna i cuori... Giovanni Bosco e Lodovico da Casoria... che miracoli non fecero?... Essi erano ricchi di una sola cosa, della carità di Gesù Cristo. Date all’Italia venti, trenta uomini come Bosco e Lodovico da Casoria, ed essi le daranno la leva, rinnoveranno la gioventù. (Pag. 234)»
In queste parole si vede la luce, si sente la forza di una verità che s’impone e che spinge ad abbracciarla. Come il Primo Congresso Catechistico di Piacenza ha accolto con vivi applausi il pensiero di Mons. Miotti, così anche io l’accetto per farne tesoro a pro della mia Archidiocesi.
E qui colto l’occasione di presentare all’Ecc.za Vostra il metodo vigente nella mia Archidiocesi, e può dirsi negli Stati Uniti dell’America Settentrionale riguardo all’Insegnamento Catechistico: però con questo non intendo dire (mi servirò dell’espressione dell’Ecc.mo Mons. Cocchia) - Ecco il sistema di America, applicatelo all’Italia (Pag. 243), - Ma solamente soddisfare all’Ecc.za Vostra la quale mi ha manifestato il desiderio di conoscere come si diffonda e prosperi l’insegnamento catechistico nella mia Archidiocesi.
Per ciò che riguarda l’educazione dei fanciulli sino all’età di circa 16 anni, tutto è affidato alla scuola cattolica: a questo proposito è bene conosca che nella mia Archidiocesi, ogni missione o parroco ha una scuola alla quale intervengono i figliuoli e le figliuole dei parrocchiani: ai primi ordinariamente insegnano i Religiosi, alle seconde le Religiose, sempre però dipendentemente dal Parroco, il quale almeno una volta alla settimana deve visitare le diverse classi, e deve fare del tutto a che la sua scuola non sia inferiore alla scuola del Governo, acciò non si dia motivo ai cattolici di disertare dalla scuola parrocchiale perché insufficiente per l’educazione dei figliuoli. Naturalmente nella scuola l’insegnamento del Catechismo occupa un posto importante: ogni giorno immancabilmente vi è la lezione catechistica: e perché questi ordinamenti siano scrupolosamente osservati, è costituito un sacerdote il quale non ha altro incarico che invigilare sull’insegnamento del Catechismo.
Credo che l’esistenza della scuola parrocchiale non solamente sia utile, ma necessaria: e perciò insisto continuamente perché si migliorino le esistenti, e siano istituite ove sino ad ora non esistono: e qui fa a capello quanto riferisce il P. Savarè Somasco (Pag. 285) che cioè: - un Concilio Provinciale di America dispone che quando il Missionario avesse mezzi per fabbricare solo o chiesa o scuola, lasci la chiesa e nella scuola erga l’altare. - L’importanza e la necessità della scuola per l’educazione cristiana non può sfuggire ad alcuno: le idee, le verità che, a dir così
si succhiano col latte, restano più potentemente impresse nei giovinetti: e non vi è età più acconcia, più atta ad educare il cuore alle verità dell’Evangelo, quanto quella della puerizia e della adolescenza. Questo mio opinamento, o meglio sistema, ha non pochi contraddittori: però l’esperienza, che in tale materia è la maestra unica ed infallibile, mi conferma nella mia idea; ed il dispiacere (se pure esiste) di essere contraddetto, è compensato a mille doppi da felici risultati.
Per altro è mestieri notare che l’istituzione delle scuole parrocchiali non è mia creazione, sibbene è prescritta dal concilio Provinciale IV di New-York nel cap. III art. 1.: ed è solennemente confermata nel Concilio Plenario Baltimorese III al tit. VI n. 199.71 E perciò nel Sinodo Diocesano da me celebrato nel 1886, in conformità alla volontà espressa del santo Padre, si prescrive a ciascun parroco l’erezione della scuola, riservando all’Ordinario pro tempore giudicare sulla impossibilità di aprirla e sostenerne le spese.
Con questo sistema è ben tutelato l’insegnamento catechistico sino alla età di anni 16: ma perché in seguito non fossero i giovani abbandonati a se stessi, ed al capriccio delle passioni, che in tale età meno accorta e più fervida, sogliono dominare e facilmente pervertire il cuore, nel Concilio Provinciale IV di New-York si è provveduto assai convenientemente. - Secondo le prescrizioni del Tridentino il Parroco deve in ciascuna Domenica annunziare al popolo la parola di Dio: questa disposizione non si credé sufficiente per l’America: poiché tutti coloro che per varii motivi non possono assistere alla messa parrocchiale o solenne, rimarrebbero per sempre privi della parola di Dio. Ad evitare tale inconveniente i Concilio Provinciale testé citato dispose, che. oltre quanto è prescritto nel Tridentino, in ogni chiesa, in ciascuna messa, nelle Domeniche il parroco od altri dal medesimo designato debba tenere al popolo un breve discorso istruttivo sulle verità della vede, previa la lettura in lingua vernacola dell’Evangelo del giorno: in tal modo tutt’i fedeli in ogni Domenica assistono ad una istruzione, la quale, benché breve, pure è non poco vantaggiosa, perché rinnova alla mente quelle verità cristiane, che formano la norma della onestà, e sono incitamento alla virtù. Sicché nella sola città di New-York, oltre la predicazione che ha luogo in certe epoche determinate, in ciascuna Domenica posso calcolare ben 400 discorsi catechistici nelle ottanta e più chiese ivi esistenti. Questo ordinamento indotto dal Concilio Provinciale di New-York fu abbracciato dal Concilio Plenario Baltimorese III, che lo impose a tutta l’America Settentrionale senza restrizione di sorta.
Né si opponga che in tal maniera non è sufficientemente provveduto all’educazione cristiana dei giovani studenti: è questa una ragione di più per dire che il sistema di America non può attuarsi in Italia: i giovani cattolici studenti americani hanno un ideale ben differente dagli italiani: l’Università non è un titolo per essere lontano dal tempio, non è una scuola che fa dimenticare Iddio, ma è una ragione di più per adempiere i doveri religiosi. Forse ciò dipende dal carattere americano od anche dai genitori, i quali non tollerano che i figliuoli, ancorché giovani, siano lontani dalla chiesa: la voce del genitore nella famiglia vale quasi quanto quella del Sacerdote nella Chiesa. Il cattolico in America immancabilmente ogni Domenica assiste alla messa, visita la chiesa: né fa d’uopo usare arte od industrie per chiamarlo al tempio: è la coscienza dei proprii doveri.
A dare un’idea completa dell’Insegnamento Catechistico nella mia Archidiocesi, sarebbe necessario esporre la cooperazione del Clero a tale insegnamento, ed anche come si preparino i giovinetti alla Prima Comunione. Però su questo punto mi riservo parlare in altra circostanza: ed in tal modo mentre a me è dato più largo tempo a scrivere, mi sarà data ancora altra occasione di rinnovare la nostra sincera amicizia. Gradisca intanto i sentimenti della mia profonda stima e della mia gratitudine, ed augurando alla sua cara patria l’attuazione dei voti fatti nel primo Congresso catechistico, ho l’onore raffermarmi
Della Eccellenza Vostra Rev.ma Ill.ma
Umil.mo Servo
Michele Agostino
Arcivescovo di New-York