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Silvano Tomasi – Gianfausto Rosoli
Migrazioni moderne

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2. Il vescovo Scalabrini

 

Mons. Giovanni Battista Scalabrini (1839-1905) esercitò per quasi trent’anni il suo ministero episcopale a Piacenza durante un periodo di profonde trasformazioni sociali, politiche ed economiche che toccavano l’Italia e l’Europa. Un sintomo di tali cambiamenti furono i sessanta milioni di emigrati che tra il 1815, fine delle guerre napoleoniche, e il 1930, non molto dopo la Prima Guerra Mondiale, lasciarono i paesi europei per destinazioni lontane in altri continenti.4

Del clero della diocesi di Como, Mons. Scalabrini fu professore e rettore del seminario e poi come parroco si distinse per l’azione pastorale e sociale e i suoi scritti catechetici e apologetici che indussero S. Giovanni Bosco a presentarlo a Pio IX come un candidato all’episcopato. Vescovo di Piacenza dal 1876, intraprese una vasta opera


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riformatrice che si estese alla formazione spirituale e culturale del clero, la catechesi, l’organizzazione e la legislazione diocesana. Portò a termine cinque visite pastorali alle 365 parrocchie della diocesi. Fu durante la prima di queste visite pastorali, nel 1876-1877, che scoprì che l’11% dei suoi fedeli erano emigrati all’estero. Celebrò tre Sinodi diocesani, fondò la prima rivista catechistica italiana, Il Catechista Cattolico, convocò nel 1889 il primo Congresso Nazionale Catechistico. Per promuovere la pietà popolare e l’educazione cristiana, fu predicatore instancabile, scrisse una sessantina di lettere pastorali, sviluppò la stampa cattolica e compì opera costante di moderazione e di mediazione fra le varie correnti del suo clero e del laicato cattolico, intento a rafforzare l’unità della Chiesa in un momento di forti conflitti dovuti alla Questione Romana e ai rivolgimenti politici ed economici dell’Italia post-unitaria. Convinto che la Chiesa deve abbracciare con la sua azione anche la trasformazione della società, Mons. Scalabrini, oltre le sue attività più conosciute per i migranti, promosse una serie sorprendente di opere sociali: l’opera di protezione per le mondariso (1903), l’istituto per le sordomute (1879), l’assistenza per i terremotati (1883, 1887). Si occupò dei carcerati, dei poveri, dei malati. Usò con efficacia la stampa dando interviste e scrivendo opuscoli sul tema delle migrazioni, ma anche su altri temi scottanti come la politica del tempo, che ebbero larga risonanza. L’opuscolo Intransigenti e Transigenti, pubblicato anonimo nel 1885 per volontà di Leone XIII, ebbe un’eco straordinaria. Propugnava la libertà di opinione e di studio, l’autonomia legittima delle Chiese locali, il ruolo del vescovo come mediatore tra il Papa e i fedeli, e soprattutto la necessità della conciliazione fra Chiesa e Stato, da prepararsi gradualmente con la partecipazione dei cattolici alle elezioni politiche. Scalabrini fu contrario all’intransigentismo radicale, giudicato incapace di risolvere il problema di coscienza dei cattolici italiani dopo l’Unità e perciò cercò d’avviare la ricristianizzazione della società nelle sue componenti principali. Sostenne tuttavia l’Opera dei Congressi attraverso cui i cattolici italiani di orientamento intransigente si riproponevano un ruolo attivo nella vita sociale: Piacenza risultò al secondo posto in Italia per il numero e l’attività associazionistica dei comitati parrocchiali. Le sue convinzioni, sostenute con lealtà e fermezza di fronte al Papa, non offuscarono la sincerità dell’obbedienza: la pratica di questa, come delle altre virtù, specialmente della carità, è il fondamento del “concetto di santità”, in cui morì, il 1 giugno 1905 a Piacenza.5 Sei mesi prima aveva concluso una lunga visita pastorale agli


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emigrati in Brasile simile per le enormi distanze coperte, il grande numero di comunità emigrate incontrate, gli innumerevoli discorsi pronunciati, le cresime conferite e le autorità civili e religiose visitate, a quella da lui condotta negli Stati Uniti nel 1901. Fu questo contatto diretto con i migranti nel loro nuovo ambiente che a meno di un mese dalla morte l’aveva spinto a sottomettere alla Santa Sede l’espressione più matura della sua visione ecclesiale delle migrazioni, la proposta di un loro coordinamento mondiale affinché la Chiesa, “chiamata dal suo apostolato divino e dalla sua tradizione secolare”, potesse “dare la sua impronta a questo grande movimento sociale, che ha per fine la ristorazione economica e la fusione dei popoli cristiani.”6

 




4 Cf. Dudley Baines, Emigration from Europe, 1815-1930.  London: McMillan, 1991.



5 Per un’esauriente presentazione della figura e dell’opera di Mons. Scalabrini, cf. Mario Francesconi: Giovanni Battista Scalabrini vescovo di Piacenza e degli emigrati. Roma: Città Nuova, 1985. Pp. 1306. Si vedano anche: Gianfasuto Rosoli, a cura di, Scalabrini tra vecchio e nuovo mondo: Atti del Convegno storico internazionale (Piacenza, 3-5 dicembre 1987). Roma: Centro Studi Emigrazione, 1989. Pp. 584. Giovanni Battista Scalabrini, Lettere pastorali. Edizione integrale a cura di Ottaviano Sartori. Torino: Società Editrice Internazionale, 1994. Pp. 748. M.Marcora (a cura di), Carteggio Scalabrini-Bonomelli. Roma: Studium, 1983. Pp.



6 APF, N.S. 1908 vol. 461 Memoriale di Mons. Scalabrini sulla Commissione “Pro Emigratis Catholicis”.






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