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Silvano Tomasi – Gianfausto Rosoli Migrazioni moderne IntraText CT - Lettura del testo |
XI.Religione e Patria.
Fu in seguito alle precedenti considerazioni, che io mi credetti in dovere di rivolgermi, come feci, all’E.mo Card. Giovanni Simeoni, degnissimo Prefetto di Propaganda Fide, per sentire come avrei potuto in modo stabile provvedere ai bisogni delle tante migliaia di emigrati miei diocesani. N’ebbi la risposta seguente, che io mi permetto di pubblicare, sia perché è un’autorevole conferma di quanto scrivo; sia perché rivela un’altra volta qualmente la Chiesa, madre sempre sollecita ed amorosa, non ha punto dimenticato, come potrebbe sembrare a taluno, di volgere la sua attenzione e le sue cure anche ai figli, lontani della nostra Italia; sia finalmente perché non poca gloria anche da questo ridonda al grande Pontefice, che presiede ora al governo della famiglia cattolica.
Ecco in parte il documento:
Roma 5 Febbraio 1887.
Ill.mo e Rev.mo Signore,
«Mi è giunta graditissima la lettera della S. V. in cui parla degli emigranti italiani in America.
Sono anch’io profondamente addolorato delle tristi condizioni in cui versano. Le relazioni rimesse a questa S. C. dagli Arcivescovi di New-York,
New-Orleans, e dai Padri del III Concilio plenario Baltimorese danno un’idea molto scoraggiante del loro stato spirituale e religioso. Non è qui necessario che io Le esponga anche sommariamente le cattive informazioni avute, perché Ella ne sa a sufficienza. Solo non ometto di notare, che questa S. C. non ha tralasciato di fare tentativi per istabilire Comitati di soccorso a favore degli emigranti italiani; ma pur troppo gli sforzi fatti finora non hanno sortito soddisfacenti risultati.»
«Trovasi attualmente in Roma Mons. Ireland Vescovo di S. Paolo negli Stati Uniti d’America, il quale si è mostrato dispostissimo a porre l’opera sua, perché si costituisca un Comitato, che prenda cura degli interessi religiosi ed anche temporali degli emigranti italiani. Si stava pensando di attuare questo progetto, quando molto opportunamente è giunta la sua lettera. M’affrettai di riferire la cosa al S. Padre, al quale piacque la sua iniziativa e la sua proposta...»
Aff.mo come fratello
Gio. Card. Simeoni Prefetto.
Io non entrerò nei particolari sul come assicurare a tante centinaia di migliaia d’italiani un avvenire meno triste.
Basti per ora il sapere, che S. S. Leone XIII nella sollecitudine del suo cuore paterno si è degnato di accogliere benignamente un umile progetto all’uopo e lo va maturando nell’altissima sua mente.
La Chiesa, di G. C., che ha spinto gli operai evangelici fra le genti più barbare e nelle contrade più inospite, no, non ha dimenticato e non dimenticherà mai la missione che le venne da Dio affidata di evangelizzare i figli della miseria e del lavoro. Essa con trepido cuore guarderà sempre a tante anime poverelle, che, in un forzato isolamento, vanno smarrendo la fede de’ loro padri, e colla fede ogni sentimento di cristiana e civile educazione.
Dov’è il popolo, ivi è la Chiesa, perché la Chiesa è la madre, l’amica, la protettrice del popolo, e per esso avrà sempre una parola, un sorriso, una benedizione.
Pur ora un insigne Porporato, l’E.mo Gibbons, Arcivescovo di Baltimora, in una sua Memoria, sottoposta alla. S. C. di Propaganda, toglieva a difendere con poderosa eloquenza l’Associazione che si intitola dei Cavalieri del lavoro. È uno scritto il suo riboccante di sapienza e carità non comuni, e mi è grato il farne qui cenno, non solo perché, mirando in esso l’esimio autore a porre in saldo le ragioni delle masse lavoratrici, viene a confermare un’altra volta, sebbene indirettamente, la mia tesi, ma anche perché rivelando egli, dirò così, un mondo di idee affatto nuove in rapporto ai bisogni della società moderna, dischiude una nuova via all’attività e allo zelo del clero cattolico.
Piacemi riferirne il brano seguente:
«Quiconque - così l’illustre personaggio - médite bien les voies par lesquelles la Divine Providence guide l’histoire contemporaine, ne peut pas manquer de reconnaître la part importante qu’y prend à présent, et que doit y prendre dans le futur, le pouvoir du peuple. Nous voyons avec une profonde tristesse les efforts du prince des ténébres pour rendre ce pouvoir dangereux au bien social, en soustrayant les masses populaires à l’influence de la religion, et en les poussant dans les sentiers pernicieux de la licence et de l’anarchie. Jusqu’ici, notre pays présent un aspect tout different - celui d’un pouvoir populaire réglé par l’amour du bon ordre, par le respect pour la religion, par l’obéissance à l’autorité des lois; ce n’est pas une démocratie de licence et de violence, mais la vraie democratie qui cherche la prospérité générale par les voies des sains principes et du bon ordre social.»
«Pour conserver un état si désiderable, il est absolument nécessaire que la religion continue de posséder les affections, et de régler ainsi la conduite des multitudes. Comme l’a si bien écrit le cardinal Manning: - Dans l’ère future, ce n’est pas avec les princes et les parlements, mais avec les grandes masses, avec le peuple, que l’Eglise aura à traiter. Que nous le voulons ou non, voilà notre oeuvre, une oeuvre pour l’accomplissement de laquelle il nous faut un nouvel esprit, une nouvelle direction de vie et d’activité. - Perdre l’influence sur le peuple, ce serait perdre l’avenir tout entier; et c’est par le coeur, beaucoup plus que par l’entendement, qu’il faut tenir et guider cette puissance immense pour le bien ou pour le mal. Entre tous les titres glorieux de l’Eglise que son histoire lui a mérités, il n’y en est pas un qui lui donne à présent tant d’influence que celui d’Amie du peuple. Assurément, dans notre nation democratique, c’est ce titre-là qui gagne à l’Eglise Catholique, non seulement le dévouement enthousiaste de millions de ses enfants, mais le respect et l’admiration de tous nos citoyens, quelle que soit leur croyance religieuse. C’est la puissance de ce titre-là qui empêche et rend presque impossible la persécution, et qui attire vers notre sainte Eglise le grand coeur du peuple américain.»
«Et puisqu’ il est reconnu de tous, que les grandes questions de l’avenir ne sont pas des questions de guerre, de commerce ou de finance, mais les questions sociales, les questions qui touchent à l’amélioration de la condition des grandes masses populaires, et spécialement des classes ouvriéres, il est d’une importance souveraine que l’Eglise soit trouvée toujours et fermement rangée du côté de l’humanité, de la justice envers les multitudes qui composent le corps de la famille humaine.»
Siccome ognuno vede è un nuovo, maraviglioso, consolante risveglio che la Chiesa va suscitando a prò dei non abbienti e dei diseredati, e mille volte benedetto chi saprà in quest’opera di rigenerazione religiosa e sociale coadiuvarla. Tempo è, come grida l’Apostolo, che quanto gode un membro godano tutte le membra; e se un membro patisce, concorrano a sollevarlo tutte le membra.
Se il passato fu triste, se fino a ieri i nostri fratelli furono lasciati in balìa di loro medesimi là nelle sterminate pianure dell’America, fra le Ande, sulle Cordigliere e le Rocciose, sulle sponde dei vasti laghi del Nord, lungo le rive della Plata, delle Amazzoni, dell’Orenoque e del Mississipì, sulle coste dei mari e perfino nei boschi, la carità cristiana e la odierna civiltà ne impongono di porre un termine ad uno stato di cose tanto deplorevole e indegno di un popolo grande e generoso.
L’arringo che io addito al pensiero ed all’azione del clero e del laicato italiano è grande, nobile, intentato, glorioso, e possono trovare in esso un posto condegno tanto l’obolo della vedova quanto l’offerta del ricco, l’umile attività delle anime più tranquille, come l’impeto generoso degli spiriti più ardenti.
Religione e patria, queste due supreme aspirazioni di ogni cuore bennato, si intrecciano, si completano in quest’opera d’amore, che è la protezione dei deboli, e si fondono in un mirabile accordo. Le miserabili barriere, elevate dall’odio e dall’ira, scompaiono; tutte le braccia si aprono ad un fraterno amplesso, le mani si stringono calde d’affetto, le labbra si atteggiano al sorriso ed al bacio, e, tolta ogni distinzione di classe o di partito, appare in essi bella di cristiano splendore la sentenza: homo homini frater.
Possano queste povere mie parole essere il seme di opere egregie, che ridondino a gloria di Dio e della sua Chiesa, a bene delle anime, a decoro della patria, a sollievo degli infelici e dei diseredati. Possa l’Italia, sinceramente riconciliata con la Sede Apostolica, emulare le antiche glorie ed un’altra aggiungerne imperitura, avviando sui luminosi sentieri della vera civiltà e del vero progresso anche i suoi figli lontani.