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Silvano Tomasi – Gianfausto Rosoli
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AI MISSIONARI PER GL’ITALIANI NELLE AMERICHE

(Piacenza, Tipografia Vescovile Giuseppe Tedeschi, 1892, pp. 15)

 

Scalabrini, nel marzo 1892, si rivolge ai suoi missionari dalla cui formazione e zelo apostolico dipende la realizzazione del grande progetto di “riconquista” al vangelo del mondo dell’emigrazione. La lettera si muove nel quadro dell’interpretazione del IV centenario della scoperta dell’America; la spedizione di Colombo è il preludio dell’arrivo nel Nuovo Mondo, dopo quattro secoli, di un gruppo di operatori evangelici che pacificamente intendono far riemergere la fede nella comunità dei propri connazionali per avviarla a un inserimento nella Chiesa locale e dar vita ad una società nuova, capace di rigenerare anche il vecchio mondo.

I missionari, anche se in numero esiguo, potranno fare moltissimo se animati dallo spirito degli Apostoli. L’ispirazione missionaria deve maturare attraverso l’unione con Cristo e con i confratelli, e alimentarsi con l’osservanza della regola, che rende possibile l’ordine interno, e con l’obbedienza agli Ordinari del luogo dove si esercita l’attività pastorale. Il Fondatore presenta anche un patrono ai missionari: San Carlo, vescovo di Milano, al quale è dedicata anche la chiesa che Scalabrini riesce ad acquistare in quei giorni come Casa Madre per il suo Istituto.

 

Carissimi fratelli e figli,

Legato a voi coi vincoli soavi della carità di Gesù Cristo, e pieno il cuore della più viva sollecitudine per la prosperità e l’incremento delle vostre Missioni, sento il bisogno di venire a Voi per iscritto e con voi trattenermi alquanto a dire delle cose nostre, a parlare de’ nostri bisogni di famiglia con discorso domestico e confidente. Vi conosco a prova buoni, docili, affettuosi, e non dubito che accoglierete, grati e riconoscenti, la mia parola e che ne farete vostro pro, compiendo il mio desiderio che è, dopo tutto, la salute delle anime vostre.


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Grazie a Dio, la nostra umile Congregazione ha potuto affermarsi per guisa da guadagnarsi in breve l’amore dei buoni e la simpatia degli onesti di ogni partito. Il vostro zelo, o miei cari e venerabili fratelli, tenuto conto delle difficoltà immense che dovette incontrare a principio, ha fatto davvero prodigi. Voi, mi è dolce il dirlo, avete ben meritato della religione e della patria, e Dio saprà ricambiarvene in modo degno di Lui.

Ma non basta l’aver bene incominciato: bisogna perseverare, e perseverare usque in finem. Troppo più è quello che rimane a farsi, o miei cari. Siete ancor pochi al bisogno, lo so; ma benché pochi, voi potete moltissimo quando tutti siate animati dallo spirito ond’erano animati gli Apostoli; quando tutti siate ben penetrati della importanza e sublimità della vostra vocazione.

Certo, sì, è grande, ineffabilmente grande, o miei cari, l’onore che vi ha fatto Gesù Cristo col chiamarvi a parte dell’opera sua redentrice, annoverandovi tra’ i suoi apostoli. È a voi particolarmente che Egli ripete anche oggi quelle confortevoli parole: Ego elegi vos et posui vos ut eatis, et fructum afferatis, et fructus vester maneat. - Notate, o carissimi; non dice - siete stati chiamati - ma - Io stesso vi ho chiamati - io che sono il figliuolo di Dio vivo, io re immortale de’ secoli, io che ho fondato la Chiesa e la guido vittoriosa attraverso le battaglie e le bufere del mondo - Ego elegi vos et posui vos. - Quale predilezione!

Alla sua chiamata voi, o cari, avete risposto; siete andati, avete fatto del bene assai; ma non basta, ripeto; bisogna che questo bene sia durevole: ut fructum afferatis et fructus vester maneat.

Che cosa si richiede perché il tralcio dia frutto?

Che rimanga attaccato alla vite. Ora la vite è Gesù e i tralci, o dilettissimi, siete voi: Ego sum vitis, vos palmites. Lo ha detto Egli stesso.

Finché adunque rimarrete in Lui, vi sentirete pieni di sovrumana energia e il frutto che riporterete non potrà essere che ubertoso e duraturo. Tutto vi sarà facile anche di fronte alle più gravi contraddizioni. Staccati invece da Lui addiverreste come corpo senz’anima, sterili di ogni opera buona; sareste come rami, non atti ad altro che ad essere gettati nel fuoco: sine me nihil potestis facere.

Dunque unione, o dilettissimi fratelli e figli, unione con Gesù Cristo prima di tutto. - E questa unione voi l’otterrete alimentando in voi, con esercizi continui di pietà, la fede, e mantenendo viva nel vostro cuore la grazia.

Frutto di tale unione sarà poi l’unione fra voi stessi, quell’unione che Gesù Cristo tanto accesamente invocava pe’ suoi discepoli e che è pur tanto necessaria. - Niun ceto d’uomini, per quanto ricco di forze


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individuali, se alla gran legge dell’unità non si assoggetti, potrà mai far cose grandi, e molto meno lo potranno i Missionari i quali, operando sulle anime come semplici strumenti di Gesù Cristo, attingono da questo sovrano principio che li informa, tutta la loro efficacia. - Per la qual cosa vi scongiuro, o miei cari, vi supplico per le viscere di Gesù Cristo e per il bene de’ nostri fratelli, di non disgregare le vostre forze impiegandole ciascuno per conto proprio, e senz’altra guida che la propria volontà: ma di essere tutti uniti e come una cosa sola: ut sint unum. Uniti di pensiero, di affetti, di aspirazioni, come siete uniti per un fine medesimo: Obsecro autem vos, fratres, per nomen Domini nostri Jesu Christi ut idipsum dicatis omnes, et non sint in vobis schismata; sitis autem perfecti in eodem sensu et in eadem sententia.

E come potrete in ciò riuscire? Con ogni umiltà e mansuetudine e con pazienza sopportandovi gli uni gli altri. Il segreto è dell’Apostolo: Cum omni humilitate et mansuetudine, cum patientia supportantes invicem in charitate.

Lungi pertanto dal Missionario le vane gelosie, le parole ingiuriose, le contenzioni e le gare! Ciascuno sia calmo e tollerante nell’adempimento dei proprii doveri, ciascuno compatisca i difetti dell’altro, ciascuno si studi di conservare l’unità dello spirito mercé il vincolo della pace.

Pace, o miei cari, non solamente fra voi, ma anche coi fratelli di ministero. Per condizione delle cose voi dovete venire sovente a contatto con sacerdoti e missionari di nazionalità diverse, dovete giovarvi dell’esperienza loro. Usate verso i medesimi la massima deferenza, amateli di cuore, rispettateli sempre. Pace in casa, e fuori casa, pace con tutti.

Ma pace non è possibile senz’ordine, né ordine alcuno può darsi senza regola. E voi, fratelli e figliuoli miei, le vostre regole le avete, approvate dalla Santa Sede Apostolica. Siate esatti nell’osservarle sino allo scrupolo. Non basta. Allora solo vi ha pace fra gli uomini, scrive Sant’Agostino, quando tutti e singoli si tengono fedelmente al posto assegnato loro dalla Provvidenza divina: «Pax est in hoc, quod omnes teneant loca sua». Dunque  chi tra voi è destinato a comandare, adempia con fermezza, ed insieme con modestia, il proprio ufficio; chi poi deve obbedire, libenter, come dice San Bernardo, simpliciter, velociter, indesinenter obbedisca.

L’obbedienza ai legittimi superiori, sia come la vostra divisa.

Obbedienza prima di tutto ai Venerandi Pastori delle diocesi americane, dei quali più d’una volta esaltaste meco la dottrina,  lo zelo, l’attaccamento alla Sede Apostolica, ed ai quali tanto dovete.

Ricordatevi, o miei cari, che esercitate il sacro ministero nel campo riservato alla loro immediata giurisdizione, che essi solamente sono


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i giudici ordinari e legittimi delle opere che si riferiscono al bene spirituale dei fedeli alle loro cure commessi, nonché del tempo e del modo più opportuno per iniziarle e condurle a termine. - Guardatevi bene perciò dall’intraprendere mai cosa alcuna senza il beneplacito di Colui che lo Spirito Santo pose a reggere la diocesi nella quale vi trovate. Umili e devoti riconoscete il Lui il vostro padre, colui che deve chiamare sulle vostre fatiche le benedizioni di Dio, e come tale circondatelo dell’amore più riverente e  del rispetto più affettuoso. A questo rispetto poi e a questo amore sia vostra cura d’informare gli animi de’ nostri connazionali. Vi veggano essi docili in tutto agl’insegnamenti del Vescovo, osservatori esatti delle prescrizioni di Lui, pronti sempre a’ suoi voleri ed anche a’ suoi desideri, e più pronti saranno essi ai voleri e desideri vostri.

Nell’unione col Vescovo si farà più stretta e più forte l’unione che aver dovete col Papa, supremo ed infallibile Maestro, dal quale vi venne la missione dell’apostolato in codeste lontane regioni. Memori che dove è Pietro, ivi la Chiesa, non lasciate sfuggirvi occasione  per farne conoscere le grandezze, per ricordarne i benefizi, per celebrarne le glorie, per guadagnargli i cuori di tutti; sottomessi voi stessi di mente e di cuore a quanto Egli insegna e comanda, od anche solo consiglia.

Grande annegazione di voi medesimi, grande amore alla disciplina, obbedienza grande, generosa, continua ai vostri superiori, e sopra tutto  al Romano Pontefice; ecco in una parola, ciò che farà la bellezza, l’onore, la forza dell’umile Congregazione alla quale voi per i primi appartenete. Pensate che da voi piglieran norma quelli che verranno dopo di voi.

Non parlo dell’obbedienza che dovete a me, come a vostro Superiore Generale, ed al Vicario Generale, P. Francesco Zaboglio che mi rappresenta, perché so che mi amate troppo per contristarmi e per rendermi più grave il conto che delle anime vostre dovrò dare a Dio.

Piuttosto, fratelli e figli carissimi, lasciate che vi manifesti ciò che è mio fermo volere si adempia:

1. Il Superiore Provinciale, almeno ogni sei mesi, ed i Superiori delle varie Case, almeno una volta all’anno, si metteranno in comunicazione diretta col Superiore Generale residente in Italia e daranno a lui un resoconto particolareggiato delle opere promosse o stabilite nelle singole Missioni di America, dei frutti riportati, o che se ne sperano, come anche delle condizioni economiche delle stesse Missioni.

2. Il Superiore Provinciale, il quale ha, come sapete, l’alta direzione di tutte le Case, e autorità di comando sopra tutti i Missionari residenti nella sua regione, veglierà all’esatta osservanza delle regole


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e comunicherà e farà seguire gli ordini che gli pervenissero dal Superiore Generale.

3. Visiterà periodicamente le singole Case della provincia, prenderà quelle disposizioni che fossero richieste da bisogni urgenti, e si procurerà un fedele rendiconto delle entrate riscosse e delle spese sostenute da ogni Casa.

4. Egli sarà assistito, nel governo della provincia, da due Consultori, già da me nominati con ispeciale decreto nella persona dei RR. PP. Vicentini Domenico e Bandini Pietro; sentirà il loro avviso intorno a ciò che riguarda il buon andamento delle Missioni, e il trasloco dei Missionari, come pure (che mai non debba avvenire) intorno all’applicazione di pene canoniche, quali sarebbero: gli Esercizi spirituali, la sospensione delle facoltà di ascoltare le confessioni e via dicendo.

5. Il medesimo radunerà, una volta all’anno, i Superiori delle Case, allo scopo di conferire insieme circa i vari bisogni delle colonie e di intendersi per l’uniformità di azione. Quelli i quali per qualsiasi motivo non potessero intervenire a tali adunanze, manderanno le loro proposte in iscritto.

6. I Superiori delle Case, oltre il vegliare perché omnia honeste et secundum ordinem fiant, procureranno di coltivare e di accrescere ne’ loro dipendenti lo spirito del Signor Nostro Gesù Cristo, spirito di umiltà e di sacrificio, spirito di mansuetudine e di carità; si guarderanno dal promuovere feste, che sieno in poca armonia con gli usi americani, senza il consenso dell’Ordinario; saranno cauti al sommo nell’ammettere nelle Case e Chiese proprie Sacerdoti estranei alla Congregazione. Qualora la permanenza di questi si dovesse protrarre oltre otto giorni, si avrà da riportarne l’assenso del Superiore Provinciale e del Vescovo.

Dilettissimi, voi ben capirete quanto tutto ciò sia necessario al buon andamento della nostra medesima Congregazione. Avrete compreso senz’altro le ansietà e i desideri del padre lontano. Vivo però sicuro e tranquillo riguardo a tutto, conoscendo troppo bene l’ottimo spirito onde siete animati.

A voi, fratelli catechisti, raccomando in modo particolare la meditazione, la lettura spirituale, la preghiera, la frequenza ai SS. Sacramenti, l’obbedienza pronta e filiale ai Missionari in tutto, dappertutto e sempre. Ricordatevi di riverire in essi Gesù Cristo medesimo.

Tutti, fratelli e figli carissimi, continuate ad impiegare quanto avete d’ingegno e di forze per il benessere religioso, morale e civile de’ nostri connazionali, e pur studiandovi di mantener vivo in essi l’amore alla madre patria, guardatevi dal fomentare tra essi qualunque cosa che possa renderli separati dai nuovi loro concittadini, o distaccarli comechessia


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dagli altri fedeli. Tocca a voi fare in modo che gl’italiani non abbiano a distinguersi se non per un maggior rispetto all’autorità, per una condotta più esemplare, per un’operosità più grande, per un’osservanza più esatta dei loro doveri, per un’attaccamento più vivo alla fede dei loro padri. Buoni come sono e naturalmente cattolici, essi risponderanno facilmente, come hanno fatto sin qui, alle vostre premure, solo che vi veggano laboriosi e disinteressati.

In ogni cosa siate loro modelli del ben fare, nelle parole, nella purezza dei costumi, nella gravità, talmente che, come scrive l’Apostolo, chi vi sta contro si tenga in rispetto, nulla avendo onde dir male di voi. Ad esempio di lui, vi ripeterò con S. Bernardo, fate onore al vostro ministero. Badate che dico ministero e non signoria; ministero e non voi stessi. Farete poi onore al vostro ministero, non con vane pompe, ma con intemerati costumi, con le sollecitudini spirituali e con le opere sante: - Exemplo Apostoli ministerium vestrum honorificate, ministerium et non dominium, quia qui quaerit quae sua sunt, se cupit honorare et non ministerium; honorificabitis autem ministerium vestrum non cultu vestium, non auri acervis, non ampliis aedificiis, sed moribus ornatis, studiis spiritualibus, ac sanctis operibus. (Ad Eug.)

È venuto il momento, o miei cari, di porre definitivamente la Congregazione nostra sotto il patrocinio di un Santo, il cui nome, secondoché voi me ne esprimeste più volte il desiderio, valga a distinguerla, e ne sia come il labaro, il sigillo.

Dopo avere un dì a questo riguardo pregato il Signore, ed invocati i lumi dello Spirito Santo, mi si affacciò alla mente più radiosa e più soave che mai la figura del grande S. Carlo. Quasi mi parve di udire una voce che mi dicesse: eccolo il patrono, il sostegno, il modello de’ figli tuoi!... e da quel giorno fermai di mettere voi, il vostro avvenire e tutte le cose vostre nelle sue mani. Subito  il caro Santo mi diè come un segno del suo gradimento, fornendomi il modo di avere una chiesa già a lui dedicata. Sarà appunto la chiesa che sorgerà accanto al nuovo ampio locale ch’io spero di potere, coll’aiuto dei buoni ed anche vostro, acquistare ben presto.

Vi onorerete pertanto di chiamarvi d’ora innanzi i Missionari di San Carlo.

San Carlo! Egli era, come fu detto benissimo, uno di quegli uomini di azione che non esitano, non si dividono, non indietreggiano mai; che in ogni loro atto riversano tutta la forza della propria convinzione, tutta l’energia della propria volontà, tutta l’interezza del loro carattere, tutto quanto se stessi, e trionfano.

S. Carlo! Esempio maraviglioso di quell’impavida costanza, di quella generosa pazienza, di quell’ardente carità, di quello zelo illuminato,


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indefesso, magnanimo, di tutte quelle virtù che formano di un uomo un vero Apostolo di Gesù Cristo. Egli ha sete di anime. Non desidera che anime, non domanda che anime, non vuole che anime; da mihi animas, va dicendo, coetera tolle; e appunto per guadagnar anime a Gesù Cristo, mio Dio! Che non fece che non sopportò, che non disse?

San Carlo! È un nome questo che il Missionario cattolico non dovrebbe mai ascoltare senza sentirsi infiammato del più nobile, del più vivo entusiasmo, senza sentirsi  profondamente commosso. Più che una gloria di Lombardia è una gloria della Chiesa; più che un lustro d’Italia, è un lustro del mondo; più  che il decoro di un secolo, è il decoro di tutte le età, di tutti i secoli.

Dilettissimi, specchiatevi in lui, raccomandatevi a lui, mettete in lui ogni vostra fiducia, e siate sicuri della sua protezione.

Un’altra cosa voglio dirvi, fratelli e figliuoli carissimi. - Non vi date pensiero dell’avvenire. V’ha chi vi pensa per voi e spera, col divino aiuto, di poter disporre le cose in modo, che qualora consunti, o resi inabili dalle fatiche, dalla vecchiaia, dalle infermità, siate costretti a far ritorno alla Casa Madre, abbiate, volendolo, a passarvi riposati gli anni di vita che ancora vi rimanessero, intesi solo all’esercizio dell’orazione e alla cura dell’anima vostra.

Sarà poi mia premura, come sarà premura di chi verrà destinato a succedermi, di accogliervi sempre con quella espansiva tenerezza onde il padre rivede figliuoli amatissimi da lungo tempo lontani, e come capitano amorevole accoglie valorosi veterani, i quali, coperti di nobili cicatrici, riedono dalla pugna.

Che se mai per avventura, oppressi dal lavoro, doveste rimanere sul campo, voi doppiamente beati! Gioite e rallegratevi, poiché grande è la vostra ricompensa ne’ cieli. Avete abbandonato tutto, patria, parenti, amici, onori, comodità, ogni cosa più cara per seguir Gesù Cristo; è ben giusto che Egli vi renda il centuplo nella eterna vita, e così appunto sarà: «Vos, qui reliquistis omnia, et secuti estis me, centuplum accipietis et vitam aeternam possidebitis.»

Figli carissimi e desideratissimi, mio gaudio e mia corona, Dio mi è testimonio con quanto affetto vi ami tutti nelle viscere di Gesù Cristo!

Spero di poter far paghi i vostri voti col venire a visitarvi costì l’anno venturo. Questo è pure un voto ardentissimo.

Intanto, conchiuderò con l’Apostolo, diportatevi come esige il Vangelo di Cristo, affinché, o venga io e vi vegga, o lontano senta parlare di voi, siate costanti in un solo spirito, in una sola anima: «Tantum digne Evangelio Christi conversamini: ut sive cum venero, et videro


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vos, sive absens, audiam de vobis, quia statis in uno spiritu unanimes (ad Philipp. I, 27).»

Salutant vos de Italia fratres (ad Hebr. XIII, 24).

Vi saluto io pure nominatim. Mi raccomando alle vostre orazioni, e vi benedico. Benedico altresì alle venerabili Suore Salesiane, le quali con tanto zelo vi aiutano  nelle opere dell’apostolato; benedico agl’Italiani tutti affidati alle vostre cure, e con particolare effusione di cuore mi raffermo

Vostro Affezionatissimo in G.C.
Gio. Battista Vescovo di Piacenza

Piacenza, addì 15 Marzo 1892




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