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Silvano Tomasi – Gianfausto Rosoli
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1 - Ireland a Scalabrini10

 

                                                                                                                         St. Paul, Minnesota, 21 dicembre 1888

 Monsignore,

Permetta che le esprima i miei ringraziamenti per l’invio del suo opuscolo “Il Disegno di Legge sulla Emigrazione Italiana”. L’ho letto attentamente, con profitto e con piacere.

Tale questione dell’emigrazione, sotto una forma o l’altra, mi ha preoccupato già da molti anni. Ho dovuto prestare attenzione specialmente all’emigrazione irlandese e anche, quantunque in misura minore, a quella tedesca. 11 Ma non mi sono mancate mai occasioni, durante questo tempo, di dare un occhiata all’emigrazione italiana negli Stati Uniti e di constatare il deplorevole abbandono di cui sono vittime migliaia di vostri poveri compatrioti. Costretto a trascorrere a Roma l’inverno 1886-1887, ho parlato più volte con Mons. Jacobini, col Card. Simeoni


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e con lo stesso S. Padre sull’importanza dell’organizzazione di qualche iniziativa in favore degli emigrati italiani. Fu in quell’occasione che fui informato per la prima volta delle Sue generose intenzioni e da allora ho seguito con interesse il cammino della Sua opera. 12

Il Suo Istituto è, a mio parere, la forma più bella e più utile che l’apostolato cattolico possa assumere oggi, e sarà per me motivo di grande stupore se la Chiesa d’Italia non Le darà tutta la collaborazione che può desiderare. Voglia il Cielo, che anche l’Italia parlamentare, in nome del patriottismo, se non della fede di Pietro, venga in aiuto e accordi ai membri del Suo Istituto, non solo i piccoli favori che Lei domanda nel Suo opuscolo, ma anche altri ben più grandi.

Cinque mesi fa, ho fatto una visita ai buoni sacerdoti che V. E. ha mandato a New York, e ho potuto constatare il grande bene, che essi già facevano in quella città. Io spero che entro breve avrà dei sacerdoti sul posto in molte altre città della nostra repubblica. Mons. Elder, a Cincinnati, m’ha detto ch’egli desidera ardentemente di avere presso di sé due dei Suoi sacerdoti, e io sono sicuro che man mano che il Suo Istituto sarà conosciuto, altri prelati la pregheranno di mandar loro dei preti.

Vi sarà nell’opera delle Missioni Italiane negli Stati Uniti una lacuna abbastanza notevole da colmare, fino a che non si sarà provveduto a raggiungere i piccoli nuclei di emigrati Italiani, sparsi in questi Stati, fra i quali sarà impossibile mantenere due preti, e spesso di mantenerne in permanenza anche uno solo, e che perciò perderanno la fede, se saranno


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dimenticati. Non mi metto a discutere in questa lettera sui mezzi migliori per aiutare gli emigrati che si trovano in simili circostanze. Bisognerebbe mi sembra, che aveste, come suo autorevole rappresentante residente negli Stati Uniti, un sacerdote intelligente e zelante, con l’alta missione di prender nota di tutti i nuclei d’Italiani in tutti gli Stati Uniti, i di studiare sul luogo i mezzi migliori per venire in soccorso di ciascuna località e di tenerLa costantemente al corrente dei bisogni e delle condizioni degli italiani nelle diverse parti del paese. 13


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È una questione grave per l’onore della Chiesa - e io mi sono basato su questo punto quando ho avuto l’onore di un’udienza con il S. Padre - che gli emigrati italiani non siano trascurati. Agli occhi degli Americani cattolici e protestanti, gli emigrati Italiani rappresentano una popolazione su cui la Chiesa ha esercitato per lunghi secoli la sua azione, alla quale non sono mancati, certamente, né vescovi né preti né comunità religiose. Giudicati gli emigrati Italiani, resta giudicata la Chiesa cattolica riguardo al suo potere morale e civilizzatore. Io ho dovuto spesso rispondere a obiezioni provocate dalla condizione degli emigrati Italiani, e non sempre ho saputo trattenere qualche pensiero di collera e di risentimento contro i duecentocinquanta vescovi d’Italia, che dimenticavano le loro pecorelle al di là dei mari, quali si fossero le cure che loro prodigavano in Italia.

Per questi motivi, io sento come Vescovo americano che Le devo, Monsignore, un debito di riconoscenza per quello che fa, e prego Dio con tutto il cuore che benedica la sua opera.

Prendo la libertà di scriverVi in Francese; questa lingua, so, è assai conosciuta in Italia. Quantunque possa leggere facilmente l’Italiano, non saprei scriverlo, e il latino fluirebbe troppo lentamente dalla mia penna americana.

Accetti, Monsignore, i sentimenti di alta stima con cui sono

 Vostro devoto confratello
John Ireland
Arcivescovo di St. Paul

 




10 AGS AL 02 16. (Originale in francese).



11  Cf. nota 14 del Carteggio Corrigan-Scalabrini. Sull’attività pastorale e politica di Mons. Ireland, cf. Marvin R. O’Connel, John Ireland and the American Catholic Church. St. Paul, Minnesota Historical Society Press, 1988. Pp. 610.



12 L’11 gennaio 1887 Mons. Scalabrini scrisse al Card Simeoni Prefetto di Propaganda Fide proponendo “un’associazione di preti italiani che avessero per iscopo l’assistenza spirituale degli italiani emigrati nelle Americhe.” Il Cardinale rispose il 3 febbraio seguente informando Mons. Scalabrini: “Trovasi attualmente in Roma Mons. Ireland Vescovo di S. Paolo negli Stati Uniti d’America il quale si è mostrato dispostissimo a porre l’opera sua perché si costituisca un Comitato, il quale prenda cura degli interessi religiosi ed anche temporali degli emigrati italiani. Si stava pensando di attuare questo progetto quando molto opportuna è giunta la sua lettera. Mi affrettai di riferire al S. Padre, al quale piacque la sua iniziativa e la sua proposta. Prima però di prendere una risoluzione definitiva sul da farsi, Sua Santità ordinò d’invitare V.S. ad esporre un poco più ampiamente le sue idee...”. ASCPF, Lettere e Decreti della S. Cong.ne e Biglietti di Mons. Segretario, anno 1887, vol. 383, fol. 75 2v.

Il progetto di Mons. Scalabrini (cf. nota 5 del Carteggio Corrigan-Scalabrini) e l’opuscolo L’Emigrazione italiana in America furono sottomessi dal Card. Simeoni a Mons. Ireland per un parere. Il 10 marzo 1887, mentre è ancora a Roma, Mons. Ireland invia al Card. Simeoni un “Projet d’une oeuvre en faveur des Emigrants Italiens spécialement aux Etats Unis” in cui nota che l’idea del Vescovo di Piacenza di dare missioni agli emigrati merita attenzione. Mons. Ireland propone una Commissione in Italia, magari sul modello della S. Raffaele tedesca, che coordini la cura pastorale e temporale dei migranti e, in risposta a Mons. Scalabrini, chiede la stabilità in America per i missionari italiani perché  conoscano l’ambiente e per praticità: “Il faudrait des missionaires se consacrant à l’oeuvre d’une manière permanente et établis en Amérique.” ASCPF, Congressi, Collegi Vari, vol. 43, f. 1496 - 1500. L’aspetto della stabilità sarà incorporato da Mons. Scalabrini nella sua nuova Congregazione.



13 Mons. Ireland propone l’equivalente di un vicario generale di Mons. Scalabrini negli Stati Uniti. Nel suo “Projet d’une oeuvre en faveur des Emigrants Italiens spécialement aux Etat Unis”, Mons. Ireland proponeva, oltre l’istituzione di una Commissione Centrale in Italia, la presenza di sacerdoti italiani nei porti d’imbarco e di sbarco degli emigrati, e dei centri missionari in America da dove sacerdoti zelanti si irradierebberro per dare missioni agli italiani sparsi nelle varie città. Per cominciare sarebbero stati sufficienti due centri a Chicago e a New York. Mons. Ireland poi si metteva a disposizione per aiutare l’eventuale Commissione Centreale. Infatti Leone XIII il 14 novembre 1887 approvò le varie proposte sottomessegli dalla Congregazione di Propaganda Fide tra le quali c’era l’Istituto di Mons. Scalabrini, una lettera ai Nunzi pontifici in America per informarli di queste decisioni e una lettera a Mons. Ireland che “si invita a preparare la casa per le missioni.“ ASCPF, Collegi d’Italia, Piacenza, f. 1384, in margine. Oltre la fiducia della Santa Sede nella capacità e nella sensibilità pastorale dell’arcivescovo di St. Paul, la lettera che Propaganda gli invia il 25 novembre 1887 conferma la libertà di ministero che devono avere i missionari per gli emigrati e la creazione di parrocchie specifiche per questa cura pastorale. Ecco il testo integrale dell’importante lettera:

“Rev.mo Monsignore Ireland, Vescovo di S. Paolo in Minnesota ,  S.U. dell’America Settentrionale. Dalla S. C. di Propaganda Fide ,25 novembre 1887 .  Rev.mo Monsignore , Vostra Eccellenza ben conosce quanti siano gli italiani che, spinti dalla necessità, ogni anno sono costretti ad emigrare dalla loro patria e a quali disavventure e pericoli siano quasi sempre esposti in quelle terre dove speravano di trovare una migliore esistenza.

Sua Santità, per la paterna premura con cui cerca il vero bene specialmente spirituale di tutti i fedeli cristiani in ogni parte del mondo, non può non preoccuparsi e non sentire compassione di questi figli che si trovano in così grande sventura, in particolare perché sono italiani, ma soprattutto perché sono poveri e abbandonati. Nel riflettere sui rimedi che possano in qualche modo essere efficaci e opportuni, Egli ha ritenuto che il primissimo, al momento presente, sia raccomandare cordialmente questi emigrati ai Vescovi americani, sotto la cui giurisdizione essi risiedono in grande numero e che, a causa della mancanza di sacerdoti, mentre cercano il pane, perdono non di rado la stessa fede cattolica.

Tuttavia, visto che molti di loro non conoscono altra lingua fuori di quella patria e che pertanto hanno assoluto bisogno del ministero di sacerdoti italiani, Sua Santità ha appena approvato un nuovo Istituto, da erigersi a Piacenza, dove radunare dalle varie regioni d’Italia sacerdoti pii e zelanti, allo scopo di inviarli in America. Là essi potranno offrire agli emigrati aiuti spirituali sia con “missioni”, sia con altri servizi sacerdotali nel modo migliore e meno precario possibile.

Mentre questo nuovo aiuto viene offerto dalla Divina Provvidenza a Vostra Eccellenza per il suo servizio pastorale, perché possa provvedere con più facilità alla cura delle anime a lei affidate per mandato del Sommo Pontefice spetterà a Lei dunque davanti a così grande necessità farne uso in modo da ottenere un frutto certo e abbondante.

A tale scopo, viste le circostanze, il Sommo Pontefice ritiene che Lei proceda direttamente a concedere le facoltà necessarie ai missionari che dovranno essere richiesti a questa S. Congregazione ed inviati dal sopradetto Istituto, così che essi possano esercitare il ministero con libertà e indipendentemente da ogni giurisdizione di parrocchia o vicaria, ma solo sotto la direzione di Vstra Eccellenza, in vista della maggiore efficacia della “missione” alla quale si dedicano. Anzi sappia di poter contare sull’autorità apostolica per poter staccare dalle circoscrizioni parrocchiali già esistenti quei territori che sono popolati dai coloni italiani - quando il caso lo richieda e sia opportuno - e ad erigerli in nuove parrocchie da assegnare alla responsabilità di detti missionari.

Questa Sacra Congregazione fa il massimo affidamento sul suo zelo e della sua iniziativa per l’esecuzione di quest’ultima direttiva del Sommo Pontefice, dato che questa soluzione fu ritenuta anche da Lei la più efficace in codeste terre per rimuovere le maggiori difficoltà che fino ad oggi hanno compromesso i frutti del ministero sacerdotale in favore degli emigrati. Di conseguenza spetta a Lei predisporre con ogni impegno i mezzi perché al più presto venga aperta nella località più conveniente la predetta residenza, che si presenterà come un centro di salvezza per gli italiani dispersi in questa vastissima Repubblica. Spetterà ugualmente a Lei tenere informata questa Sacra Congregazione su tutto ciò che riguarda quest’opera, per la quale certamente non Le mancherà l’aiuto di Dio e la collaborazione dei Vescovi e di tutti i fedeli degli Stati Uniti.

Nel farle, com’è di competenza del mio ufficio, questa comunicazione, mi è gradito esprimerle i sentimenti della mia più profonda stima e di professarmi...”

Qualche mese più tardi, nel 1888 con il consolidarsi dell’iniziativa di Mons. Scalabrini, Mons. Ireland gli lascerà la possibilità di attuare i suoi stessi suggerimenti.






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