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Silvano Tomasi – Gianfausto Rosoli
Migrazioni moderne

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 38 - Corrigan a Scalabrini91

 New York, 31 Agosto 1891

 Ricevei la sua a me car.ma in data 10 corr.: la ringrazio di quanto afferma a mio riguardo per la costituzione della Società di S. Raffaele: l’E.V. oramai mi conosce fino al midollo, ed io dalla mia parte ho la coscienza di operare per gli emigranti come opero per gli Americani.

Riguardo all’Ospedale credo prudente soprassedere a qualsiasi  determinazione pel momento: dalle ultime informazioni mi costa che per ora procede regolarmente, e la carità nulla fa mancare ai poveri infermi: pel passato le cose mi furono rappresentate sinistramente, ed io m’indussi a scrivere all’E.V. temendo una catastrofe.

Apprendo con meraviglia che i Signori Cahensly e Volpe-Landi siano molto mortificati della mia lettera: più ch’essi, io credo che, i Vescovi Americani dovrebbero essere mortificati della loro condotta. Perdoni, Mons.: ma non si azzarda così leggermente un memoriale al S. Padre,92 in cui, se non si offende la personalità, per lo meno si offende moralmente l’intero Episcopato Americano: e quel ch’è peggio tale memoriale viene indirizzato al Pontefice da persone che non viddero mai l’America, e che appresero le sventure e l’oppressione degli emigrati dalle relazioni di qualche romanziere, o di corrispondente di giornali, al quale è più a cuore l’ideale dell’impressione che la verità.

Prima d’insegnare all’Episcopato Americano il modo di regolare gl’interessi spirituali degli emigranti, si dovrebbe conoscere l’America, e poi in camera charitatis, suggerire il proprio opinamento al Vescovo, a favore del quale milita la presunzione, che cioè più del laicato senta il dovere della salvezza delle anime. Credo, Mons., che l’E.V. non vedrebbe di buon occhio che un comitato laico proponesse al Papa un metodo, un ordinamento nella diocesi di Piacenza diverso da quello che V.E. ora segue. Era dunque ben ragionevole che io esprimessi la mia idea ed in certo modo il mio risentimento in proposito.

L’E.V. nella lettera afferma che quei Signori non intendevano di creare una doppia giurisdizione, ma solo che le diverse nazionalità Europee avessero nell’Episcopato Americano un rappresentante e questo non già straniero ma americano


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Quindi l’E.V. soggiunge: Non è forse questo il metodo che già si tiene? - Mi permetta Mons.: se questo metodo già esiste negli St. Un. di America, perché il Sig. Cahensly ne ha fatto supplica alla Santa Sede? Mi sembra una debolezza di mente domandare quello ch’è concesso, anzi attuato; e siccome so di certo che il Sig. Cahensly è ben presente a se stesso e conosce bene quello che fa, perciò devo concludere che ben diverso era il suo intendimento. E ciò me lo conferma la risposta del Cardinale Simeoni,93 il quale disse francamente che il progetto Cahensly era d’impossibile attuazione: dunque trattavasi di ben altra cosa.

Quello poi che merita maggior rilievo si è che le osservazioni dell’On. Cahensly (il quale fu in America un mese, più o meno) non sono tutto oro: egli ebbe  informazioni da fonti torbide, e non ebbe tempo sufficiente per poter giudicare con esattezza l’opera dell’Episcopato Americano rapporto alla emigrazione: il Comitato della Società di S. Raffaele per l’emigrazione tedesca, composto da distinte persone di origine tedesca, con a capo Mons. Wigger Vescovo di Newark di origine tedesca, ha solennemente protestato contro il progetto ed il memoriale dell’On. Cahensly: certo non avrebbero così pubblicamente reagito contro un connazionale, se tutto fosse stato conforme alla realtà delle cose.

Car.mo Mons.: la quistione dell’emigrazione in America non può avere una soluzione, prescindendo dall’indole e dalla vita americana: bisogna vivere qualche anno in America per toccare con mano quello che sfugge all’apprezzamento superficiale del viaggiatore: un popolo non si studia in un mese: il popolo americano educato alla libertà all’indipendenza nazionale si avvanza nel cattolicismo come progredisce nella libertà; ma entrando in Chiesa non lascia fuori le porte l’idea dell’indipendenza nazionale: e l’Episcopato Americano deve fare del suo meglio perché questa indipendenza non invada il campo religioso: porterebbe danni gravissimi. Un popolo istituito a tale educazione non si rassegnerebbe ad essere soggetto ad un vescovo straniero; e se si attuasse l’idea del Cahensly, senza dubbio si porrebbe immezzo ai cattolici americani il fattore della divisione e dello smembramento: indi emulazioni, scissure, discordie a discapito del Cattolicismo ed a favore del Protestantesimo.

Inoltre non mi sembra ammissibile l’ideale del Cahensly poiché esige la creazione dei Vescovi perché stranieri e come rappresentanti le nazioni 


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straniere: invece l’Episcopato Americano esige Vescovi abili, siano stranieri o americani: e di più vuole che il Vescovo rappresenti il popolo affidatogli, non già  una nazione straniera: e questo certamente è il concetto vero di Vescovo: ha il diritto su tutto il gregge, e deve provvedere indistintamente a tutti. Ed anche ammessa per assurda ipotesi l’esistenza di tali vescovi, non si otterrebbe nessun buono effetto, o almeno l’effetto buono non compenserebbe il danno che può venirne: poiché in tale ipotesi è inevitabile la collisione tra Vescovo e Vescovo, come anche tra Vescovo e popolo.

Mons.: mi creda, non parlo per altro sentimento che quello che la coscienza mi impone; e la mia parola è l’apprezzamento di lunga e matura esperienza: se usai gran libertà nell’esporre all’E.V, le mie idee, lo attribuisca alla mia sincerità: a nessuno, molto meno ad un amico come l’E.V. potrei nascondere le mie convinzioni in proposito: e se forse fui l’unico nel far pervenire la mia parola di risentimento all’On. Cahensly, non rechi meraviglia all’E.V.: poiché nessun Vescovo più di me sente il peso dell’emigrazione, poiché tutti fanno capo a New York.

Nella lusinga che la mia parola franca e sincera vorrà essere un nuovo titolo della nostra antica amicizia, la riverisco caramente e mi raffermo:

Dell’Ecc. V. R.ma
Aff.mo Amico
Michele Agostino, Arciv°.

 

Riservato

Intorno alla doppia giurisdizione, vi furono degli intrighi dalla parte de’ Canadesi, degli Italiani, de’ Greci, de’ Polacchi.

I Canadesi vollero un Vescovo loro pei Canadesi sparsi nella così dettaInghilterra Nuova” cioè l’attuale Provincia di Boston. Ciò avvenne  anni fa.

Gli Italiani, più recentemente, quando un tal Monsignore inviò un opuscolo94 suo stampato in New York a tutto quanto l’episcopato Italiano nonché al Sacro Collegio.

I Greci, nella supplica loro, l’anno passato, al S. Padre.

I Polacchi quest’anno hanno domandato per Vescovo Mgr. Koyniewscki, già di Wilna, con due altri Sacerdoti Polacchi, ora negli Stati 


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Uniti, come Vicarii Ap.lici. So questi fatti perché la S. Sede mi mandò i documenti per avere il mio parere.

Quando V.E. verrà in America vedrà tutte queste cose a luce chiara e sarà dello stesso avviso come

l’aff.mo servo suo
Michele

 




91 AGS EB 01-05 (originale).



92 Si fa riferimento al Memoriale di Lucerna scritto il 9-10 dicembre 1890 dai rappresentanti dei vari rami della Società San Raffaele. La bozza di discussione del Memoriale era stata preparata da G. B. Volpe Landi con l’approvazione di Mons. Scalabrini. Cfr. ASCPF, Cahensly a Simeoni, 18-XI-1891, in S.C. Am. Cent., 1891, vol. 57, f. 538 r. - 539v.



93 Scrivendo a Mons. Corrigan il 27-VI-1891, il Cardinale Simeoni aveva assicurato che il Papa si stava occupando della questione a cui si era dato troppo peso e che un episcopato internazionale non era realizzabile. CfrASCPF, Lett. Occid., 1891, vol. 387, f. 48r.



94 È l’opuscolo di Mons. G. de Concilio. Cfr. nota 25. Per le richieste pastorali dei vari gruppi di immigrati negli USA alla fine del secolo scorso, cfr. “Fonti ecclesiastiche per la storia dell’emigrazione e dei gruppi etnici nel Nord America: gli Stati Uniti (1893-1922)” a cura di Matteo Sanfilippo, Studi Emigrazione, XXXIII (Dicembre, 1995), 603-768.






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