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Silvano Tomasi – Gianfausto Rosoli
Migrazioni moderne

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4. Una visione globale del fenomeno migratorio

  

“Dalle varie regioni d’Italia emigra di anno in anno,” scriveva Mons. Scalabrini nel 1899, “un numero considerevole di contadini e operai che si spargono nel mondo in cerca di lavoro, alcuni per un periodo di tempo limitato, altri per stabilirsi definitivamente fra genti straniere diverse di religione, di lingua e di costumi. Questo esodo (effetto qualche volta di vere necessità economiche) è spesso opera di agenti d’emigrazione che si danno a speculare sulla miseria e credulità altrui.”11 Nei paesi di partenza anzitutto si debbono identificare


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le cause delle migrazioni temporanee e permanenti. L’emigrazione è un fatto importante non solo per il numero di persone coinvolte, ma “per i quesiti sociali che involge, per il malessere economico di cui è sintomo.”12 Dei vari tipi di emigrazione che Mons. Scalabrini elenca, interna, politica, cioè per fini di conquista e colonizzazione, e agricolo-commerciale o di infiltrazione, si sofferma su quest’ultima.13 La spinta ad emigrare viene dalla crescita della popolazione, dall’inabilità di un paese a sfamare tutti i suoi cittadini, dalla cattiva amministrazione pubblica che causa crisi agrarie e industriali e impone tasse eccessive. Alla fame e alla disoccupazione, Mons. Scalabrini aggiunge altre spinte: la facilità dei trasporti, il desiderio naturale di migliorare la propria posizione e il fascino di possedere terra e di far fortuna in America.14 Si deve quindi informare accuratamente i migranti potenziali e prevenire la necessità di emigrare promuovendo ogni forma di sviluppo sociale ed economico “in sollievo della miseria, cooperando a togliere abusi e ingiustizie, insegnando agli ignari molte cose utili e belle senza stancarsi mai” attraverso opere di previdenza e mutuo soccorso, assicurando il giusto salario agli operai, combattendo l’usura, istituendo società cooperative di produzione, di consumo e di mutua assicurazione, introducendo nuovi ritrovati e sistemi agricoli.15 L’emigrazione “è una parte della complessa questione sociale la quale tanto affatica il secolo presente,”16 osserva Mons. Scalabrini, e non se ne potrà trovare una via di uscita che nella soluzione di questa. Pertanto, “le leggi non bastano a sanare le piaghe che affliggono la nostra emigrazione, perché alcune di esse sono alla natura dell’emigrazione stessa inerenti, altre derivanti da cause remote, che sfuggono all’azione della legge.” 17 In particolare, “le misure di polizia non arrestano, bensì deviano dai nostri ad altri porti le masse migratorie, rendendo così più doloroso e più dispendioso l’esodo dei nostri connazionali.”18

Lo Stato ha l’obbligo di intervenire con le sue leggi e le sue istituzioni affinché le migrazioni raggiungano il loro scopo naturale. Andando al di là delle circostanze storiche, Mons. Scalabrini afferma


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la necessità dell’emigrazione, “fatto naturale, provvidenziale,” e ne intuisce la dimensione di fenomeno permanente. “L’emigrazione nella quasi totalità dei casi non è un piacere, ma una necessità ineluttabile... impedendola si viola un sacro diritto umano, abbandonandola a sé la si rende inefficace... è l’espressione sincera di uno stato permanente di cose.”19 L’emigrazione, legge di natura, è un diritto umano inalienabile e perciò il Vescovo afferma ripetutamente la libertà di emigrare, ma non di far emigrare, e la necessità per lo Stato e per il settore privato di gestire e tutelare l’emigrazione.20 Infatti “in tutto ciò che riguarda l’emigrazione, interesse religioso, civile e nazionale, pubblico e privato, non si possono disgiungere senza danno... proteggere e dirigere la emigrazione... si esplica in azione legislativa, religiosa e filantropica, e che interessa quindi il Governo, il clero e tutti i buoni di qualsiasi partito.”21 Su questa convergenza di azione, oltre al compimento dei suoi doveri pastorali, Mons. Scalabrini vede “un mezzo pratico, un inizio di quella pacificazione delle coscienze” necessaria nell’Italia del suo tempo ancora divisa dalla questione del potere temporale del Papa e dal dissidio che ne derivava tra Santa Sede e governo italiano.22

In pratica, Mons. Scalabrini lotta contro gli agenti di emigrazione che definisce mercanti di carne umana e veri incettatori di schiavi, ma vede l’emigrazione in una luce positiva se guidata e sostenuta nel suo spontaneo movimento. Essa diviene “valvola di sicurezza che stabilisce l’equilibrio tra la ricchezza e potenza produttiva di un popolo, fonte di benessere per chi va e per chi resta, sgravando il suolo di una popolazione soverchia e avvalorando la mano d’opera di chi resta.” Inoltre, “apre nuove vie ai commerci, facilita la diffusione dei trovati della scienza e delle industrie, fonde e perfeziona le civiltà e allarga il concetto di patria oltre i confini materiali, facendo patria dell’uomo il mondo.”23 Mons. Scalabrini non sottovaluta o lascia nell’ombra le tragedie dell’emigrazione e ne parla con forza e profonda empatia, ma non perde mai di vista il piano provvidenziale che oltre “gli alti fini sociali a cui fu destinata,” fa dell’emigrazione uno strumento per “propagare ovunque la cognizione di Dio e di Gesù Cristo”24 e, come scriverà alla Santa Sede nel 1905, “sempre strumento di quella


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Provvidenza che presiede agli umani destini e li guida, anche attraverso catastrofi, verso la meta ultima, che è il perfezionamento dell’uomo in terra e la gloria di Dio nei Cieli.”25

La lettura che Mons. Scalabrini fa combina un’analisi realistica delle conseguenze dolorose e degradanti delle migrazioni forzate dalla fame con l’indicazione di piste innovatrici sul protagonismo degli emigrati, il loro diritto all’informazione e alla libertà di movimento, il dovere dello Stato di tutelare senza costringere, la positività sostanziale delle migrazioni e la loro funzione transnazionale di apertura verso il futuro. La sua visione tuttavia si estende su orizzonti più vasti e più pertinenti alla sua missione di pastore che vedeva attuata nel compito di preservare la fede nel nuovo ambiente e di favorire la creatività sociale e religiosa delle migrazioni.

 




11 G.B. Scalabrini. Il socialismo e l’azione del clero. Torino: Libreria Editrice Salesiana, 1899. Pp. 86-87.



12 G.B. Scalabrini. Prima conferenza, AGS AQ 01-07/1.



13 Cf. G.B. Scalabrini. L’Italia all’estero. Conferenza tenuta nel recinto dell’Esposizione di Arte Sacra in Torino, 1898. Torino: Tipografia Roux Frassati, 1899. Pp. 8-10.



14 G.B. Scalabrini. L’emigrazione italiana in America, op. cit., p. 11.



15 Cf. G.B. Scalabrini. Il socialismo e l’azione del clero, op. cit. Pp. 81-86.



16 G.B. Scalabrini. Dell’assistenza alla emigrazione nazionale e degli istituti che vi provvedono. Piacenza: Tip. Marchetti e Porta, 1891. P. 4.



17 G.B. Scalabrini. L’Italia all’estero. op. cit., p. 20.



18 G.B. Scalabrini. Il disegno di legge sulla emigrazione italiana, op. cit. P. 8.



19 G.B. Scalabrini. L’emigrazione italiana in America, op. cit. P. 8



20 G.B. Scalabrini. Il disegno di legge sulla emigrazione italiana. Osservazioni e Proposte. Piacenza: Tipografia Amico del Popolo, 1888. Pp. 32-33.



21 G.B. Scalabrini. L’Italia all’estero, op. cit. Pp. 11-12.



22 G.B. Scalabrini. Il disegno di legge, op. cit. P. 46.



23 G.B. Scalabrini, “L’emigrazione degli operai italiani,” in Atti e documenti del XVI Congresso Cattolico Italiano, Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici in Italia. Venezia, 1899.



24 Ibid. p. 1.



25 G.B. Scalabrini, “Memoriale sulla Congregazione o Commissione“Pro emigratis catholicis” (1905)”. Studi Emigrazione,  IX (marzo-giugno, 1972) .






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