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Silvano Tomasi – Gianfausto Rosoli
Migrazioni moderne

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.Dell'assistenza alla emigrazione nazionale
 e degli Istituti che vi provvedono

Rapporto all’Esposizione di Palermo

(Piacenza, Tipografia Marchesotti e Porta, 1891, p. 23)

 

Nei primi mesi del 1891, Scalabrini fu assai attivo nel tenere conferenze sull’emigrazione nelle principali città italiane, Roma, Firenze, Torino, Milano, per propagandare le sue idee e sostenere le sue opere. Verso la fine dell’anno, si recò a Palermo, dove tenne questa conferenza nell’ambito dell’Esposizione. Scalabrini conosceva la realtà dell’emigrazione siciliana per i contatti, già nel 1888, con il vescovo di Monreale e per aver inviato, fin nel 1889, P. Giacomo Gambera a New Orleans dove viveva la maggior concentrazione di siciliani all’estero. Proprio qui nel marzo 1891 la comunità siciliana era stata vittima del linciaggio di tredici connazionali detenuti in carcere con l’accusa dell’omicidio di un poliziotto.

Il vescovo di Piacenza ricorda che l’impegno per l’assistenza ai migranti gli aveva suggerito due pubblicazioni, rispettivamente del 1887 e del 1888. La sua iniziativa non si era fermata alla denuncia del male o alla esortazione, ma si era concretizzata nella fondazione dell’istituto dei Missionari, con l’approvazione e il sostegno di Leone XIII, e nella società di patronato “S. Raffaele”, attiva a Genova e al porto di New York e sostenuta dall’attività sociale dei missionari.

La “S. Raffaele” in Italia ha dato vita a comitati in molte città, opera con delegati e sottodelegati (parroci, maestri, segretari comunali) nelle zone di emigrazione; offre consigli e aiuti concreti attingendo informazioni dai missionari presenti nei paesi di immigrazione. È un modello anche per Palermo. Nel giugno 1893 nascerà a Palermo, sotto gli auspici del card. Michelangelo Celesia, la “Società di patronato S. Michele per gli Italiani del Sud emigranti per l’America”, che stringerà particolari vincoli di collaborazione con la scalabriniana “S. Raffaele” anche se avrà più tardi vita travagliata e complessa. (Cfr. F. Riccobono, L’eco di Scalabrini in Sicilia e l’azione a favore degli emigranti, in G. Rosoli (a cura di), Scalabrini tra vecchio e nuovo mondo, Roma, CSER, 1989, pp. 319-333).

 


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L’aumento progressivo nell’esodo doloroso di tanti connazionali i quali, abbandonata questa Italia, impotente oramai a sfamare tutti i suoi figli si dirigono alla ventura in cerca di una terra meno ingrata alle loro fatiche ed ai loro sudori; l’eco delle miserie infinite alle quali è soggetta l’emigrazione italiana, che commove l’animo di chiunque abbia senso gentile di carità di patria e di pietà pei sofferenti; la necessità di provvedere ai bisogni d’ogni natura di codesti nostri fratelli dispersi nelle vaste plaghe del Nuovo Mondo, mi suggerirono il pensiero di richiamare l’attenzione de’ miei compaesani sopra questa, che è una parte della complessa questione sociale la quale tanto affatica il secolo presente.

E lo feci colle osservazioni contenute nell’opuscolo pubblicato l’anno 1887 sotto il titolo La emigrazione italiana in America.

Quel mio umile scritto ebbe diffusione maggiore di quanto avrei potuto sperare, fu oggetto di discussioni, e di esso vennero dati giudizi grandemente benevoli. La qual cosa fece nascere in me la fiducia che taluno, compreso dell’importanza dell’argomento e rivestito di autorità necessaria a dare esecuzione al vasto disegno proposto per la protezione degli emigrati italiani, avrebbe raccolto l’invito ed iniziato un movimento nazionale all’uopo.

Questa mia speranza manifestai in un altro opuscolo, edito nel 1888, nel quale erano raccolte proposte ed osservazioni presentate, in forma di lettera, all’onorevole Paolo Carcano, allora Sottosegretario di Stato. Sennonché volendo corroborare coll’esempio la mia povera parola, mi posi io stesso all’opera e tentai quanto altri, se non con maggiore affetto, certo con più grande efficacia, avrei desiderato potesse compiere. Bentosto però m’accorsi che le previsioni mie erano fondate e non solo trovai lodi ed incoraggiamenti, ma, ciò che più conta, cuori aperti, anime generose, volontà energiche, pronte a seguirmi nell’azione.

E fondai qui nella mia Piacenza l’Istituto dei Missionari, destinato appunto all’assistenza religiosa de’ nostri emigrati, sotto il nome glorioso del grande italiano scopritore del nuovo Continente, Cristoforo Colombo.

Il Sommo Pontefice Leone XIII, primo fra tutti, incoraggiò l’opera intrapresa, approvandola non solo, ma favorendola con liberalità degna del suo gran cuore. Volle anzi arricchirla di speciali privilegi. Più tardi con lettera, data il 10 Dicembre 1888, si degnava raccomandarla egli stesso all’episcopato americano.

Ed anche la Sacra Congregazione di Propaganda si dichiarò lieta di prestare il suo valido ed autorevole appoggio alla novella istituzione, intesa ad appagare un suo voto lungamente insoddisfatto.


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L’Eminentissimo Prefetto Cardinale Simeoni, con lettere, date il 27 Febbraio 1889 e il 2 Febbraio 1891, notificava ai Vescovi d’Italia, essere volere espresso del S. Padre che non si frapponessero ostacoli a que’ sacerdoti i quali, sentendosi chiamati a prestare l’opera loro in soccorso delle tante centinaia di migliaia di italiani emigrati nelle Americhe, domandassero di far parte della Congregazione, istituita all’uopo, come dissi, qui in Piacenza sotto la mia direzione.

La Congregazione è retta da un regolamento di cui giova trascrivere qui talune disposizioni.

«La Congregazione (così l’art. 1) ha per iscopo di provvedere all’assistenza specialmente spirituale degli emigrati, massime nelle Americhe.»

Ad essa possono appartenere sacerdoti e laici (art. 2).

I sacerdoti attendono alla cura spirituale degli emigrati ed esercitano verso i medesimi la carità col procurarne, quanto è possibile, anche il benessere civile ed economico (art. 3).

I laici si prestano al buon assetto della casa e coadiuvano i Missionari nell’esercizio delle loro funzioni. Quelli tra essi che sono giudicati idonei, vengono impiegati nell’istruzione e nell’insegnamento catechistico (art. 4).

Fra gli studii a cui si debbono applicare i sacerdoti durante l’anno di prova che ordinariamente essi compiono nell’Istituto Cristoforo Colombo, Casa Madre della Congregazione, vi sono quelli dei primi elementi della lingua in uso nella regione alla quale vengono destinati, e delle più comuni nozioni d’igiene e di medicina per le prime cure ad ammalati o feriti.

Nell’Istituto Cristoforo Colombo, al cui mantenimento provvede la carità pubblica, si trovano presentemente, tra preti, chierici e laici, 42 individui. Fra questi alcuni giovani di famiglie italiane stabilite in America, i quali si preparano a divenire anch’essi Missionari pei loro connazionali emigrati.

Dal 28 Novembre 1887, data della sua fondazione, esso ha visto partire per l’America 48 Missionari sacerdoti, sparsi presentemente in 16 missioni, delle quali 11 nel Settentrione e 5 nel Mezzodì.

Sono stabilite tre missioni a New York ed una in ciascuna delle seguenti città, capoluoghi di altrettanti diversi Stati dell’Unione, e cioè: New Haven, Providence, Boston, Buffalo, Pittsburgh, Cincinnati, Nuova Orleans, Kansas City.

Nel Sud le missioni sono stabilite a Novella Mantova, Santa Teresa, Todos los Santos, Curitiba nel Brasile, e Balvanera (Provincia di Entre Rios) nell’Argentina.


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In New York i missionari hanno fondato scuole parrocchiali, un orfanotrofio, un ospedale e il Barge Office di cui sarà parola più innanzi, nonché la Società di San Raffaele per l’assistenza e la protezione degli emigrati; a Boston una scuola industriale; dappertutto chiese e cappelle.

Per la direzione dell’orfanotrofio e dell’ospedale e per la fondazione di scuole femminili e di asili, furono spediti nel Nuovo Mondo numerosi drappelli di quelle ottime religiose che sono le suore salesiane missionarie del Sacro Cuore.

Si provvederà in seguito alla istituzione di speciali missioni anche nei principali porti del Brasile e del Plata. Frattanto si vanno costituendo comitati della Società di San Raffaele in tutte le città degli Stati Uniti ove sono stabiliti i nostri Missionari. Del pari sono iniziate trattative, e con isperanza di buona riuscita, per la istituzione di altre missioni a Cleveland, a S. Luigi, ad Hartford ecc.

I coadiutori laici o fratelli catechisti che accompagnarono i Missionari Sacerdoti sono a tutt’oggi 38 e, grazie a Dio, hanno fatto sin qui ottima prova.

Gli emigrati che partono dai porti italiani vengono, quando è possibile, accompagnati da un sacerdote, anche non appartenente alla suddetta Congregazione, il quale li assiste durante il viaggio. La Società di navigazione La Veloce accorda al medesimo il passaggio gratuito sopra i suoi piroscafi e tutto il necessario per l’esercizio del sacro Ministero. Voglio sperare che eguale concessione faranno in avvenire le altre compagnie per i trasporti marittimi e soprattutto quella della Navigazione Generale.

I Missionari, nel breve periodo di tempo dacché esercitano la loro opera di cristiana e patria carità, hanno saputo guadagnarsi ovunque l’affetto dei connazionali emigrati e circondarsi della stima delle popolazioni in mezzo alle quali essi vivono. Basta leggere i giornali d’America non sospetti di parzialità pel clero e ricordare la grande ed universale dimostrazione, data dalla colonia italiana di New York nel giugno scorso al compianto D. Domenico Mantese il quale, entrato dei primi nell’Istituto Cristoforo Colombo, primo soccombette vittima del suo zelo e delle fatiche sopportate a pro dei connazionali in America.

Il Padre Giuseppe Bandini, partito nel marzo u.s. per New York, venne specialmente destinato alla missione di quel porto. L’opera sua intelligente e indefessa ha conseguito in breve tempo dei risultati confortantissimi. Innanzitutto egli ottenne di installarsi nel Barge Office o Ufficio d’immigrazione stabilito nel porto medesimo per l’assistenza degli emigranti italiani che sbarcano dai piroscafi provenienti dall’Europa.


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Coadiuvato da persone di sua fiducia, egli si presta per tutto quanto può occorrere ai nostri connazionali poveri, appena sbarcati, a quelli sopratutto che gli sono raccomandati o che arrivano accompagnati da speciali tessere, rilasciate loro dai Comitati dell’Associazione italiana di patronato, costituita qui in Italia.

Egli ottenne inoltre di essere accreditato, come rappresentante della emigrazione italiana, nel Labour Bureau, che è un ufficio governativo nel quale i rappresentanti delle diverse emigrazioni nazionali hanno mezzo di procurare lavoro ai connazionali a condizioni oneste e vantaggiose, senza necessità di ricorrere agli intermediarii che sovente li sfruttano, e di tutelare i diritti, dipendenti dai contratti di prestazione d’opera, stipulati dai connazionali stessi con padroni od intraprenditori di lavori.

Finalmente egli promosse la costituzione della Società di San Raffaele per l’assistenza e la tutela della emigrazione italiana, in relazione ed in istretti rapporti di corrispondenza colla suddetta Associazione nazionale di Patronato.

Del Comitato di New York accettò la presidenza l’illustre Arcivescovo di quella città Mons. Corrigan, il quale diresse nel Luglio scorso una nobilissima lettera ai parroci da lui dipendenti per raccomandare quest’opera a vantaggio degli emigrati italiani. Ne è Vice-Presidente il Generale Ferrero e ne fanno parte distinte persone della colonia italiana. Lo stesso P. Bandini è Segretario Generale dell’associazione e mantiene infatti relazioni non interrotte con me e col Presidente del Comitato Centrale di patronato.

Scrivevo, nella lettera indirizzata all’onorevole Carcano, essere mio intendimento che l’Istituto ecclesiastico di patronato avesse a soddisfare a questi tre grandi bisogni:

Tener viva nel cuore de’ nostri connazionali emigrati la fede dei loro padri e, colle immortali speranze d’oltre tomba ravvivate, indurli a mantenere alto il sentimento di moralità, poiché l’unico trattato di etica del nostro popolo è ancora fortunatamente il Decalogo.

Insegnare nella scuola la lingua materna e un poco di storia nazionale, sì da tenere accesa nei loro petti la fiamma dell’amore alla patria e il desiderio di farvi ritorno.

Prestar loro all’occorrenza i primi soccorsi dell’arte salutare istituendo i Missionari intorno all’uso dei medicinali più efficaci e più comuni e istituendo piccole farmacie presso ogni missione. È poco, ma è pur qualche cosa quando si pensa alla frequente impossibilità di avere medici e medicine là nelle immense pianure dell’America ove i nostri emigrati sono dispersi. 


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Or bene, ho il conforto di poter affermare che già è provveduto, non certamente in conformità al bisogno, ma in parte almeno, alle accennate esigenze per opera appunto dei nostri Missionari, allo zelo religioso ed alla carità di patria dei quali mi onoro di rendere qui pubblica testimonianza.

Sennonché la sola fondazione di un Istituto ecclesiastico sarebbe riuscita insufficiente alle provvidenze necessarie per la completa assistenza della nostra emigrazione.

L’On. De Zerbi, relatore al Parlamento della legge sull’emigrazione, dichiarava che la legge medesima difende gli emigrati, ed augurava la costituzione di associazioni di cittadini i quali, «inspirati da sentimento filantropico e patriottico gareggino colle agenzie istituite a solo scopo di lucro. Esse, continua il De Zerbi, se porteranno fiori nel paese dove fiorisce l’arancio, varranno più di qualunque legge».

Alla lettura di così belle e savie parole, che l’onore nazionale consigliava a tradurre in fatti, ebbi il pensiero, che si parve non temerario dal buon successo, di unire tutti i buoni, senza distinzione di parte, in un’azione concorde di protezione, facile ad esercitarsi dai concittadini, desiderosi di concorrere a scemare i mali di questo grande fenomeno sociale dell’emigrazione che tanto impensierisce ogni uomo di cuore.

Era mio intendimento di costruire un’Associazione, conforme press’a poco a quella sorta nel 1868 in Germania, presieduta dal Principe Isemburg-Birnstein e conosciuta sotto il nome di Raphaels Verein. Scopo della medesima si è, di difendere con un ben ordinato sistema di protezione gli emigranti dai numerosi pericoli che li circondano non appena abbandonano il paese nativo.

L’iniziativa mia trovò conforto ed aiuto nell’azione efficace di un considerevole gruppo di persone che più mi sono vicine; e nello scorso anno costituii qui in Piacenza il Comitato Centrale dell’Associazione di patronato per la emigrazione italiana, alla presidenza del quale venne assunto il Marchese Avvocato Giambattista Volpe Landi, che all’opera dedica tutta l’attività e lo zelo di cui è capace.

Di esso Comitato fanno parte cittadini d’ogni ordine, non tutti di opinioni conformi, ma tutti circondati dalla stima e considerazione universale e noti per caldo sentimento di verace amore alla patria e di carità illuminata.

Col concorso anche di personaggi residenti in altre città d’Italia fu redatto uno Statuto provvisorio, nel quale vennero designati e l’indole dell’associazione e lo scopo di essa. Questo consiste nel dare opportuno indirizzo e giovare a coloro che hanno deciso di espatriare, mediante opportune informazioni intorno ai paesi più idonei all’emigrazione


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per mitezza di clima, per feracità di suolo, per facilità a trovar lavoro, per opportuna assistenza religiosa e civile; nel prestare gratuitamente i suoi servigi agli emigranti nei porti d’imbarco; nel raccomandarli ai Comitati nazionali costituiti nei paesi transoceanici e sopratutto al delegato o corrispondente che li riceve nel porto di sbarco e che ricomincia con loro nella terra straniera la stessa opera di carità resa, più che utile, necessaria dai nuovi pericoli ai quali si trovano esposti.

Il Comitato di Genova, che vanta a suo capo il degno Marchese Vittorio Del Carretto di Balestrino, incomincierà prima della fine del corrente anno ad esercitare la sua azione di efficace assistenza a pro’ degli emigranti che salpano da quel principalissimo fra i porti italiani. E a questo scopo ha deliberato l’apertura di uno speciale ufficio di assistenza e di informazioni a cui è preposto un suo delegato.

Inoltre ha provveduto perché col prossimo Gennaio 1892 una speciale funzione religiosa sia celebrata nella Chiesa di S. Giovanni di Prè, vicinissima al porto, per ogni partenza di piroscafo per l’America.

Spero e mi auguro che fra non molto anche in quella splendida città di Napoli, che ha tante attrattive per noi settentrionali, e dove in così svariate e molteplici forme si esplica la carità cristiana e di patria, non meno che nella generosa Palermo; in questi due porti, donde ogni mese salpano navi cariche di infelici che la fame spinge sotto cieli men belli, ma forse dei nostri più clementi, spero, dico, e mi auguro che sorgano, per iniziativa di cuori magnanimi, altri Comitati destinati, come quello di Genova, a prestare i primi aiuti a quei poveri profughi dalla terra natale.

Come sopra accennai è fondata da due mesi la Società di San Raffaele negli Stati Uniti d’America.

L’articolo 1°. del suo Statuto indica quali ne sieno gli scopi, e così:

Assistere agli Italiani immigranti nel loro primo arrivo in America e procurare che non cadano in mano di gente disonesta.

Assicurare ai medesimi, per quanto è possibile, impiego e lavoro.

Vigilare che non manchi loro l’assistenza religiosa dopo lo sbarco e nei luoghi dove andranno a stabilirsi.

Provvedere al più presto una casa, dove possano essere alloggiati gli immigranti poveri, i fanciulli e le fanciulle fin che sieno collocati o consegnati ai loro parenti.

L’art. 6°. ed ultimo stabilisce, che la Società Italiana di S. Raffaele si mantenga in istretta relazione coll’analoga Società costituita in Italia sotto il titolo di Società Italiana di Patronato per gli emigranti italiani.

Così l’opera incominciata in Italia si completa nel nuovo Continente e continua ad accompagnare l’emigrante agli Stati Uniti, ove


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soltanto, fra le diverse regioni americane a cui si rivolge l’emigrazione nazionale, si è potuto fin qui organizzarne praticamente ed efficacemente l’assistenza e la protezione.

Se, col divino aiuto, potrò, come è mio desiderio, ottenere all’Istituto Cristoforo Colombo il favore di cui abbisogna, provvederò in avvenire gradatamente anche all’emigrazione nel Brasile e nelle Repubbliche Platensi, mercé l’invio di Missionari i quali, oltre all’opera propria di assistenza religiosa, promuovano ivi pure la costituzione, sopratutto nei porti di sbarco, di Comitati di patronato

Ma qui in Italia, oltre al Comitato Centrale e a quelli costituiti e costituendi nei porti d’imbarco, era necessario fondarne altri nei centri più importanti, sopratutto nelle regioni che all’emigrazione forniscono più largo contingente, i quali raccogliessero aderenti e coadiutori, affinché l’azione di tutela possa esercitarsi veramente a vantaggio di coloro che ne hanno principale bisogno.

E a ciò rivolge precipuamente le sue cure il Comitato Centrale, al quale ho dato vita in passato e mi propongo di coadiuvare in seguito col mezzo di speciali conferenze, intese a far conoscere l’indole e la natura dell’opera.

Nello scorso inverno parlai al pubblico buono e cortese di Genova, di Roma, di Firenze, di Torino e di Milano; e sorsero così i Comitati in queste ultime quattro fra le principali città d’Italia, a Genova essendosi già formato fino dal cessato 1890. Il Comitato di Roma, oltre all’ufficio, comune agli altri Comitati, di raccogliere i mezzi pecuniarii indispensabili, ha pure quello di essere organo di comunicazioni per tutto quanto possa interessare l’Associazione sia presso la suprema Autorità Civile, sia presso la Congregazione di Propaganda. Esso non è ancora completo, ma un nucleo di giovani intelligenti ed attivi, a capo dei quali sta il Principe D. Luigi Boncompagni Ludovisi, ne ha assunta volonteroso la rappresentanza. Mi lusingo che presto, col concorso di autorevoli persone le quali assistono non indifferenti al doloroso spettacolo dell’emigrazione e ne riconoscono i bisogni, possa il Comitato di Roma completarsi in guisa da rendere all’Associazione quei servigi che la medesima a ragione se ne ripromette.

Accettarono di onorare rispettivamente i Comitati di Milano e di Firenze col nome e colla autorità, loro conferita dall’alto ufficio che occupano nella Gerarchia Ecclesiastica, gli Arcivescovi delle stesse città, quel venerando prelato che è Mons. di Calabiana e l’insigne Cardinale Bausa che tanto illustra colla sua dottrina la sacra porpora. Questi anzi degnossi di assumere egli stesso del Comitato fiorentino la presidenza effettiva, mentre presidente effettivo del Comitato di Milano è uno dei rappresentanti di quell’antica aristocrazia piemontese


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che tanti servigi ha resi alla patria nelle imprese di guerra e negli ordinamenti civili, il generale Thaon di Revel. Il Comitato di Torino è anch’esso presieduto da un patrizio che porta degnamente un nome caro ed onorato, il Barone Antonio Manno.

Altri Comitati sono tuttora in forma embrionale o stanno per costituirsi a Treviso, a Brescia, a Cremona, a Bergamo, a Lucca ed altrove.

Le attribuzioni dei Comitati locali saranno più specialmente determinate nello Statuto definitivo sottoposto alle deliberazioni di un Congresso dei rappresentanti i Comitati già costituiti o in via di formazione, tenutosi qui in Piacenza nel mese di Settembre di quest’anno e le cui disposizioni sta presentemente coordinando il Comitato Centrale a seconda dell’incarico avutone.

Conoscendo gli intendimenti del Comitato Centrale posso affermare, essere suo pensiero che i Comitati nelle diverse provincie siano come intermediarii e mezzo di più sollecita e facile comunicazione fra esso, nel quale si concentra il servizio d’informazioni, e gli emigrati, e ciò mediante delegati e sotto-delegati sparsi in tutte le terre che forniscono un contingente qualunque all’emigrazione.

È mestieri che gli emigranti conoscano i paesi d’immigrazione nel loro vero aspetto; ma è necessario altresì che ognuno d’essi riceva consigli secondo la condizione personale propria e della propria famiglia. Ora, moltiplicando Comitati e, per mezzo dei Comitati, i delegati e sotto-delegati (ufficio che nelle campagne possono assumere i parroci, i maestri, i segretarii comunali ecc.), ogni emigrante troverà a sé vicino una persona di fiducia la quale potrà consigliarlo con perfetta cognizione di causa. I delegati e sotto-delegati a loro volta, mediante i Comitati, e questi per mezzo del Comitato Centrale, ricevono e chieggono istruzioni, notizie ed informazioni attinte alle fonti più sicure, e sopratutto per mezzo dei Missionari stabiliti in America, in guisa da poterne autenticare la verità. Oltre a ciò i Comitati provveggono per ottenere all’Opera la somministrazione dei mezzi che le sono indispensabili coadiuvati in questo da Comitati composti di signore fra le più distinte, come a Torino, Milano ecc.

Per raggiungere i risultati benefici che si ripromette, l’Associazione ha bisogno del concorso di tutti coloro nel cuore dei quali vibra alto e sereno l’affetto di patria e che hanno un senso di pietà gentile per le sofferenze ed i bisogni dei fratelli che hanno abbandonata questa nostra terra comune. Conviene che essi divengano aderenti e cooperatori, o coll’obolo modesto o colla prestazione personale, dell’opera di patronato: conviene che le accordino il loro appoggio morale o materiale, e che ne diffondano la notizia.


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Un’opera così vasta, difficile e complessa non esige soltanto un lavoro perseverante, un’abnegazione a tutta prova per parte de’ suoi capi; essa deve inoltre poter disporre di risorse proporzionate.

Ho ferma fiducia che questo appello non rimarrà inascoltato.

L’Italia abbonda di cuori nobili e generosi che non vorranno rifiutare il loro concorso ad un’opera la cui assoluta necessità non può essere posta in dubbio; ad un’opera d’amore e di protezione dei deboli nella quale, lo dissi già e lo ripeto, si intrecciano, si fondono in bell’accordo e si completano i più alti sensi di religione e di patria, di queste due supreme aspirazioni d’ogni cuore bennato e gentile, d’ogni cuore veramente italiano.




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